center console

Boston 190 Montauk: un classico sempre attuale

Non capita spesso, nel campo della nautica, di vedere modelli di barche resistenti ai decenni come se l’evoluzione non li riguardi minimamente. Quanto questo avviene è perché, evidentemente, il progetto è talmente perfetto, o i suoi difetti talmente amati, che non sarebbe proprio possibile eliminarli. Boston Whaler è maestra in classici senza tempo, tant’è che ha diverse menzioni nel libro Fisherman Americani, e non sarebbe potuto essere diversamente dato il rango e l’esperienza sul campo di questo storico cantiere. Che un Boston Whaler Montauk sia una barca dura, bagnata, scomoda per certi impieghi, è arcinoto. Ma andate a chiedere ai proprietari di un Montauk di cambiarla per un fisherman più confortevole, con murate alte e sicure, con carene più profonde: sarebbe come andare ad un motociclista e proporgli uno scambio della sua moto con un’auto. Il Boston 190 Montauk reinterpreta gli stilemi che hanno fatto,  di questa serie di center console , la fortuna di B.W. Murate basse ma protette da alte battagliole (optional), impianto elettrico integrato e codificato, antisdrucciolo estremamente efficace e duraturo su tutta la coperta (cosa rara perché problematica, per molti cantieri, in fase di distacco dello stampo), pescaggio ridotto per accostare in pochi cm di fondale, pur mantenendo una deadrise poppiera ragguardevole (16°), navigazione più asciutta grazie all’evoluzione della carena ad ali di gabbiano, divenuta una V profonda con talloni pronunziati rovesci; baglio sfruttabile per quasi tutta la sua estensione grazie alla sottigliezza delle murate interne. Questa compattezza delle sezioni di  murata è possibile con il metodo costruttivo di B.W., che consente di conferire rigidità strutturali proprie di costruzioni generalmente molto più “voluminose”. Di contro, con una struttura siffatta, è molto delicato operare modifiche o aggiunte di ferramente di bordo, poiché la schiumatura diviene vulnerabile in caso di forature mal fatte o non sigillate a dovere….


(NON) basta che sia americana! Repetita iuvant.

Oggigiorno si assiste ad una sopravvalutazione del prodotto “barca” made in U.S.A. spesso ingiustificata. Parlo ovviamente del mercato italiano, ricco di barche spesso passate di mano più e più volte. Il che non è necessariamente un male, se i proprietari che vi si sono avvicendati erano accomunati dalla stessa passione per il mare e dal rispetto per la propria barca. Il punto, semmai, è che una barca che ha avuto tre o quattro proprietari necessita della ricostruzione di tre o quattro storie, il che spesso non è possibile, per irreperibilità degli stessi o per altri motivi. Il nostro mercato, tuttavia, a causa del tasso di cambio sempre più sfavorevole che rende antieconomiche le importazioni di barche di budget medio-basso, stenta ad arricchirsi di barche “fresche”, e va a finire che, sfogliando gli annunci dei portali di vendita, abbiamo davanti agli occhi sempre le solite offerte. Questo ha dato adito a molti proprietari in procinto di cambiar barca (ma evidentemente non così motivati a farlo…), di fare cartello sui prezzi, innalzandone l’asticella e rendendo le loro stesse barche praticamente inavvicinabili dai potenziali interessati. Sembra quasi che basti avere il logo di un cantiere americano sul giardinetto per sentirsi in diritto di chiedere cifre al di là della ragionevolezza. D’accordo, è vero che il blasone è un valore aggiunto al prodotto… AGGIUNTO, appunto! Questo significa che, se la barca versa in condizioni critiche o comunque di precaria conservazione e manutenzione, per quanto di buon nome possa essere il suo costruttore, il valore di partenza è irrimediabilmente al di sotto di ogni apprezzamento dato dal brand. Come più volte scritto nei miei articoli passati e come continuerò instancabilmente a ripetere sia per iscritto sia a voce nelle mie consulenze, il prezzo, nella nautica, non lo fa un listino Eurotax, ma la storia stessa della…


Pesca a traina veloce : come utilizzate i motori della vostra barca ?

Le economie di bordo, unite a congetture più o meno razionali sull’usura dei propulsori, ci portano a far nostre, quando siamo in pesca, abitudini che hanno pro e contro. Per molti di noi è d’uso alternare il funzionamento dei motori, ad esempio mezzora per ognuno (ovviamente nel caso la barca non sia monomotore). Viceversa, molti altri hanno l’abitudine di utilizzarli entrambi. Vediamo i pro ed i contro di ciascuna di queste pratiche. I PRO che favoriscono i primi sono, di solito: il dimezzamento delle ore di moto (usandoli alternativamente si abbatte della metà il numero di ore di moto accumulate su ciascuna macchina; la riduzione dei consumi di carburante; maggior comfort acustico a bordo; temperatura media della sala macchine leggermente più bassa rispetto al caso di utilizzo simultaneo di entrambi i propulsori. I PRO che favoriscono i secondi, invece, sono: manovrabilità ampiamente facilitata, soprattutto in caso di necessità di virate repentine in fase di combattimento; allineamento certo delle ore di moto su entrambi i propulsori; ricarica piena di tutte le bancate di batterie (nel caso vi sia un motore “master”, cioè uno solo deputato alla ricarica delle batterie); meno stress per le batterie stesse in quanto non vi saranno accendi/spegni scanditi ad ogni cambio di propulsore; meno stress per i motori stessi: soprattutto se l’intervallo di alternanza è lungo, bisogna considerare che l’accensione è un momento critico per qualsiasi motore endotermico, in quanto per i primissimi secondi esso girerà “a secco”. E’ empiricamente provato, infatti, che gran parte dell’usura meccanica dei gruppi termici (sia terrestri che marini) è imputabile alla somma di questi mini-stress da accensione, in anni ed anni di avviamenti. I CONTRO di ciascuna delle due abitudini sono ricavabili ribaltando ed incrociando i PRO dell’altra… Ad esempio, è ovvio che, nel caso di utilizzo di entrambi i motori…


Fisherman dimenticati: Seacraft e la carena a deadrise variabile

Ci sono barche che rimangono nella storia sottaciuta della nautica, che meriterebbero di essere raccontate e non solo bisbigliate. Perché si tratta di barche che, ancora oggi, avrebbero molto da insegnare a tanti natanti fatti con lo stampino, smussando gli angoli, a tutte quelle barche e barchette avendo a mente l’effetto scenico da un lato, l’economia di produzione dall’altro. Questo articolo è dedicato ad uno di quei nomi che mi hanno appassionato sin da bambino alla nautica da pesca sportiva d’oltreoceano, che mi hanno portato ad abbonarmi alle riviste di barche da pesca americane e che mi hanno spinto a scrivere i miei libri, primo fra tutti Fisherman Americani. Seacraft Boats nasceva nei primi anni ’60 per opera e genio di Carl Moesly, inventore della carena che l’ha resa famosa. La carena Seacraft, denominata V.D.H. (Variable Deadrise Hull) si può concettualmente intendere come tre scafi impilati uno nell’altro, dei quali il più esterno è quello con diedri più ampi, il più interno, quello con la V più accentuata. Ne risultano una coppia di step longitudinali incassati per lato il che crea, all’aumentare della velocità, cuscini di aria che sollevano la carena e ne riducono fortemente l’attrito con l’acqua. I vantaggi sono: Angoli di entrata e di uscita importanti, (nell’ordine dei 70° a prua e da 20° a 24° a poppa, in base ai modelli) Consumi sensibilmente più bassi rispetto a carene a V profonda con analogo angolo di deadrise poppiero. Ma le peculiarità non si fermano solo sul piano progettuale della carena. Tutto ciò che serve ad un pescasportivo c’è a bordo di un Seacraft. Una barca che è anche un pezzo di storia del fisherman americano. . Seacraft è famosa per la 100% handlaid construction: scafo e coperta sono entrambi costruiti in laminato pieno di vetroresina biassiale stratificata a mano,…


Come riconoscere se il motore della barca soffre ?

In questo breve articolo intendo dare alcuni suggerimenti su come promuovere la salute del vostro propulsore. Spesso le barche vengono fornite con motori ed eliche artatamente scelti per mostrare e dimostrare all’acquirente performance velocistiche quasi inaspettate in rapporto alla potenza in gioco. Ancor più spesso tali prestazioni sono praticamente fruibili solo con mare piatto, barca scarica e carena pulita a specchio… (rif. Fisherman Americani) Non appena gli effetti della stagione diportistica fanno capolino su carena ed elica, qualche carico in più si rende necessario per evitare esodi con quintali di attrezzatura al seguito ogni volta che si voglia prendere il largo, ecco che le prestazioni si MORTIFICANO INESORABILMENTE, e non se ne capisce il motivo. Il problema è soprattutto delle barche acquistate con motorizzazioni di accesso, quindi con potenze al limite dell’indispensabile ove il venditore, per dimostrarvi con non vi fosse alcun sospetto di sottomotorizzazione, vi aveva fatto provare la barca con 15 litri di carburante imbarcato, carena senza antivegetativa ed un’elica con passo abbondante, in modo tale da farvi illudere che i fatidici 30 nodi fossero alla portata. Il pericolo di arrecare danno ad un motore accoppiato ad un’elica sovradimensionata o comunque inadeguata risiede nell’ INDICE DI CARICO al quale il motore stesso sarà costretto ad operare continuativamente. L’indice di carico, in soldoni, rappresenta lo sforzo che il motore esercita durante il suo lavoro.  Un’elica con passo eccessivo farà sforzare il motore soffocandone la ripresa del regime di rotazione in tempi ragionevoli, costringendovi ad intervenire maggiormente con i flaps e con il trim per agevolare l’entrata in planata. Un’elica siffatta molto probabilmente impedirà al motore di raggiungere il regime massimo nominale, il che è indice di grave sofferenza dello stesso. E’, piuttosto, preferibile che il motore riesca a raggiungere 50-100 giri/min più del massimo nominale, che il contrario! Inoltre,…


Baby center console cercasi? Ecco il Wellcraft 182 Fisherman

Siamo da un po’ di tempo abituati ad un mercato che “pompa” sempre più in alto, mostrandoci ad ogni esposizione fieristica nuovi e sempre più grandi center console con motorizzazioni fuoribordo multiple. Wellcraft va controcorrente con il 182 Fisherman, un center console di 5,5 metri, ma con numeri da far invidia a barche di un metro più lunghe. A cominciare dal baglio massimo di 2,44m, che porta il rapporto lunghezza/larghezza al ragguardevole valore di 2.25: praticamente una piattaforma stabilissima se consideriamo che stiamo parlando pur sempre di un diciotto piedi! Come se non bastasse, in console c’è anche spazio per un (angusto) vano con WC marino, per ogni evenienza… Inoltre, l’angolo di deadrise poppiera è di 19°, un valore di tutto rispetto e che risulta pressoché introvabile nelle concorrenti di attuale costruzione. Ciò garantisce una ottima penetrazione nell’onda di questa carena a V variabile, stabilità e direzionalità… e d’altro canto è motorizzabile con potenze che a prima vista possono sembrare un tantino esagerate per una “barchetta” del genere. Si parte, comunque, da una potenza standard di 90cv. Tuttavia, basta analizzare i dati di prova per comprendere come i consumi siano perfettamente allineati a barche di pari dimensioni ma meno esigenti di “cavalleria”. Questo perché il motore ha sempre una riserva di potenza e si concede regimi e carichi di lavoro contenuti anche a velocità di crociera veloce (la velocità di crociera economica si attesta a poco più di 23 nodi con il motore che ruota ad appena 4000 rpm) Altro dato di assoluto rilievo è la portata (fino ad otto persone), rara in barche di medesima fascia e dovuto anche alle sovrabbondanti riserve di galleggiamento ricavate sotto il piano di calpestio da prua a poppa, con schiumatura in poliuretano espanso a cellula chiusa. Il metodo di costruzione garantisce doti di…


Nuovo articolo su Pesca in Mare di Aprile!

Eccoci con il consueto appuntamento di inizio mese. Nella rubrica Pesca&Nautica del numero corrente della rivista Pesca in Mare parlo di MOTORI FUORIBORDO DIESEL Clicca qui e scarica l’articolo integrale in PDF.   Colgo l’occasione per comunicarti che da oggi è disponibile anche su Amazon l’eBook “La barca da pesca perfetta”:   A presto e Buon Mare, Dr. Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


Piccoli fisherman usati: poca spesa, molta resa

“…quando sono sani”, aggiungerei come sottotitolo. La barca da pesca che, nell’immaginario collettivo, appare come la più “disimpegnata” in assoluto resta senza alcun dubbio il center console nella fascia tra i 17′ ed i 21′. Questi fisherman possono essere mossi da un solo motore (semplicità ed economia di gestione), non sono molto esigenti dal punto di vista della potenza impiegata (consumi generalmente contenuti) per cui consentono di potersi muovere con potenze che vanno tra i 90 ed i 150 cavalli con sufficiente disinvoltura. Molto spesso, questi scafi permettono anche il montaggio di un motore di rispetto, da usare sia per la traina, per chi non volesse caricare di ore di moto a lento moto il motore principale, sia come unità di emergenza. Com’è ovvio, queste barche sono nel 99% dei casi motorizzati fuoribordo, il che consente di portare a nuova vita anche barche molto datate con la sostituzione del propulsore e poco altro. Il problema della rimotorizzazione è stato già affrontato in passato (vedi link) e torna alla ribalta ogni qual volta subodoriamo l’affare in uno scafo con alle spalle molti anni motorizzate con un vecchio due tempi crepitante. Il problema principale, in questi casi, è proprio capire il peso economico di una rimotorizzazione sul valore residuo del solo scafo, nonché se sia sufficiente rimotorizzare senza doverci spendere un’altra “barca di soldi” per ripristini strutturali importanti! I modelli che più mi vengono in mente, a tal riguardo, sono: Mako dal 171 fino al 221; Robalo 1820 fino al 2120; Boston Whaler Montauk e Dauntless di pari misure; Alcuni (rari) Fishing Rover by Rover Marine; I pressoché introvabili Seacraft (noti per le storiche carene a deadrise variabile). Non è che il mercato non offra altro, semplicemente ho voluto enumerare modelli e cantieri che costruivano più che bene, garanzia già di per sé…


Intrepid 407 Panacea: l’attidudine CRUISING di una barca nata per pescare

A.A.A. QUESTO ARTICOLO E’ VOLUTAMENTE DIVISO IN DUE PUNTATE In questa sede affronterò l’aspetto crocieristico, data la polivalenza di questo modello; nel prossimo, le attitudini inerenti la pesca sportiva. Non sono solito lasciarmi affascinare da barche di dimensioni medio-grandi motorizzate fuoribordo. Il motivo principale è che uno scafo che può facilmente arrivare a pesare oltre quindici tonnellate necessita della coppia ai bassi regimi tipici dei motori turbodiesel, che siano quindi in grado di muovere eliche dal passo e diametro importanti per garantire performance adeguate. Questo articolo fa eccezione. E c’è un motivo anche a questa eccezione: ci sono cantieri che hanno dato la loro vita per disegnare carene fatte per i motori fuoribordo, per realizzare scafi con un grado di attenzione al dettaglio ed ai materiali raro: insomma, per donare al mondo della nautica da diporto oggetti destinare a durare molto, molto a lungo. Chi “bazzica” l’ambiente dei fisherman americani da un po’ di anni si sarà certamente imbattuto, una volta nella vita, nel marchio che sto per presentare tramite un suo modello di punta lanciato da poco tempo: INTREPID POWERBOATS La barca sulla quale mi soffermo oggi è denominata 407 Panacea, la cui coperta colpisce subito per la sua pratica originalità. E’ infatti riduttivo chiamarla CENTER CONSOLE, così come risulta poco adeguato annoverarla tra i WALKAROUND. Siamo, piuttosto, dinanzi ad un compromesso, che raccoglie i pregi dell’uno e dell’altro. Del CC eredita la completa libertà di movimento per tutta la coperta, con un piano di calpestio perfettamente contiguo e livellato da estrema poppa fino a prua. Del WA, invece, mutua la presenza di una tuga, qui sapientemente destinata ad area conviviale. La tuga cela una area sottocoperta, che prevede una dinette trasformabile in un letto queen size, cucina completa di frigorigero, piano in corian con lavabo e forno a…


Nuovi modelli di fisherman con carena “hybrid”: a cosa servono e quanto sono validi?

Do seguito ad una osservazione partita sul mio canale Instagram, e scaturita da una decina di secondi di filmato del nuovo Regulator 26XO in navigazione per il Salone Nautico di Miami. Premetto che lo scopo di questo articolo non è quello di sparlare su determinati modelli di barche, ma di comprendere, insieme a voi, la possibile collocazione di mercato di questi prodotti. Trattasi di center console a vocazione per lo più lagunare, ma con velleità da mare aperto, come pubblicizzato dai loro costruttori. Al momento gli unici cantieri rappresentati in Italia, che hanno a listino (quindi parliamo di barche già ordinabili) fisherman con carene hybrid sono Regulator, Scout e Grady White. Tutti propongono un center console con coperta adatta allo spinning, quindi con pontature prodiere e poppiere semincassate e gavonate che fungono da ottima piattaforma per il lancio, motorizzazioni singole nell’ordine dei 300-350cv fuoribordo e carene derivate dalle corrispettive “offshore” ma ridisegnate per ottenere un pescaggio minimo e quindi consentire di accostare nelle lagune poco profonde senza arrecare danni allo scafo, ma con deadrise poppiera di 15°-17° per promettere prestazioni altrettanto buone sul mare formato. Il video di cui si discorre all’inizio di questo mio articolo evidenza difficoltà nella gestione di un moto ondoso appena rilevante, e si avvertono, in particolare, gli “spanciamenti” della carena che, complice una V poco pronunciata ed una larghezza considerevole, non penetra l’onda ma la copia con delfinamenti piuttosto rilevanti. Il video è visibile cliccando sul post sottostante e scorrendo:   Visualizza questo post su Instagram   Un post condiviso da Benedetto Rutigliano (@benedetto.rutigliano) Sono certo che questa barca e le altre annoverabili in questa nuovissima categoria di fisherman navighino entro parametri per noi più che accettabili. Noi non ci rivolgiamo, tuttavia, al mercato americano se non abbiamo un reale vantaggio, in termini di navigabilità…