Fisherman americano

DIVERGENTI: STILE, E NON SOLO

A qualsiasi pescasportivo capita, prima o poi, di incantarsi nel vedere svettare su grandi fisherman convertible alte tuna tower con annessi tutti gli armamenti, ivi inclusi lunghi outriggers, per il big game ai grandi pelagici. Quando si pratica la traina d’altura, è preferibile filare quante più lenze possibile, per creare l’effetto “branco” in scia, ma soprattutto per massimizzare le possibilità di incontrare l’ambita preda… Solitamente su fisherman dai 19 ai 24 piedi non è possibile disporre più di 5-6 canne in pesca senza correre il rischio di matasse inestricabili, a meno di non usare gli outriggers, o divergenti. Questi “pali” hanno la funzione di divaricare le lenze delle canne più esterne per dare spazio ad ulteriori canne da filare a distanza intermedia. Ma non solo: tenendo le lenze sostenute dall’alto, sarà possibile indurre un movimento maggiormente adescante a esche di superficie come i kona o i bubble jet. Infatti i divergenti risultano particolarmente idonei, se non addirittura indispensabili per la traina ai grandi rostrati come le aguglie imperiali o i pesci spada. In base alle dimensioni della nostra barca da pesca, sceglieremo i divergenti per tipo e lunghezza. Di solito sulle barche fino ai 21-23 piedi si opterà per i gunwale mount (montaggio a falchetta) o i t-top mount, ove il “tettuccio” sia presente. I primi sono i più economici e si presentano come un kit costituito da pali generalmente fissi se in alluminio, o telescopici se in carbonio, e portadivergenti che di fatto sono dei portacanne ad incasso in falchetta ma con sezione e inclinazione adatta ad ospitare il “pole”, nei cui passanti passerà il cordino che, a mo’ di alzabandiera, sposterà su e giù la pinza di sgancio attraverso la quale far passare la lenza della canna che si vorrà divaricare. L’allargamento delle lenza agganciata alla pinza sarà…


Come riconoscere se il motore della barca soffre ?

In questo breve articolo intendo dare alcuni suggerimenti su come promuovere la salute del vostro propulsore. Spesso le barche vengono fornite con motori ed eliche artatamente scelti per mostrare e dimostrare all’acquirente performance velocistiche quasi inaspettate in rapporto alla potenza in gioco. Ancor più spesso tali prestazioni sono praticamente fruibili solo con mare piatto, barca scarica e carena pulita a specchio… (rif. Fisherman Americani) Non appena gli effetti della stagione diportistica fanno capolino su carena ed elica, qualche carico in più si rende necessario per evitare esodi con quintali di attrezzatura al seguito ogni volta che si voglia prendere il largo, ecco che le prestazioni si MORTIFICANO INESORABILMENTE, e non se ne capisce il motivo. Il problema è soprattutto delle barche acquistate con motorizzazioni di accesso, quindi con potenze al limite dell’indispensabile ove il venditore, per dimostrarvi con non vi fosse alcun sospetto di sottomotorizzazione, vi aveva fatto provare la barca con 15 litri di carburante imbarcato, carena senza antivegetativa ed un’elica con passo abbondante, in modo tale da farvi illudere che i fatidici 30 nodi fossero alla portata. Il pericolo di arrecare danno ad un motore accoppiato ad un’elica sovradimensionata o comunque inadeguata risiede nell’ INDICE DI CARICO al quale il motore stesso sarà costretto ad operare continuativamente. L’indice di carico, in soldoni, rappresenta lo sforzo che il motore esercita durante il suo lavoro.  Un’elica con passo eccessivo farà sforzare il motore soffocandone la ripresa del regime di rotazione in tempi ragionevoli, costringendovi ad intervenire maggiormente con i flaps e con il trim per agevolare l’entrata in planata. Un’elica siffatta molto probabilmente impedirà al motore di raggiungere il regime massimo nominale, il che è indice di grave sofferenza dello stesso. E’, piuttosto, preferibile che il motore riesca a raggiungere 50-100 giri/min più del massimo nominale, che il contrario! Inoltre,…


Pesca d’altura e competizioni: quando l’affiatamento non basta!

Dopo questo articolo vincerete ogni singola gara di pesca. (Questa sarebbe un’ottima frase click-bait , ma non ho il coraggio di farlo, ancora no!) Vado a ripescare un po’ del mio passato per buttare sulla tastiera qualche considerazione in merito ad un argomento molto dibattuto nei circoli nautici, soprattutto quelli popolati da pescasportivi accaniti. La questione che qui sollevo è in merito al rapporto barca-equipaggio. Le sorti di una competizione di pesca sportiva sono figlie di diversi fattori: Affiatamento tra i membri dell’equipaggio; Esperienza di pesca e di gestione del combattimento, dallo strike fino all’imbarco o tag&release; Conoscenza del comportamento della barca da parte dello skipper. In questa sede mi soffermerò sull’ultimo punto: il feeling tra skipper e barca. Quando si decide di partecipare ad una gara fuori porta è necessario noleggiare una barca per l’occasione e non sempre è possibile rispettare le nostre preferenze, vuoi perché la disponibilità di imbarcazioni messe a disposizione via via si riduce, vuoi perché spesso il porto dal quale parte la “carovana” non offre barche con cui si ha dimestichezza. Accade, quindi, di ritrovarsi al timone di una pilotina un po’ ballerina, poco manovrabile macchine indietro, con poca visibilità sul pozzetto e sulle lenze, e chi più ne ha più ne metta! Spesso si tende quindi ad incolpare il mezzo, lo skipper o l’angler di un risultato al di sotto delle aspettative. Il più delle volte, però, chi si sorbisce le paternali più ruvide è proprio lo skipper che, magari, si è pure spontaneamente offerto di sacrificarsi per far pescare un altro membro dell’equipaggio! Un colpo di manetta un po’ troppo generoso che fa “stuccare” la lenza già tesa, oppure troppo poco gas, all’ordine del mate, non riesce ad annullare il bando di lenza causando la slamatura del pesce; un incrocio sfavorevole e fortuito di vento…


Luoghi comuni diffusi nel mondo dei fisherman

Il mondo della nautica è piena zeppa di affermazioni che entrano come tarli nella mente del diportista, deviandone molto spesso le scelte in fatto di barche. Oggi spendo qualche riga per esporne sintenticamente giusto un paio. Per le altre, vi do appuntamento ai prossimi articoli. 1. “E’ UNA BARCA BAGNATA” Posto che esistono casi di carene perfettibili dal punto di vista della capacità di deflettere gli spruzzi in navigazione (altrimenti gli spray rails non sarebbero mai stati inventati…), tutte le barche, prima o poi, si troveranno nelle condizioni di bagnare il proprio parabrezza od il ponte di prua. Assumere che una barca sia “bagnata” solo perché, durante il rientro con mare e vento teso al traverso o contrario, i tergicristalli tirano continuamente acqua dal parabrezza,  significa dare prova di aver passato molto poco tempo della propria vita in navigazione. Oppure, se le condizioni del mare impongono di abbassare i flaps per non far picchiare lo scafo sull’onda e, giocoforza,  solleveremo più acqua del solito , ciò non significa che quel progetto sia farlocco! Significa semplicemente che il mare è imprevedibile e che ogni navigazione ci pone in condizioni diverse dalla precedente. L’acqua è un fluido a viscosità bassissima ed è normale che la coperta si bagni in determinate condizioni! 2. “E’ UNA BARCA TROPPO APPOPPATA” Se un fisherman naviga leggermente appoppato, questa caratteristica non va additata come handicap, soprattutto quando la barca è generosamente motorizzata. Il motivo è qui di seguito spiegato. Nella stragrande maggioranza dei casi, i progettisti di sportfisherman RICERCANO un angolo di inclinazione, in navigazione, che varia da due a cinque gradi. Questo consente di: Facilitare il drenaggio fuoribordo di eventuali acque reflue finite in sentina; Tenere la prua alta sul mare, mettendo la barca in condizione di non ingavonarsi in presenza di onde importanti di prua,…


Dual Console: perché meritano più considerazione?

Il panorama della produzione di barche a vocazione alieutica si amplia sempre più, sia in dimensioni che in tipologie. Nonostante il Dual Console sia un layout di coperta in voga in USA già da una quarantina d’anni ( le sue radici affondano nei primi bow-rider ad inclinazione day-cruising), in Europa e, soprattutto, in Italia, questa tipologia di barca stenta a prendere piede. Li chiamo fisherman  poiché, ovviamente, qui farò esclusivo riferimento ai dual console attrezzati per la pesca sportiva, scartando i modelli più “ricreativi” e crociertistici. D’altronde, nel libro FISHERMAN AMERICANI un capitolo intero è dedicato proprio al D.C., a mio parere la barca del futuro. Barca del futuro per chi,  pur volendo rimanere in dimensioni di scafo modeste, non vorrà rinunciare all’ampiezza di spazi in coperta da vivere en plein air, allo stesso tempo non sacrificando la propria passione per la pesca sportiva. Dicevamo, questa tipologia di barca è spesso snobbata in Italia, ma perché? In fondo: 1️⃣ Almeno fino a certe dimensioni di scafo, l’idea di un sottocoperta ampio è pura utopia e si finirà per relegare la cabina, spesso claustrofobica, a piano di appoggio per attrezzature e dotazioni; 2️⃣ D’estate c’è spesso l’esigenza (ma anche il piacere) di ospitare più persone a bordo, cosa molto difficoltosa se l’unica area vivibile, oltre alla zona guida, resta il pozzetto; 3️⃣ Se parte dell’equipaggio volesse pescare e gli altri volessero prendere il sole o dedicarsi ad altra attività conviviale, beh, la scelta del Dual Console diventerebbe istintiva. – Oggi esistono svariate proposte di D.C. perfettamente attrezzate per la pesca sportiva, ed altrettanto accoglienti per impieghi più “ricreativi” e diportistici. Senza dimenticare che un D.C. di dimensioni medie tipicamente offre: una dotazione per la pesca sportiva tipica dei fisherman di razza; un locale WC separato, abbastanza ampio per garantire anche un cospicuo volume…


Nuovi modelli di fisherman con carena “hybrid”: a cosa servono e quanto sono validi?

Do seguito ad una osservazione partita sul mio canale Instagram, e scaturita da una decina di secondi di filmato del nuovo Regulator 26XO in navigazione per il Salone Nautico di Miami. Premetto che lo scopo di questo articolo non è quello di sparlare su determinati modelli di barche, ma di comprendere, insieme a voi, la possibile collocazione di mercato di questi prodotti. Trattasi di center console a vocazione per lo più lagunare, ma con velleità da mare aperto, come pubblicizzato dai loro costruttori. Al momento gli unici cantieri rappresentati in Italia, che hanno a listino (quindi parliamo di barche già ordinabili) fisherman con carene hybrid sono Regulator, Scout e Grady White. Tutti propongono un center console con coperta adatta allo spinning, quindi con pontature prodiere e poppiere semincassate e gavonate che fungono da ottima piattaforma per il lancio, motorizzazioni singole nell’ordine dei 300-350cv fuoribordo e carene derivate dalle corrispettive “offshore” ma ridisegnate per ottenere un pescaggio minimo e quindi consentire di accostare nelle lagune poco profonde senza arrecare danni allo scafo, ma con deadrise poppiera di 15°-17° per promettere prestazioni altrettanto buone sul mare formato. Il video di cui si discorre all’inizio di questo mio articolo evidenza difficoltà nella gestione di un moto ondoso appena rilevante, e si avvertono, in particolare, gli “spanciamenti” della carena che, complice una V poco pronunciata ed una larghezza considerevole, non penetra l’onda ma la copia con delfinamenti piuttosto rilevanti. Il video è visibile cliccando sul post sottostante e scorrendo:   Visualizza questo post su Instagram   Un post condiviso da Benedetto Rutigliano (@benedetto.rutigliano) Sono certo che questa barca e le altre annoverabili in questa nuovissima categoria di fisherman navighino entro parametri per noi più che accettabili. Noi non ci rivolgiamo, tuttavia, al mercato americano se non abbiamo un reale vantaggio, in termini di navigabilità…


Corrosione galvanica: il tarlo invisibile che mangia la tua barca dal di dentro

La barca è sempre immersa in una trappola elettrica: IL MARE L’acqua salata è un conduttore di corrente elettrica, in cui ogni metallo concorre passivamente alla circolazione di questa energia. La differente “nobiltà” dei metalli espone quelli più in basso nella scala galvanica ad una pericolosa corrosione che può, in breve tempo, mangiare un piede poppiero, un’elica, cablaggi, piastre, supporti ed ogni altro elemento che compone la ferramenta di bordo. Quando acquisti una barca usata è importantissimo capire quali accessori siano stati installati dai proprietari e, soprattutto, COME SONO STATI INSTALLATI. Il pericolo di acquistare una barca con ferramente ridotte a gruviera è concreto e più diffuso di quanto sembri. Per ovviare a questo spesso subdolo problema, i costruttori dotano le proprie barche di ANODI SACRIFICALI. Si tratta di pezzi di metallo applicati strategicamente in vari punti di scafo e motori, per proteggere le parti metalliche dall’aggressione di tale fenomeno elettro-chimico. Tali elementi sono fatti generalmente di zinco, magnesio o leghe di alluminio poco nobili. La durata di un anodo sacrificale dev’essere né troppo breve, né troppo lunga. Un anodo che necessita di sostituzione dopo un paio di settimane indica un carico di “lavoro” eccessivo e pertanto sarà il caso di: Analizzare l’impianto elettrico per eventuali dispersioni che scarichino a massa; Provvedere ad un surdimensionamento di tale anodo, se sono state installate apparecchiature od accessori non di serie sulla barca: in tal caso l’impianto di protezione galvanica di serie potrebbe non essere sufficiente! Ciononostante, tale evenienza potrebbe essere imputabile a fattori esterni, non dipendenti dalla propria barca. La presenza di catenarie abbandonate sul fondale del proprio porto di stazionamento, ad esempio, aumenta di molto l’attività galvanica e dunque l’usura di nostri zinchi. Viceversa, quando gli anodi si consumano troppo lentamente o non si usurano affatto, c’è da preoccuparsi seriamente poiché…


Come montare il motore ausiliario sulla propria barca da pesca?

La risposta dipende dal vostro obiettivo: MOTORE DI EMERGENZA?           o             MOTORE DA TRAINA? Ovviamente mi direte che volete entrambe le caratteristiche da un motore ausiliario. Ma la risposta serve a capire quale delle due funzioni per voi abbia più peso, perché in base a ciò sarà opportuno dimensionare il motore e prevedere determinati accorgimenti per installarlo. Un motore da usare prevalentemente per la TRAINA non è necessario che abbia molta potenza: su una barca di 7 metri un motore da 6 cv è più che sufficiente per muovere la barca da 0 a 3 nodi, ciò che basta per praticare tutte le tecniche di traina con il vivo o con il morto manovrato. Se, invece, praticate prettamente pesca d’altura e l’idea di rimanere con il vostro fisherman monomotore in panne a 30 miglia dalla costa, vi servirà un motore DI EMERGENZA ben dimensionato, che non muova la barca ma la faccia navigare in dislocamento per ore senza che l’elica perda spinta, senza che la barca si fermi appena entrata nel cavo d’onda e che sappia condurvi sani e salvi in porto. In tal caso, su una barca di 7 metri sarà necessario come minimo un motore da 10 cv con elica da spinta e gambo adeguatamente lungo per superare la “zona d’ombra” della carena. In ogni caso, comunque, ci sono vari fattori che influenzano la corretta installazione del motore ausiliario, nonché la sua resa in termini di spinta e governabilità. 1️⃣ Spazio utile per accoglierlo sullo specchio di poppa Se la vostra barca ha una sagomatura particolare dello specchio di poppa, bisognerà valutare attentamente le dimensioni massime della calandra motore che esso potrà accogliere: 2️⃣ Forma della carena ed angolo di deadrise poppiera Se la carena presenta un angolo di deadrise poppiera…


Jarrett Bay: gli Stradivari dell’oceano

Cosa c’entra un abete con i marosi dell’Atlantico? Perché, a dispetto della tendenza di pensiero statunitense che vorrebbe le barche da pesca quanto più pesanti possibile, qualcuno pensa che sia più salubre per la barca, giusto, confortevole il contrario? In me affiora una sorta di composto entusiasmo quando sono chiamato a scrivere di taluni cantieri statunitensi, e quasi mi sento partecipe della loro gloria, se non altro perché (me misero, che mi accontento di così poco…) mi faccio portavoce italiano dei segreti nascosti dietro queste opere d’arte. Tanto è l’entusiasmo, da aver inserito questo cantiere nel mio libro Fisherman Americani! Jarrett Bay è un costruttore di barche custom che ha all’attivo quasi un centinaio di realizzazioni, tutte contraddistinte da uno studio progettuale customizzato anch’esso sulle specifiche esigenze e richieste del cliente. In poche parole, per Jarrett Bay ogni nuova barca commissionata è un laboratorio navigante, deputato ad affinare  senza soluzione di continuità le già superlative tecniche costruttive di questo cantiere. Se di tradizione ci è imposto parlare nel caso di Jarrett Bay, lo stesso vale per il termine “SCIENZA”. Un Jarrett Bay vede l’utilizzo di diverse essenze di legno per le carene: si va dall’abete stratificato all’ okoume per i tre layer più esterni. L’okoume di cui abbiamo parlato poco sopra non è una scelta casuale, ma il risultato dello studio del comportamento delle fibre di questo legno, che ne hanno rivelato l’alta predisposizione alla curvatura ed alla super-finitura che conferiscono al manufatto un aspetto privo della minima imperfezione. Per tale motivo, la “pelle” di un Jarrett Bay è costituita di questa essenza di legno. Tale strato esterno viene a sua volta resinato con epossidica di formula proprietaria e, in casi come Jaruco, con interposizione di strati di kevlar e carbonio. La sagomatura della carena vede il suo baglio massimo…


Nuovo articolo su Pesca in Mare di dicembre: Leggilo!

Come ormai consueto, anche nel numero di dicembre/2018 c’è il mio contributo a questa storica rivista cartacea di pesca. Questo mese parlo di un argomento scomodo: I MOTORI ENTROFUORIBORDO con considerazioni che riguardano l’impiego più squisitamente orientato alla pesca, com’è giusto che sia. Commenti a riguardo saranno ben accetti, qui sul sito web come sulla nostra Pagina Facebook PER SCARICARE E LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI A presto  e Buona Lettura! Dr. Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare