Jarrett Bay: gli Stradivari dell’oceano

Cosa c’entra un abete con i marosi dell’Atlantico?

Perché, a dispetto della tendenza di pensiero statunitense che vorrebbe le barche da pesca quanto più pesanti possibile, qualcuno pensa che sia più salubre per la barca, giusto, confortevole il contrario?

Dalle foreste all’ Oceano: l’anima di un Jarrett Bay non può fare a meno della tradizione, perché da questa affonda le sue radici per erigersi a raro concentrato di tecnologia navale.

In me affiora una sorta di composto entusiasmo quando sono chiamato a scrivere di taluni cantieri statunitensi, e quasi mi sento partecipe della loro gloria, se non altro perché (me misero, che mi accontento di così poco…) mi faccio portavoce italiano dei segreti nascosti dietro queste opere d’arte.

Tanto è l’entusiasmo, da aver inserito questo cantiere nel mio libro Fisherman Americani!

Jarrett Bay è un costruttore di barche custom che ha all’attivo quasi un centinaio di realizzazioni, tutte contraddistinte da uno studio progettuale customizzato anch’esso sulle specifiche esigenze e richieste del cliente.

In poche parole, per Jarrett Bay ogni nuova barca commissionata è un laboratorio navigante, deputato ad affinare  senza soluzione di continuità le già superlative tecniche costruttive di questo cantiere.

In piena evidenza in questa foto la tecnica custom planked, che prevede la sovrapposizione di strati di legno sullo scheletro dello scafo ottenuto tramite ordinate e madieri di legno di abete. Diversi strati sono deputati a rinforzare la ruota ed il dritto di prua, dal quale si sviluppano i masconi.

Se di tradizione ci è imposto parlare nel caso di Jarrett Bay, lo stesso vale per il termine SCIENZA”.

Un Jarrett Bay vede l’utilizzo di diverse essenze di legno per le carene: si va dall’abete stratificato all’ okoume per i tre layer più esterni. L’okoume di cui abbiamo parlato poco sopra non è una scelta casuale, ma il risultato dello studio del comportamento delle fibre di questo legno, che ne hanno rivelato l’alta predisposizione alla curvatura ed alla super-finitura che conferiscono al manufatto un aspetto privo della minima imperfezione. Per tale motivo, la “pelle” di un Jarrett Bay è costituita di questa essenza di legno.

Tale strato esterno viene a sua volta resinato con epossidica di formula proprietaria e, in casi come Jaruco, con interposizione di strati di kevlar e carbonio.

La sagomatura della carena vede il suo baglio massimo a due terzi di lunghezza verso prua, con uno specchio di poppa sensibilmente più stretto per agevolare la penetrazione nell’onda ma soprattutto l’uscita da essa.

Le rifiniture e la cura per gli impianti a bordo raggiunge gli estremi del maniacale: una sala macchine di un J.B è assimilabile ad una infermeria.

Dicevamo a proposito del peso: Jarrett Bay costruisce barche con un rapporto peso/rigidità più basso della sua categoria, semmai questo rapporto potesse essere misurato.

Per il Cantiere, l’unico modo per preservare l’integrità delle strutture e delle componenti di una barca senza inficiarne i consumi di carburante è quello di ridurre al massimo le accelerazioni gravitazionali conseguenti alla “ricaduta” della prua, dopo che lo scafo sia uscito dall’onda. Immaginate come quanto più velocemente caschi la prua di una barca molto pesante nel cavo d’onda, rispetto ad una barca con carichi strategicamente distribuiti e, soprattutto, molto leggera.

Il fattore principe, infatti, che concorre ad evitare che uno scafo “caschi” sulla superficie del mare è, oltre ad un assetto neutro, soprattutto il suo peso.

A proposito di assetto: una serie di pattini a profilo rovesciato e convesso conferiscono lo stile tipicamente appoppato proprio di ogni fisherman americano.
Nel caso dell’assetto, è proprio il caso di dire che l’abito fa il monaco. Tenere la prua leggermente sollevata e la poppa schiacciata nell’acqua consente di gestire molto meglio il mare di poppa e di annullare qualsiasi possibilità d’ingavonamento.

A suggello della connotazione di cui sopra, le eliche intubate: per assicurare continuità ed omogeneità di spinta, Jarrett Bay consiglia i tunnel ai suoi clienti, e li impone su ogni sua realizzazioni dai 60’ in poi di lunghezza. In accoppiamento con timoni per alte velocità, questi pezzi di arte navigano a velocità più tipiche di un maxi center console con 4 fuoribordo, piuttosto che di un tradizionale convertible entrobordo diesel.

Non occorre soffermarsi sulle caratteristiche ed allestimenti di un pozzetto J.B., in quanto scontatamente superlativi e rifiniti come nella migliore tradizione custom-made americana.

Ogni sezione interna dei volumi dello scafo è perfettamente isolata ed a se stante, per contenere l’acqua imbarcata nella malaugurata ipotesi di falle, esclusivamente a quel comparto.

Tutti i mobili interni sono saldati allo scafo mediante resinatura con fazzolettature a superficie ampliata per la distribuzione degli stress meccanici durante la navigazione e, quindi, per assicurare una tenuta a prova di burrasca, per l’intera vita utile della barca.

Un Jarrett Bay è un monolite, il cui livello tecnologico è desumibile in primis dal peso, assolutamente inferiore rispetto ad altre barche di pari categoria, lunghezza e motorizzazione. In secondo luogo, dalla bibbia di esercizi tecnologici costruttivi ed ingegneristici accessibile mediante lo studio di uno di questi scafi, che rappresenta un vero e proprio viaggio nella cultura navale statunitense, elevata all’ennesima potenza.

Tecnologia che, però, non perde le radici del fisherman americano, nel senso più ancestrale del termine.

Se vorrete aspettare due anni (esatto: il completamento di un J.B. prevede fino ad oltre 24 mesi di attesa) per avere la vostra barca, contattate Jarrett Bay: diventereste proprietari di uno tra i più bei manufatti di umana concezione e realizzazione in senso assoluto.

Non è sufficiente un articolo per spiegare ogni singolo particolare di un Jarrett Bay, né tantomeno sarebbe plausibile, dato l’investimento che l’interessato è chiamato a sostenere per aggiudicarsi uno di questi capolavori d’oltreoceano.

Per saperne di più su questo o se vi interessa uno sportfisherman custom più in generale, non esitate a contattarmi compilando il seguente FORM.

Non dimenticate, infine, di leggere il libro Fisherman Americani, in cui J.B. è citato, assieme ad altre icone della cantieristica d’oltreoceano.

 

Buona Lettura e Buon Mare,

Dr. Benedetto Rutigliano
Autore di Fisherman Americani
Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”
Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook
Scrittore per la rivista Pesca in Mare