Nautica moderna: siamo nel pieno di una crisi di senso?
Questo breve articolo nasce dai riscontri che una frase pubblicata sui social pochi giorni fa ha ricevuto. La frase in questione è la seguente: Era un mio pensiero, tra il serio e il faceto, ma evidentemente c’è molto di cui parlare con riguardo alla deriva filosofica della nautica moderna. Può sembrare una disquisizione astratta, tuttavia non si può non scomodare la filosofia, perché il senso di ogni nostra azione, di ogni nostro concepimento intellettuale, in poche parole, di ogni idea, è da ricercarsi nel logos, il pensiero come discorso interiore secondo ragione. In effetti, il termine concilia in sé, oltre che quello di “discorso interiore”, anche quello di “calcolo” (ratio). Ma se la ragione viene meno, allora anche ogni barlume di senso svanisce, e restano i nudi calcoli. In sostanza, un’idea, che “viene” dal logos, cioè dal dialogo interiore razionale, spogliata del discorso sul senso, cioè dalla ragione, diventa pura tecnica numerale. Oggi le architetture nautiche, sia quelle sotto la linea di galleggiamento, sia quelle sopra la stessa, sposano a mio modesto parere uno scentismo che idolatra il calcolo e la “performance”, intesa come puri numeri: Velocità massima, talvolta raggiungibile in condizioni meteomarine e di esercizio non realistiche;Potenza installataVolumi di vendita. Se separiamo la prima dalla tenuta di mare sul mosso, dal comfort, dalle qualità marine, dall’ergonomia dei vari componenti, dalla razionalità dello sfruttamento dei volumi di bordo e da altri elementi che “fanno la barca”, questo numero è utile solo come mero argomento di marketing avente come scopo il secondo punto: vendere. Il mercato segue le logiche del denaro, che tende ad un continuo incremento di sé stesso. Da ciò si capisce che, per produrre oggetti come le barche, non possiamo emulare le logiche del denaro, che nasce e dovrebbe restare un mezzo per raggiungere uno scopo, e non…