entrobordo diesel

Fisherman… australiani: Caribbean 420

La mia croce e virtù è che mi annoio facilmente se son costretto a scrivere di argomenti (e barche) già pluricelebrate da altre testate. Per questo vado spesso a caccia di barche poco “parlate” e conosciute, anche perché serve a capire come il settore dei fisherman venga affrontato e sviluppato in altre parti del mondo che non siano necessariamente gli Stati Uniti d’America. Ecco perché, stavolta, sono approdato in Australia, per rispolverare la memoria di barche che mi hanno sempre attratto per via della loro “cuginanza” con certi Bertram di altri tempi… Oggi scrivo di Caribbean, un marchio storico di proprietà della International Marine, che da oltre 50 anni costruisce barche in lamianto pieno stratificato rigorosamente a mano dalle velleità fortemente sportfishing. L’ultimo nato di casa Caribbean , il 420 Express, è un sedan express, una di quelle categorie che stanno prendendo sempre più piede nei cataloghi dei princiapli costruttori (Viking, Cabo, Hatteras e molti custom builders), poiché costituiscono un ottimo compromesso tra pesca e crociera, garantendo un quadrato perfettamente protetto dalle intemperie ed allo stesso tempo un’ottima comunicazione tra postazione di comando e pozzetto. In pozzetto non manca nulla: dalla vasca del vivo integrata nello specchio di poppa alle larghe falchette adatte ad ospitare almeno quattro portacanne ad incasso laterali, più due o tre sullo specchio, gavone sottochiave per canne e raffi ricavati sotto i trincarini, un’ampia vasca del pescato a pagliolo con coibentazione e postazione di preparazione delle esche a ridosso dei due gradini che conducono al ponte di guida. In posizione contrapposta è stato ricavato un grazioso divano mezzanino per chi non segua attivamente l’azione di pesca ma voglia assistervi senza intralciarne le operazioni. Costruttivamente Caribbean si rifà alla tradizione, adottando la soluzione del laminato pieno stratificato a mano per lo scafo e sanwich di coremat per…


Hinckley SC 42: una barca per sognare e per pescare

Ci sono barche nate per essere prima ammirate, e poi utilizzate. Ed anche quando si passa ai comandi, le si continua ad ammirare nei dettagli, nella perfetta simbiosi tra estetica e funzionalità. L’allineamento perfetto dello spirito e del “corpo” di un Hinckley con l’elemento “mare” ne fa uno dei cantieri più esclusivi del panorama nautico statunitense. Hinckley è famosa per la maniacale cura del dettaglio, nonché per la tecnologia costruttiva avanzata: ad esempio, il cantiere ha introdotto il carbonio ed il kevlar nelle sue costruzioni già 25 anni or sono. Oggi, l’utilizzo di tali materiali resta, con l’aggiunta della tecnica di infusione sottovuoto (brevetto S.C.R.I.M.P. proprietario). Hinckley utilizza propulsioni ad idrogetto sulla sua gamma Picnic dal 1960 (!!), quando tale propulsione era tabù per praticamente tutti i produttori di imbarcazioni da diporto ricreativo. Il 42 SC è uno dei modelli Hinckley meno conosciuti in Europa, poiché uno dei pochi progettati per trasmissioni entrobordo in linea d’asse. Perché Hinckley ha fatto questo apparente “downgrade” dalla propulsione JetStick a quella entrobordo? Sicuramente per abbracciare una più ampia fetta di potenziali clienti, legati alla trasmissione tradizionale e reticenti verso quella ad idrogetto. Insomma, ha cercato di far venire “l’appetito” agli avventori, per poi farli affezionare irrimediabilmente al marchio ed alla sua filosofia dell’andar per mare. Il 42 SC è una piattaforma che il cantiere ha sviluppato in tre allestimenti: Hard Top Blackwatch Edition Canvas Top La versione Blackwatch Edition è attrezzata di tutto punto per la pesca d’altura, con tanto di tuna tower, portacanne, vasche del vivo e del pescato, ecc… La linea dell’ Hinckley 42SC ha le connotazioni del fisherman ancestrale, ha il sapore di aragostiera ed i tratti delle Maine boats. Alla base c’è la cura da alta, altissima gioielleria di Hinckley, dalla costruzione alle più nascoste rifiniture. La costruzione dell’Hinckley…


Il pozzetto ideale per una barca da pesca

Se volessimo tradurre in proporzione matematica cosa rappresenti il pozzetto per un fisherman, questa potrebbe essere: pozzetto : fisherman = farina : pane Un fisherman senza pozzetto, o con un pozzetto mal progettato, è un oggetto galleggiante senza finalità specifiche. Un po’ come l’impasto del pane privo di farina. Come dovrebbe essere il pozzetto di un fisherman costruito davvero… per pescare? Prima di tutto, dovrebbe essere ampio. Generalmente sui fisherman d’oltreoceano almeno un quarto della superficie di coperta è dedicata all’azione di pesca. Tale proporzione è il minimo sindacale per garantire libertà di movimento, almeno per le barche motorizzate entrobordo, considerando l’ingombro della sala macchine e del posizionamento del ponte di guida. Ma non basta che sia capiente, ovviamente. Un elemento fondamentale di un pozzetto ben progettato è che sia sgombro. Gli americani usano il termine “unobstructed“, che rende ancor meglio l’idea. Sgombro non significa scarno, povero di equipaggiamenti essenziali alla pesca sportiva. Detti impianti devono invece esserci, ed installati in modo tale da non intralciare la normale e spesso “istintiva” mobilità dell’angler impegnato nel combattimento con prede importanti. Per esempio, le utenze idriche: i rubinetti di acqua salata ed acqua dolce non devono in nessun caso collidere con le gambe di chi percorre il perimetro delle murate, poiché le falchette sono spesso imbottite proprio per accoglierle durante le operazioni di combattimento, tag o imbarco delle prede. Stessa cosa dicasi per ogni appendice che possa ledere il libero movimento in pozzetto: dai portacanna alle rastrelliere lungo le murate, alle bitte, ai profili di vasche del pescato e vasche del vivo, finanche alle ghiacciaie amovibili: tutto deve essere ad incasso, o per lo meno profilato in modo tale da non diventare un’arma in caso di mare formato o mosso. Il pozzetto deve essere dotato di vani di stivaggio per i carichi…


Quando una barca può dirsi AFFIDABILE?

La foto della plancia aperta del MagBay 42 Express fa da introduzione a questo piccolo articolo. Mag Bay ha una storia di marchio molto corta, ma un trascorso societario lungo oltre venti anni e costellato di successi e di passione. Mag Bay Yachts nasce, infatti, dall’entourage che ha dato vita a Cabo Yachts, cantiere che ha chiuso i battenti nel 2014, prima di essere assorbito da Hatteras Yachts. (per un approfondimento sul tema LEGGI QUESTO ARTICOLO) Perché pongo continuamente l’accento sull’ordine di esecuzione dei cablaggi e sulla pronta accessibilità agli impianti? E’ il fulcro attorno al quale si sviluppano le linee guida dettate sia in Fisherman Americani, sia nell’ebook “La barca da pesca perfetta” e provengono dalle buone (ma soprattutto cattive) esperienze vissute per mare in prima persona, a bordo di svariate barche. Chi naviga da anni mi darà ragione: l’avaria, per mare, è sempre in agguato. L’affidabilità di una barca non si misura dalla frequenza delle sue avarie, ma dalla semplicità e dalla immediatezza con cui si può porre rimedio ai guasti più ricorrenti. Ecco il mio video sull’argomento: Durante una traversata con mare mosso, un black-out dell’elettronica di ausilio alla navigazione deve essere risolto con pochi gesti ed in poco tempo. Questo è possibile solo se si ha accesso immediato agli impianti, oltre ovviamente al fatto di conoscere bene il proprio mezzo. A proposito di cura realizzativa e del perché non debba essere appannaggio della sola alta orologeria o dell’industria armigera della Val Trompia… vi consiglio di guardare questo video, realizzato da Power and Motoryacht: Abbasso gli orpelli; W l’essenzialità! PS: informarsi costa molto meno che effettuare un investimento sbagliato: per questo ti invito a leggere il libro Fisherman Americani – il Libro delle Barche da Pesca Sportiva : Buon mare, Dr Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di “Le…


Albemarle 305 Express: recensione

Oggi parlo di una barca che ritengo di riferimento nella categoria degli Express Fisherman. Siamo al cospetto di un cantiere maestro nella produzione di fisherman, perché da quando è stato fondato non ha fatto altro che incentrare la propria produzione sulle barche da pesca d’altura. Non a caso, viene più volte citato nel mio libro come riferimento “tangibile”, visto che è stata venduta in diversi esemplari sul mercato italiano per quasi un decennio. Questo modello rispecchia la filosofia del cantiere, che non lascia spazio a compromessi per un uso che non sia quello alieutico. La linea di coperta sembra tirata con un taglierino, pulita ed essenziale, con un cavallino rovescio accentuato che, dalle falchette piatte e basse sull’acqua, fa impennare il bottazzo per dare spazio agli ampi masconi cavi, con un flare in pieno stile Carolina. Il parabrezza in cristallo temperato è alto e protettivo, dotato di tre tergicristalli surdimensionati a pantografo. La sua sagomatura è rimarcata dal frame in alluminio anodizzato satinato, robustissimo e provvisto di tientibene esterni per praticare in sicurezza il passavanti. Sul passavanti osservo che la fascia più esterna del bordo di falchetta è liscia, sprovvista di antisdrucciolo, che è invece presente nel corridoio interno, leggermente incavato rispetto alla prima. La sua larghezza potrebbe esser più generosa per consentire di transitarvi con barca bagnata in maniera più sicura, tanto più che la battagliola parte da meno di metà barca rispetto alla prua sugli esemplari dal 2001 in poi. In presenza di marlin tower e divergenti a crociere (più della metà dei 305 disponibili in Italia ne è provvista) l’accesso dal pozzetto è semplice grazie ai gradini di risalita gavonati disposti simmetricamente ad ambo i lati, ma dopo i primi due passi si incontrerà l’ingombro degli steli dei divergenti, il che richiederà un po’ di pratica nell’aggrapparsi…


Super-fuoribordo: pro e contro, tra appeal e funzionalità

Se il mercato ci offre qualcosa, è perché glielo chiediamo. O meglio, di regola dovrebbe funzionare così. Senza voler fare digressioni di macroeconomia, ancorché provenga dal settore, il mercato figlio della odierna economia post-capitalistica utilizza algoritmi molto diversi e complessi per orientare le scelte produttive e quindi decidere quali prodotti lanciare. Oggi, a differenza di venti o più anni or sono, è il mercato stesso a generare il bisogno di un prodotto o servizio. Trasponendo l’assunto nel campo della nautica, non è affatto detto che i diportisti attendessero con ansia l’avvento sul mercato di motori fuoribordo da 600cv (vedi Seven Marine 627); tuttavia, il loro lancio ha generato il desiderio di possederli. D’accordo, il motore fuoribordo, a differenza degli entrobordo diesel, ha “generalmente” una semplicità costruttiva e manutentiva superiori, ma la realtà dei fatti, nel campo dei grandi fuoribordo (dai 400cv in su) è esattamente opposta. Il segmento delle grandi propulsioni FB, in definitiva, sfrutta il comune pensiero del “FB= meno rogne” per intortarci con prodotti altamente tecnologici (che può essere spesso un bene), ma altrettanto complessi ed elettronicamente criptati, per impedire qualsiasi tipo di intervento “in economia” e per continuare a generare un flusso di redditività a partire dal momento della vendita, per tutto il periodo in cui il diportista userà tali potentissimi gioielli. Mi si obietterà che, coloro i quali possono acquistare una barca di cinquanta piedi con quattro FB di 627cv ciascuno, non ambiscono di certo a risparmiare sulla manutenzione self-made. A costoro ribatto che, anche su barche con entrobordo da 1000 e più cavalli ciascuno, un sano controllo dei livelli e degli anodi non è affatto precluso all’ armatore, il quale, per giunta, avrà la possibilità di conoscere i propri propulsori da vicino, senza dover delegare forzatamente alla manodopera ufficiale operazioni elementari e di routine. Tutto…


Quanto pesano i fermi barca invernali?

Di solito chi utilizza la propria barca prettamente per la pesca sportiva, predilige le stagioni più fredde, per diversi ordini di ragioni: D’inverno è più difficile trovare “traffico” sugli hotspot più gettonati; L’alternanza di perturbazioni e mari calmi durante le stagioni fredde favoriscono gli incontri con grandi predatori anche su batimetriche molto basse; Il numero limitato di ore di luce consente di sfruttare il tramonto, momento “magico” per insidiare i predatori dei bassifondi, anche quando non si ha a disposizione tutta la giornata. C’è un’alea, però, completamente fuori dal nostro controllo:l’andamento della stagione meteorologica. Quando le perturbazioni si susseguono a ruota per un mese e più, è inevitabile dover lasciare la barca all’ormeggio, e questo comporta spesso sorprese poco gradite, soprattutto se si pensa alle spese sostenute ad inizio stagione per rimetterla in ordine. Come evitare che le batterie ci mollino, che il termostato rimanga bloccato, che gli ombrinali di scarico non si intasino, che i tendalini si corrodano per le deiezioni dei gabbiani (VEDI ARTICOLO DEDICATO), ed altre rogne varie ed eventuali? Una ricetta infallibile e “comoda” non c’è, dal momento che: La semplice messa in moto con barca all’ormeggio può aiutare i motori a benzina, ma oltre un certo limite di avvii può essere, al contrario, deleterio per i diesel; Gli ombrinali di scarico sotto la linea di galleggiamento si manutengono con semplice e duro olio di gomito, raschiandoli aiutandosi con spazzole e lamine; Le batterie sono sensibili agli sbalzi termici e di umidità, considerando anche che non sempre sarà possibile tenere il cavo di banchina collegato, proprio a causa del movimento della barca all’ormeggio se di stanza in un porto sensibile a determinati venti e moti ondosi. Tutto ciò ha sicuramente un costo in termini di mancato godimento della propria barca, innanzitutto. Poniamo il caso che la gestione…


Dal Brasile con furore: Carbrasmar 30 Express

I contingenti “bisticci” doganali tra USA ed il resto del mondo hanno coinvolto anche l’Europa, che non è rimasta a guardare. Come sempre accade, uno dei settori a maggior ragione più colpiti sono quelli voluttuari… Imbarcazioni in primis! Per importare una barca, nuova od usata essa sia, dagli Stati Uniti d’America, oggi costa il 25% in più. La notizia cattiva è che non si vede all’orizzonte una reale soluzione a questa guerra dei dazi. Questo, unitamente al cross EURUSD sfavorevole rispetto ai tempi d’oro (ricordo ancora quando importai il BabyMadeira con l’Euro a 1.59 sul Dollaro; oggi siamo a cavallo di 1.10) rendono ampiamente sfavorevole importare una imbarcazione dagli USA. Ragion per cui mi sono dedicato ad esplorare ciò che altri mercati eventualmente offrono in campo di fisherman. …E sono approdato in Brasile. Qui c’è un cantiere dall’esperienza ultracinquantennale in fatto di imbarcazioni, che ultimamente è stato scelto da un designer di eccezione di carene per fisherman, a nome Tom Fexas. In questo articolo vi presento l’express fisherman di ingresso: Carbrasmar 30 Partiamo dai freddi numeri, per farci un’idea di come la tradizione americana del fisherman abbia contaminato questo trenta piedi: Lunghezza f.t. (escluso plancetta)…………………………………………………………….9,96 m Lunghezza al galleggiamento………………………………………………………………….8,25 m Baglio massimo……………………………………………………………………………………..3,63 m Pescaggio………………………………………………………………………………………………0,98 m Dislocamento ………………………………………………………………………………………..7000 Kg Capacità carburante………………………………………………………………………………900 L. Capacità acqua dolce……………………………………………………………………………..200 L. Portata…………………………………………………………………………………………………8 persone Posti letto……………………………………………………………………………………………..3  Esteticamente il Carbrasmar 30 Express è allineato ai fisherman dei più blasonati cantieri del North Carolina. Flare molto pronunciato, coperta piatta e pulita, parabrezza dalle linee nette e filanti con grandi cristalli in vero vetro temperato e profilatura in solida lega di alluminio anodizzato e verniciata a polvere. La matita di Tom Fexas qui si esprime senza filtro alcuno, trasmettendo una sensazione di “freschezza” progettuale e di seaworthiness che pochi altri designer sanno conferire ad un progetto. Il pozzetto del Carbrasmar…


Fisherman di alta genealogia: Strike 29

Strike Yachts è un nome che riecheggia nella mente di molti pescasportivi amanti degli scafi “duri e puri” e della qualità costruttiva. Questo cantiere nasce, nel 1977, come distaccamento del nobilissimo nome di Striker Yachts, dedita da oltre cinquant’anni alla costruzione di imbarcazioni in alluminio di lusso per la pesca sportiva. Il vero e proprio trademark di Strike lo si trova nelle sue carene: a V profonda, con deadrise poppiera molto accentuata in rapporto alla larghezza; scafi costruiti in laminato pieno stratificato a mano, con spessori ai vertici della categoria. Non a caso lo Strike 29 si è guadagnato, in anni di oceano agitato e di battute di pesca in altura (quella vera…) la nomea di piccola-grande head sea boat. Con la differenza che, a dispetto di molte carene oceaniche, lo Strike 29 letteralmente è in grado di mangiare l’onda corta e ripida come fosse burro caldo. Con il mare di poppa, se possibile, il suo comportamento si esalta ancor più, rendendo estremamente utile l’assetto appoppato. Tale efficacia merita senz’altro potenze adeguate, infatti la barca oggetto di questo articolo è motorizzata con due motori entrobordo diesel Yanmar da 370cv ciascuno, con i quali tiene velocità di crociera dai 23 ai 27 nodi, con velocità W.O.T. di 34 nodi. Il rapporto tra lunghezza e larghezza rappresenta un connubio perfetto, tra l’altro,  tra la volontà dei progettisti di conservare un angolo di deadrise poppiera di ben ventitré gradi e l’intendimento degli stessi di offrire una grande fishing platform , stabile e capiente. Ciò che le linee sottili e filanti denotano è lo strenuo impegno del cantiere di tenere il baricentro quanto più sotto la linea di galleggiamento possibile, per compensare la quasi sempre presente marlin tower. La realtà dei fatti è che una V così profonda non potrebbe essere più stabile e piantata in…


Fisherman, tra passato e presente.

Qualsiasi diportista pescasportivo con buona memoria e spirito di osservazione non può negare che la nautica specialistica abbia subito una metamorfosi, che ha coinvolto la progettazione delle nostre barche da pesca, la loro costruzione ed ha anche influito molto sulle abitudini di chi le utilizza. Una profilazione storica di massima è stata di proposito inserita nel mio libro Fisherman Americani, perché dalla tradizione si possa continuare a trarre spunto per un nuovo acquisto od un nuovo progetto. Un tempo in cui la sicurezza in mare era direttamente proporzionale alla solidità strutturale (non che non lo sia ancora) ed al peso, in concomitanza con tecnologie che si basavano sulla ridondanza dei materiali e sull’integrità della costruzione, era davvero raro trovare, ad esempio, una tuna door su barche di lunghezza inferiore ai ventotto piedi. Integrità intesa come assenza di aperture od “interruzioni” di qualsiasi sorta. Personalmente ho vissuto la mia “gavetta nautica” su diversi esemplari di barche americane, tra cui due Grady White, e ricordo ancora il mio 257 Trophy Pro, che sfiorava i nove metri di lunghezza f.t. per tre di larghezza, con uno specchio di poppa alto e completamente chiuso. L’altezza della murata in pozzetto era davvero importante, forse anche un po’ troppo, così come la larghezza delle falchette, realizzate con profilo trapezoidale per ragioni non solo estetiche, ma anche e soprattutto meccaniche e costruttive. La nervatura del profilo dei trincarini, che proseguiva ininterrotta abbracciando l’intera murata poppiera, conferiva rigidità strutturale all’insieme. Ma ricordo anche che questo fu il principale impedimento alla mia volontà di cimentarmi già all’epoca nel drifting ed in genere in tecniche di pesca “ambiziose”. L’idea di affacciarmi fuori bordo per dover sollevare a peso morto dall’acqua un grande pesce mi faceva desistere, tanto più che spesso mi ritrovavo da solo in barca. L’alternativa sarebbe consistita nell’emulare…