Come lucidare il gelcoat della tua barca senza danneggiarlo.

Premesso che è la prima volta che mi cimento direttamente nella lucidatura dello scafo senza delegarne l’operazione ad alcun carpentiere nautico, illustro sinteticamente come ho proceduto. Il BabyMadeira, dopo 11 anni di onorato servizio, necessitava di un po’ di trucco e parrucco per tornare a brillare come il giorno della prima consegna… Ecco la procedura che ho seguito. A) Innanzitutto, al fine di evitare che, di abrasivo, non vi sia alcuna scoria estranea oltre alla pasta lucidante, è necessario lavare con cura minuziosa le superfici che si andrà a trattare con la stessa. Io ho usato un prodotto nautico, biodegradabile ed a bassa emissione schiumosa, della StarBrite: il Sea Safe Boat Wash . Per le parti più ostili è indicato uno sgrassante per gelcoat, come il CFG Blaster Nautica . C’è chi usa del normale sgrassatore per uso domestico ma personalmente preferisco evitarne l’uso a bordo, in quanto corrosivo sul gelcoat. B) Dopo la pulitura è necessario un generoso risciacquo ad acqua dolce, dopodiché bisogna che lo scafo asciughi completamente. C) La fase di lucidatura del gelcoat è la più gratificante esteticamente, ma anche più delicata. E’ necessario usare cautela nella pressione di utilizzo della levigatrice, che deve essere tassativamente a basso regime di rotazione; il tampone dev’essere in lana o gommapiuma: questi materiali consentono di dissipare il calore e quindi ridurre le probabilità di “bruciare” il polish. I cultori della carpenteria nautica bocciano gli elettroutensili a favore del guanto da carrozziere e di paste più aggressive. Io ho preferito usare un prodotto molto più delicato ed aumentare l’intensità di lucidatura con una levigatrice poco potente, utilizzata al minimo regime possibile. Per quanto riguarda la levigatrice, un esempio a buon mercato è la Valex L1200, con un regime di rotazione minimo di 1150 rpm, che garantisce di non danneggiare il gelcoat, né di bruciare…


Fisherman rari : Regulator 26 Express

Ho sempre amato le linee pure, senza concessioni alle mode, a tutto ciò che è “usurabile” e di passaggio. Il mio libro Fisherman Americani ha forse un po’ troppo odore di nostalgia, ma a me il fisherman è sempre piaciuto così. Bello perché essenziale, nella sua funzionalità e durevolezza nel tempo ed a dispetto degli Elementi naturali. Questa è una barca che ha conosciuto un breve ma solido successo. Breve perché ne sono stati prodotti solo quarantatre esemplari. Solido perché più dell’ ottanta percento dei proprietari originari di questa barca, la possiede tutt’ora. La ragione dei pochi esemplari consegnati era l’elevato costo di produzione, che si traduceva in un costo di listino altrettanto importante, sicuramente al di sopra dei prezzi di qualsiasi altro ventisei piedi walkaround od express. Ma Regulator giammai avrebbe lesinato sulle caratteristiche costruttive e di finitura che ancora oggi contraddistingue i suoi manufatti, pur di rientrare in una fascia di costo “popolare”. Prova ne è il fatto che, a distanza di oltre venti anni, un Regulator si presenta ancora con il suo gelcoat lucente come se avesse visto poche primavere. Lo scafo di un 26 Express, pur essendo di identica geometria rispetto al corrispondente CC, lavora in maniera diversa. Di fatto è proprio questa la peculiarità dello scafo: riuscire a rendere al meglio, sia con prua scarica (CC) sia con prua pesata (Express). In condizioni di mare calmo, infatti, il Regulator 26 CC taglia la superficie dell’acqua ad un terzo di carena, per una questione di ripartizione dei pesi e dunque di assetto. Il 26 Express, invece, taglia il mare a due terzi di carena, per cui ha una direzionalità, già eccellente in quest’ultimo, ancora più spiccata ed un abbrivio più progressivo: se ipoteticamente avessimo a disposizione un 26 CC ed un 26 Express e, a velocità…


(NON) basta che sia americana! Repetita iuvant.

Oggigiorno si assiste ad una sopravvalutazione del prodotto “barca” made in U.S.A. spesso ingiustificata. Parlo ovviamente del mercato italiano, ricco di barche spesso passate di mano più e più volte. Il che non è necessariamente un male, se i proprietari che vi si sono avvicendati erano accomunati dalla stessa passione per il mare e dal rispetto per la propria barca. Il punto, semmai, è che una barca che ha avuto tre o quattro proprietari necessita della ricostruzione di tre o quattro storie, il che spesso non è possibile, per irreperibilità degli stessi o per altri motivi. Il nostro mercato, tuttavia, a causa del tasso di cambio sempre più sfavorevole che rende antieconomiche le importazioni di barche di budget medio-basso, stenta ad arricchirsi di barche “fresche”, e va a finire che, sfogliando gli annunci dei portali di vendita, abbiamo davanti agli occhi sempre le solite offerte. Questo ha dato adito a molti proprietari in procinto di cambiar barca (ma evidentemente non così motivati a farlo…), di fare cartello sui prezzi, innalzandone l’asticella e rendendo le loro stesse barche praticamente inavvicinabili dai potenziali interessati. Sembra quasi che basti avere il logo di un cantiere americano sul giardinetto per sentirsi in diritto di chiedere cifre al di là della ragionevolezza. D’accordo, è vero che il blasone è un valore aggiunto al prodotto… AGGIUNTO, appunto! Questo significa che, se la barca versa in condizioni critiche o comunque di precaria conservazione e manutenzione, per quanto di buon nome possa essere il suo costruttore, il valore di partenza è irrimediabilmente al di sotto di ogni apprezzamento dato dal brand. Come più volte scritto nei miei articoli passati e come continuerò instancabilmente a ripetere sia per iscritto sia a voce nelle mie consulenze, il prezzo, nella nautica, non lo fa un listino Eurotax, ma la storia stessa della…


Traina con il vivo : come gestire le basse velocità

N.B.: CHI SI ASPETTA RICETTE MIRACOLOSE LEGGENDO QUESTO ARTICOLO, NE RIMARRÀ DELUSO. AD OGGI, LO SCIBILE UMANO NON E’ RIUSCITO A VINCERE SULLE LEGGI DELL’IDRODINAMICA CON SOLUZIONI INFALLIBILI.  —————————————————- Problematica diffusa tra i pescasportivi che praticano la traina a lento moto, la velocità minima e la manovrabilità sono discriminanti il più delle volte analizzate solo dopo l’acquisto della barca. Non a caso ti invito, prima di acquistare una nuova barca, a confrontarti con me se lo ritieni necessario. Trovi il ticket consulenza telefonica CLICCANDO QUI. Avevo affrontato il tema della gestione dei motori in traina veloce nell’articolo precedente; qui passo in rassegna, invece, le soluzioni applicabili per ridurre la velocità minima di avanzamento delle nostre barche. La velocità minima, nonché la manovrabilità a lento moto, sono figlie principalmente dei seguenti fattori: Tipo di trasmissione; Passo delle eliche; Ripartizione dei pesi a bordo e centro di massa. Possiamo enumerare come segue gli “stratagemmi” odierni per ridurre la velocità minima al… minimo(!): Trolling valve; Modalità elettronica slow-vessel ; Trolling motor elettrici; Trolling plate; Motore ausiliario; Ancore francesi o “a paracadute”. I rimedi suddetti sono più o meno applicabili in base al tipo di trasmissione: per esempio, le trolling valve possono essere installate solo su motorizzazioni che prevedano la presenza di un invertitore; l’EFB, dunque, ne è tagliato fuori; i moderni FB a 2 tempi ed a 4 tempi prevedono apposita strumentazione da plancia che prevede la gestione del numero di giri, in modo tale da abbassare il minimo a 450-500 giri/min per permettere la bassa frequenza di rotazione delle eliche; le trolling plate, invece, trovano collocazione su qualsiasi propulsione provvista di piede, per cui EFB e FB possono adottarne l’utilizzo. Il vantaggio fondamentale di tale soluzione è quella di evitarci di “sporcare” lo specchio di poppa con un motore ausiliario. L’handicap principale…


Pesca a traina veloce : come utilizzate i motori della vostra barca ?

Le economie di bordo, unite a congetture più o meno razionali sull’usura dei propulsori, ci portano a far nostre, quando siamo in pesca, abitudini che hanno pro e contro. Per molti di noi è d’uso alternare il funzionamento dei motori, ad esempio mezzora per ognuno (ovviamente nel caso la barca non sia monomotore). Viceversa, molti altri hanno l’abitudine di utilizzarli entrambi. Vediamo i pro ed i contro di ciascuna di queste pratiche. I PRO che favoriscono i primi sono, di solito: il dimezzamento delle ore di moto (usandoli alternativamente si abbatte della metà il numero di ore di moto accumulate su ciascuna macchina; la riduzione dei consumi di carburante; maggior comfort acustico a bordo; temperatura media della sala macchine leggermente più bassa rispetto al caso di utilizzo simultaneo di entrambi i propulsori. I PRO che favoriscono i secondi, invece, sono: manovrabilità ampiamente facilitata, soprattutto in caso di necessità di virate repentine in fase di combattimento; allineamento certo delle ore di moto su entrambi i propulsori; ricarica piena di tutte le bancate di batterie (nel caso vi sia un motore “master”, cioè uno solo deputato alla ricarica delle batterie); meno stress per le batterie stesse in quanto non vi saranno accendi/spegni scanditi ad ogni cambio di propulsore; meno stress per i motori stessi: soprattutto se l’intervallo di alternanza è lungo, bisogna considerare che l’accensione è un momento critico per qualsiasi motore endotermico, in quanto per i primissimi secondi esso girerà “a secco”. E’ empiricamente provato, infatti, che gran parte dell’usura meccanica dei gruppi termici (sia terrestri che marini) è imputabile alla somma di questi mini-stress da accensione, in anni ed anni di avviamenti. I CONTRO di ciascuna delle due abitudini sono ricavabili ribaltando ed incrociando i PRO dell’altra… Ad esempio, è ovvio che, nel caso di utilizzo di entrambi i motori…


DIVERGENTI: STILE, E NON SOLO

A qualsiasi pescasportivo capita, prima o poi, di incantarsi nel vedere svettare su grandi fisherman convertible alte tuna tower con annessi tutti gli armamenti, ivi inclusi lunghi outriggers, per il big game ai grandi pelagici. Quando si pratica la traina d’altura, è preferibile filare quante più lenze possibile, per creare l’effetto “branco” in scia, ma soprattutto per massimizzare le possibilità di incontrare l’ambita preda… Solitamente su fisherman dai 19 ai 24 piedi non è possibile disporre più di 5-6 canne in pesca senza correre il rischio di matasse inestricabili, a meno di non usare gli outriggers, o divergenti. Questi “pali” hanno la funzione di divaricare le lenze delle canne più esterne per dare spazio ad ulteriori canne da filare a distanza intermedia. Ma non solo: tenendo le lenze sostenute dall’alto, sarà possibile indurre un movimento maggiormente adescante a esche di superficie come i kona o i bubble jet. Infatti i divergenti risultano particolarmente idonei, se non addirittura indispensabili per la traina ai grandi rostrati come le aguglie imperiali o i pesci spada. In base alle dimensioni della nostra barca da pesca, sceglieremo i divergenti per tipo e lunghezza. Di solito sulle barche fino ai 21-23 piedi si opterà per i gunwale mount (montaggio a falchetta) o i t-top mount, ove il “tettuccio” sia presente. I primi sono i più economici e si presentano come un kit costituito da pali generalmente fissi se in alluminio, o telescopici se in carbonio, e portadivergenti che di fatto sono dei portacanne ad incasso in falchetta ma con sezione e inclinazione adatta ad ospitare il “pole”, nei cui passanti passerà il cordino che, a mo’ di alzabandiera, sposterà su e giù la pinza di sgancio attraverso la quale far passare la lenza della canna che si vorrà divaricare. L’allargamento delle lenza agganciata alla pinza sarà…


Se il pesce non mangia, mangiamo noi: il grill da barca

PREMESSA: QUESTA E’ UNA CONCESSIONE DOMENICALE. SO CHE NON SIETE ABITUATI A VEDERE SALSICCE E SPIEDINI COME IMMAGINI DI COPERTINA DEI MIEI ARTICOLI, MA L’ESTATE SI AVVICINA E QUALCHE VARIAZIONE SUL TEMA ME LA CONCEDO! 🙂 ————– Non mi ha mai affascinato l’idea di avere una piastra incandescente a bordo, ma vedo che oltreoceano il barbecue in barca è una usanza ormai consueta e tradizionale tanto quanto il tacchino nel giorno del Ringraziamento, ragion per cui mi sono dilettato nel vedere cosa il mercato offra a riguardo, scartando i prodotti di qualità discutibile. Proprio mentre osservavo un video della prova di un fisherman, mi sono imbattuto in una scena in cui si grigliava bellamente con un prodotto a mio parere molto ben fatto, assolutamente non economico ma, si sa, la barca è un capriccio, il Mare usura tutto ciò che ha a portata di mano e, se lesiniamo su ciò che dovrebbe allietare il sempre più prezioso tempo libero che la vita frenetica di oggigiorno ci permette, beh… è meglio darsi a più ameni e meno esosi passatempi. Dunque, il prodotto che ha attratto la mia attenzione è costruito dalla Magma Marine, e trattasi del modello Adventurer Area Grill : Questo grill/barbecue è costruito interamente in acciaio inox 316L per cui non teme salsedine né ossidazioni di sorta, ed è disponibile sia nella versione a gas (in foto) sia in quella elettrica, più indicata qualora abbiate a bordo un generatore di corrente che vi garantisca di poter rimettere in moto una volta finito il banchetto… Il link della versione elettrica è QUESTO. Il link della versione a gas è invece QUESTO. Qualora vogliate sfruttare i vostri portacanne ad incasso per posizionare e rendere facilmente rimovibile il barbecue, dovrete dotarvi dell’adattatore per portacanna opzionale, che trovate CLICCANDO QUI.   Buona grigliata a…


Bertram Yachts : il ritorno di una icona dei fisherman americani.

Nell’immaginario collettivo il fisherman perfetto ha il pozzetto basso sull’acqua, il cavallino accentuato che solleva gradualmente, sulla linea di galleggiamento, i trincarini da poppa a prua, conferendogli slancio e funzionale bellezza. Ma ci sono cantieri che hanno interpretato e solcato la tradizione nautica delle barche da pesca con stilemi inconfondibili, sopra e sotto la linea di galleggiamento. Non a caso, tale cantiere, al quale questo articolo è dedicato, occupa spazio in diversi capitoli del mio libro Fisherman Americani, poiché è stato per me tra i primi nomi che, sin da bambino, mi ha appassionato al mondo delle barche americane da pesca. Uno di questi è Bertram Yachts che, grazie alla matita ed all’intuito di Richard Bertram per le sue linee d’acqua, è stato il cantiere pioniere della “pocket” convertible sportfishing boat, a partire dal momento in cui lanciò il suo primo 31 Moppie. Una barca con guida sopraelevata e fortemente caratterizzata rispetto alla nautica convenzionale dell’epoca, per ragioni pratiche inerenti l’uso in pesca. In primis, consentire allo skipper di avere esatta cognizione di dove condurre la prua nell’oceano aperto; in secondo luogo, ma non per importanza, per avere, dal timone, una panoramica chiara di ciò che avvenisse in pozzetto durante il combattimento, in modo da poter assecondare angler e prede, evitando la stuccatura accidentale delle lenze e consentendo di portare a buon fine la cattura. La storia dei cantieri nati per passione, come spesso accade, è costellata da alti e bassi, e così è stato anche per Bertram. Senza attraversare tutte le vicissitudini societarie che si sono avvicendate negli anni, mi focalizzerò sulla più recente ribalta del cantiere, cronologicamente individuabile nell’acquisizione del marchio da parte dell’italianissimo Gruppo Gavio. Grazie a questa ventata di energie fresche ed appassionate, il cantiere è tornato sul mercato con tre modelli, indissolubilmente legati alle linee guida…


Fisherman dimenticati: Seacraft e la carena a deadrise variabile

Ci sono barche che rimangono nella storia sottaciuta della nautica, che meriterebbero di essere raccontate e non solo bisbigliate. Perché si tratta di barche che, ancora oggi, avrebbero molto da insegnare a tanti natanti fatti con lo stampino, smussando gli angoli, a tutte quelle barche e barchette avendo a mente l’effetto scenico da un lato, l’economia di produzione dall’altro. Questo articolo è dedicato ad uno di quei nomi che mi hanno appassionato sin da bambino alla nautica da pesca sportiva d’oltreoceano, che mi hanno portato ad abbonarmi alle riviste di barche da pesca americane e che mi hanno spinto a scrivere i miei libri, primo fra tutti Fisherman Americani. Seacraft Boats nasceva nei primi anni ’60 per opera e genio di Carl Moesly, inventore della carena che l’ha resa famosa. La carena Seacraft, denominata V.D.H. (Variable Deadrise Hull) si può concettualmente intendere come tre scafi impilati uno nell’altro, dei quali il più esterno è quello con diedri più ampi, il più interno, quello con la V più accentuata. Ne risultano una coppia di step longitudinali incassati per lato il che crea, all’aumentare della velocità, cuscini di aria che sollevano la carena e ne riducono fortemente l’attrito con l’acqua. I vantaggi sono: Angoli di entrata e di uscita importanti, (nell’ordine dei 70° a prua e da 20° a 24° a poppa, in base ai modelli) Consumi sensibilmente più bassi rispetto a carene a V profonda con analogo angolo di deadrise poppiero. Ma le peculiarità non si fermano solo sul piano progettuale della carena. Tutto ciò che serve ad un pescasportivo c’è a bordo di un Seacraft. Una barca che è anche un pezzo di storia del fisherman americano. . Seacraft è famosa per la 100% handlaid construction: scafo e coperta sono entrambi costruiti in laminato pieno di vetroresina biassiale stratificata a mano,…


Come riconoscere se il motore della barca soffre ?

In questo breve articolo intendo dare alcuni suggerimenti su come promuovere la salute del vostro propulsore. Spesso le barche vengono fornite con motori ed eliche artatamente scelti per mostrare e dimostrare all’acquirente performance velocistiche quasi inaspettate in rapporto alla potenza in gioco. Ancor più spesso tali prestazioni sono praticamente fruibili solo con mare piatto, barca scarica e carena pulita a specchio… (rif. Fisherman Americani) Non appena gli effetti della stagione diportistica fanno capolino su carena ed elica, qualche carico in più si rende necessario per evitare esodi con quintali di attrezzatura al seguito ogni volta che si voglia prendere il largo, ecco che le prestazioni si MORTIFICANO INESORABILMENTE, e non se ne capisce il motivo. Il problema è soprattutto delle barche acquistate con motorizzazioni di accesso, quindi con potenze al limite dell’indispensabile ove il venditore, per dimostrarvi con non vi fosse alcun sospetto di sottomotorizzazione, vi aveva fatto provare la barca con 15 litri di carburante imbarcato, carena senza antivegetativa ed un’elica con passo abbondante, in modo tale da farvi illudere che i fatidici 30 nodi fossero alla portata. Il pericolo di arrecare danno ad un motore accoppiato ad un’elica sovradimensionata o comunque inadeguata risiede nell’ INDICE DI CARICO al quale il motore stesso sarà costretto ad operare continuativamente. L’indice di carico, in soldoni, rappresenta lo sforzo che il motore esercita durante il suo lavoro.  Un’elica con passo eccessivo farà sforzare il motore soffocandone la ripresa del regime di rotazione in tempi ragionevoli, costringendovi ad intervenire maggiormente con i flaps e con il trim per agevolare l’entrata in planata. Un’elica siffatta molto probabilmente impedirà al motore di raggiungere il regime massimo nominale, il che è indice di grave sofferenza dello stesso. E’, piuttosto, preferibile che il motore riesca a raggiungere 50-100 giri/min più del massimo nominale, che il contrario! Inoltre,…