Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 2)

Segue… (Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1) Una barca per tutto, o quasi. L’autonomia di navigazione è ben generosa per il segmento, grazie alla riserva di carburante di 150 galloni. Tale capienza è prevista non tanto per i consumi della massima motorizzazione -il 232 è una barca che, paradossalmente, ha grossomodo i medesimi consumi a velocità di crociera con ciascuna delle alternative proposte da Grady White- ma per consentire battute di pesca in completa serenità anche a distanze notevoli dalla costa. La potenza non manca, se oculatamente scelta. Di certo, se si pretenderà di muovere questo piccolo “tank” con un motore da 225hp (potenza minima offerta per questo modello al suo primo lancio) si rimarrà delusi, per via di consumi esagerati in rapporto alle prestazioni ottenute. Per la verità, nel lontano 1987 il 232 veniva equipaggiato con la motorizzazione di ingresso di 1x225hp Yamaha Saltwarer Series, quindi due tempi, il che compensava di molto la carenza di cavalli, con una coppia di tutto rispetto. Se pretendete di acquistare un vecchio 232 e rimotorizzarlo, però con un motore di pari potenza ma a quattro tempi, fareste un errore che difficilmente vi perdonereste, dato il maggior peso a poppa e, soprattutto, la carenza di coppia motrice ai bassi regimi. La barca supporta fino a 2x200hp, potenza che ritengo non esagerata ma adeguata alla superficie immersa, alle geometrie di carena ed allo spirito di mezzo. Anche la soluzione con 2x150hp offrono prestazioni di qualità senza sacrificare i consumi, mentre per chi volesse rimanere sul monomotore, è altamente consigliato non optare per l’attuale motorizzazione di ingresso (1x250hp) a meno che non si scelga un motore due tempi, in grado di offrire quella coppia in più necessaria per uscire dal dislocamento in tempi non biblici con barca carica…


Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1)

Ogni barca ha la sua scia. Ci sono barche la cui scia permane come un solco duraturo nel mare del mercato, altre che vivono un successo limitato nel tempo, altre ancora che passano nel dimenticatoio come mai esistite. Poi ci sono -pochissimi- modelli che vivono una vita che sembra non doversi mai esaurire, per una serie di ragioni imputabili alle caratteristiche progettuali, ai gusti dei clienti finali, alla adattabilità rispetto allo stato dell’arte nautica. La barca oggetto di questo articolo fa parte di quest’ultima, ristrettissima schiera di fisherman sempiterni. Una barca che lascia ancora oggi, dopo tre decenni, una impronta così visibile sul mercato, non poteva mancare nel libro Fisherman Americani. Il Grady-White 232 Gulfstream ha una storia ultra-trentennale, che ha visto diverse configurazioni propulsive. Dall’entrobordo in linea d’asse all’entrofuoribordo al fuoribordo. Quest’ultima è attualmente l’unica configurazione sopravvissuta dal 1987 ad oggi. Progettualmente la barca è concepita come un classico walkaround: zona guida avanzata, protetta da ampio e solido parabrezza, passavanti incassati e protetti da battagliola, pozzetto ampio. Ciò che, di primo acchito, denota la maturità del progetto è l’assenza del tuna door: al suo posto uno specchio di poppa a tutta larghezza con falchette sagomate a trapezio, nel pieno stile dei Grady White classici. A tutti gli effetti, il solo walkaround che resiste al design moderno di G.W., oltre al 232, appunto, è il 208 Adventure, al quale ho a suo tempo dedicato un articolo apposito, tra l’altro (CLICCA QUI). La mancanza del tuna-door, dicevamo. Oggi è vista come una rinuncia vera e propria, in quanto ormai presente anche su barche di piccolo cabotaggio, finanche su barche di 21 piedi in alcuni casi. Nel caso specifico, l’area altrimenti interrotta dal varco costituito dall’assente tuna door è sfruttato con una ampia vasca del vivo/pescato a tutta larghezza, cosa non possibile…


Nuovo articolo su Pesca in Mare di giugno!

Cari amici, come ormai di consueto, anche nel numero di Giugno 2019 è presente il mio contributo a questa storica rivista cartacea. Nella rubrica Pesca&Nautica, questo mese parlo di impianti elettrici e relative beghe. Qualora vi foste persi il numero di Pesca in Mare di giugno 2019, come di consueto vi rimetto il file pdf consultabile gratuitamente del mio articolo presente in questo numero. CLICCA QUI PER SCARICARE L’INTERO ARTICOLO Non dimenticate di leggere il libro Fisherman Americani – il Libro delle Barche per la Pesca Sportiva, l’unico libro con consulenza nautica inclusa! Vi faccio presente anche l’ eBook La Barca da Pesca Perfetta- Guida Sintetica- che trovate anche su Amazon   A presto e Buona Lettura!   Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


Acquistare un fisherman nuovo: la storia del Madeira II (parte 2)

Per chi non avesse seguito la prima parte, è possibile leggerla CLICCANDO QUI. —————————— […] La trattativa fu agevolata dal fatto che sia il dealer che il cantiere Topaz volevano portare la prima barca in Europa. Una operazione spot del genere, a fronte di un margine di vendita sicuramente inferiore rispetto allo standard, sarebbe costata senz’altro meno di sostanziose campagne pubblicitarie e trasporto di una barca da destinare a showroom e fiere in giro per l’Europa. L’accordo fu siglato il 24 dicembre del 2003 (chi se lo scorda!) con l’accordo inter partes che prevedeva di mettere a disposizione del dealer la barca per esporla al successivo Salone Nautico di Genova. La configurazione fu il frutto di una serie di fattori, non ultimo quello di poter utilizzare questa barca dalla vocazione nettamente tecnica, anche per occasionali vacanze con la famiglia. Infatti, in beffa della tradizione del fisherman americano, scegliemmo di far installare una plancetta di poppa di dimensioni non esagerate per non intralciare le attività prevalenti che quella barca avrebbe visto svolgere a bordo: la pesca, ovviamente. Feci modificare la dinette in modo da avere una cuccetta pullman aggiuntiva. L’elettronica di bordo (radar, gps cartografico, fishfinder doppia frequenza) era tutta su base Furuno, della serie NavNet con 3 display, tutti master, in modo da avere ridondanza in caso di avaria di uno o due display. I tre monitor erano collegati tramite router in rete, in modo da poter scambiare dati di navigazione e waypoints da uno all’altro. Il pilota automatico dapprima non fu previsto, ma il dealer lo installò a sue spese come ricompensa dell’aver rinunciato agli unici 15 giorni in cui qui alla fossa di Bari si pescano le alalunghe… per consentirgli di esibire il Madeira II al Salone di Genova, appunto. La scelta per l’Hard-Top anziché la Tuna Tower…


Acquistare un fisherman nuovo: la storia del Madeira II (parte 1)

Il Madeira II è stato, per me, il punto di arrivo di una gavetta fatta di acquisti avventati, errori, prese di coscienza rispetto a ciò che fosse meglio o peggio per il mio modo di navigare ed intendere il mare, di sapere gestire le gioie ed i dolori della proprietà di una barca. Il Madeira II è stata anche la molla che mi ha spinto ad impegnarmi in questa attività e nella scrittura dei miei libri. In famiglia, come già raccontato nel mio libro Fisherman Americani, ha sempre aleggiato la passione per la pesca sportiva dalla barca, per cui un fisherman puro non sarebbe stato che una naturale conseguenza di anni di lavoro della famiglia e di sogni (nautici) nel cassetto. La scelta fu il risultato di una lunga cernita basata su spazi esterni ed interni, qualità costruttiva, assistenza post vendita in loco, facilità e qualità della comunicazione con il dealer e con il costruttore. Non avevamo, però, calcolato il fattore “novità”: il caso in cui, cioè, un nuovo brand avesse la volontà di entrare in Europa non essendoci mai stata. Al ventaglio di scelte, che allora prevedeva Cabo Yachts, Albemarle e Tiara Yachts, si aggiunse il brand Topaz. CHIEDO PERDONO PER LA SCARSA QUALITÀ DEL MATERIALE FOTOGRAFICO DI QUESTO ARTICOLO E DI QUELLO CHE SEGUIRÀ, POICHÉ ESTRAPOLATO DA MATERIALE CARTACEO ALTRETTANTO… SGRANATO! L’ARTIGIANALITÀ DEL PRODOTTO SI VEDEVA ANCHE DALLE BROCHURE NON PROPRIAMENTE FRUTTO DI LAVORO DI MARKETING SPINTO… 😀 Topaz io lo avevo visto solo sulle riviste di nautica americane alle quali ero abbonato, ma non ne avevo mai toccata né vista una dal vivo. Sapevo solo che era la scelta di molti charter di pesca d’altura, che nelle classifiche dei fishing tournaments era quasi sempre presente un Topaz, che fosse tra i gladiatori dell’express fisherman ma… il tutto era…


Rollio : quando pescare in deriva diventa un… twist!

PREMESSA La scienza della progettazione delle linee d’acqua è tutt’altro che perfetta. Trovare una barca che eccella in qualsiasi condizione di mare e di impiego è, per mia esperienza, IMPOSSIBILE. Detto ciò e rassegnati gli animi, affrontiamo un tema già eviscerato nel libro Fisherman Americani, ma che reputo opportuno riaffrontare soprattutto in questi primi calori estivi (e l’imminenza dell’ahimè brevissimo periodo di pesca al tonno rosso), che ci portano a desiderare una bella battuta a drifting. Chiunque abbia dimestichezza con questa tecnica sa quanto siano importanti le caratteristiche statiche di uno scafo. Vi sono modelli di fisherman americani (il cui più significativo esempio è citato ed argomentato proprio nel libro Fisherman Americani) particolarmente predisposti a soffrire il moto ondoso al traverso, in quanto il mix tra baricentro e diedro di carena le rendono estremamente “ballerine”. Parliamo di cantieri ai quali non si può certo insegnare a costruire fisherman, in quanto sono nati in questo settore. Più che altro sono progetti partoriti spesso anche trent’anni or sono, che offrono soluzioni di linee d’acqua e di allestimento che, al giorno d’oggi, subirebbero senz’altro rivisitazioni migliorative (come, appunto, detti cantieri hanno fatto sui loro attuali modelli che li sostituiscono). Le ragioni che portano un fisherman a “rollare” oltremodo sono principalmente: Il diedro di carena; La ripartizione dei pesi a bordo; Il baricentro. Sotto il primo profilo, una carena classica a V profonda (per profondo intendo a partire da un minimo di 22° di deadrise poppiera) è di per sé predisposta a rollare con mare al traverso, se non ben coadiuvata da reverse chines, da pattini e da chiglie, in alcuni casi. I reverse chines consentono di smorzare il rollio non appena lo spigolo della carena incontra l’acqua, frenandone, appunto, il movimento acceleratorio attorno al proprio asse longitudinale. I pattini, sebbene principalmente operano in navigazione…


Come sareste, voi, senza barca? Riflessioni di un convalescente.

Stavolta accantono le tematiche prettamente tecniche per dare spazio ad una riflessione. Noi diportisti, che d’inverno aneliamo al primo giorno di mare propizio per prendere il largo, ma che molto spesso ci trasciniamo con noia ed inerzia presso il cantiere, per la solita sfilza di lavori stagionali da effettuare, talvolta sottovalutiamo il grande privilegio che abbiamo: quello di poter mollare gli ormeggi. Io personalmente ci ho riflettuto parecchio, in questi giorni di malattia, tanto più che ero reduce da una latitanza dal pontile e da canne e mulinelli che è durata praticamente un anno. Latitanza che è stata per me una sorta di voler mettermi alla prova: volevo capire quanto fosse rimasto, in me, di quella viscerale passione per la pesca e per il mare. Passione che una serie di eventi mi ha fatto mettere in secondo piano, che le circostanze mi hanno portato a rimpiazzare temporaneamente con distrazioni meno impegnative, soprattutto emotivamente. Ho attribuito questo allontanamento al fatto che per troppo tempo mi sono ostinato a praticare tecniche di pesca troppo selettive, che mi hanno portato ad accumulare troppi cappotti in serie… tant’è che mi sono riproposto di alternare, appena riuscirò a varare il Baby Madeira, alle suddette tecniche, anche uscite più spensierate, fosse anche con una sfilza di sabiki attaccati alla lenza… Giusto per stemperare gli animi e ristorare lo spirito con qualche cattura, qualora i cappotti stiano nuovamente aspettando me. Ciò che ho notato, in questo lungo periodo di assenza dalla barca e dal mare, è che si è fatta in me più vivido il desiderio di ritornare al mio elemento preferito, dal di dentro e non dal bagnasciuga, però. Ho pensato a cosa accadrebbe se decidessi di vendere la mia barca, e la risposta che mi sono dato è che sopravviverei, solo con una visione un…


Portacanne ad incasso: quali e perché sceglierli

Argomento già ampiamente eviscerato sia nel libro Fisherman Americani, sia nella guida sintetica La Barca da Pesca Perfetta, lo ritengo tuttavia meritevole di ulteriore approfondimento, se non altro perché i portacanne concorrono ad “attrezzare” al meglio la barca che vogliamo debba vestirci addosso proprio nei nostri momenti di diletto preferito: quando siamo a pesca. In questa sede eviterò di digredire su tipologie speciali di portacanne che comunque il mercato ci mette a disposizione per ogni esigenza, limitandomi a parlare di quelli classici, che devono essere sempre e comunque presenti a bordo di una vera barca da pesca, e che consentono, tra l’altro, di implementarne l’attrezzamento con accessori innestabili negli stessi, per ospitare più canne o divaricarle maggiormente. Ecco perché è fondamentale che i portacanne fissi siano quanto più possibile solidi ed affidabili. Il mercato ci propone una moltitudine di tipologie e qualità di portacanne ad incasso, davvero per tutte le esigenze e tasche. Il portacanna da incasso è un elemento peculiare e dev’essere inteso come “definitivo” quando lo si acquista, poiché comporta interventi invasivi a bordo della nostra barca (fori e carotature di falchette in primis). Come già introdotto, il mercato offre varie possibilità di equipaggiare la nostra barca, ma la scelta del prodotto dipende da: categoria di imbarcazione da allestire; gravosità delle discipline alieutiche che usualmente pratichiamo e dal budget che ci siamo prefissi per questo investimento. I portacanne più a buon mercato che, peraltro, mi sento di non consigliare se non per barche molto piccole con le quali praticare dell’ “innocuo” bolentino o traina molto leggera, sono i portacanne realizzati in materiali sintetici (per lo più in nylon). Li sconsiglio principalmente perché spesso non hanno sagomature ed interasse dei fori standard, per cui dovrete forare la barca appositamente per oggetti che dureranno senz’altro molto meno rispetto a portacanna…


Articolo di Pesca in Mare di Maggio 2019!

Cari amici, come ormai di consueto, anche nel numero di Maggio 2019 è presente il mio contributo a questa storica rivista cartacea. Nella rubrica Pesca&Nautica, questo mese parlo di “Carene e Cavalli”. CLICCA QUI PER SCARICARE L’INTERO ARTICOLO Non dimenticare di leggere il libro Fisherman Americani – il Libro delle Barche per la Pesca Sportiva nonché il nuovissimo eBook La Barca da Pesca Perfetta- Guida Sintetica- A presto e Buona Lettura! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast  


Boston 190 Montauk: un classico sempre attuale

Non capita spesso, nel campo della nautica, di vedere modelli di barche resistenti ai decenni come se l’evoluzione non li riguardi minimamente. Quanto questo avviene è perché, evidentemente, il progetto è talmente perfetto, o i suoi difetti talmente amati, che non sarebbe proprio possibile eliminarli. Boston Whaler è maestra in classici senza tempo, tant’è che ha diverse menzioni nel libro Fisherman Americani, e non sarebbe potuto essere diversamente dato il rango e l’esperienza sul campo di questo storico cantiere. Che un Boston Whaler Montauk sia una barca dura, bagnata, scomoda per certi impieghi, è arcinoto. Ma andate a chiedere ai proprietari di un Montauk di cambiarla per un fisherman più confortevole, con murate alte e sicure, con carene più profonde: sarebbe come andare ad un motociclista e proporgli uno scambio della sua moto con un’auto. Il Boston 190 Montauk reinterpreta gli stilemi che hanno fatto,  di questa serie di center console , la fortuna di B.W. Murate basse ma protette da alte battagliole (optional), impianto elettrico integrato e codificato, antisdrucciolo estremamente efficace e duraturo su tutta la coperta (cosa rara perché problematica, per molti cantieri, in fase di distacco dello stampo), pescaggio ridotto per accostare in pochi cm di fondale, pur mantenendo una deadrise poppiera ragguardevole (16°), navigazione più asciutta grazie all’evoluzione della carena ad ali di gabbiano, divenuta una V profonda con talloni pronunziati rovesci; baglio sfruttabile per quasi tutta la sua estensione grazie alla sottigliezza delle murate interne. Questa compattezza delle sezioni di  murata è possibile con il metodo costruttivo di B.W., che consente di conferire rigidità strutturali proprie di costruzioni generalmente molto più “voluminose”. Di contro, con una struttura siffatta, è molto delicato operare modifiche o aggiunte di ferramente di bordo, poiché la schiumatura diviene vulnerabile in caso di forature mal fatte o non sigillate a dovere….