Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1)

Ogni barca ha la sua scia.

Ci sono barche la cui scia permane come un solco duraturo nel mare del mercato, altre che vivono un successo limitato nel tempo, altre ancora che passano nel dimenticatoio come mai esistite.

Poi ci sono -pochissimi- modelli che vivono una vita che sembra non doversi mai esaurire, per una serie di ragioni imputabili alle caratteristiche progettuali, ai gusti dei clienti finali, alla adattabilità rispetto allo stato dell’arte nautica.

La barca oggetto di questo articolo fa parte di quest’ultima, ristrettissima schiera di fisherman sempiterni. Una barca che lascia ancora oggi, dopo tre decenni, una impronta così visibile sul mercato, non poteva mancare nel libro Fisherman Americani.

Il Grady-White 232 Gulfstream ha una storia ultra-trentennale, che ha visto diverse configurazioni propulsive. Dall’entrobordo in linea d’asse all’entrofuoribordo al fuoribordo. Quest’ultima è attualmente l’unica configurazione sopravvissuta dal 1987 ad oggi.

Poppa bassa, cavallino rovescio leggermente montante verso prua e caliciatura dei masconi: il design ricalca alla perfezione gli stilemi del fisherman americano.

Progettualmente la barca è concepita come un classico walkaround: zona guida avanzata, protetta da ampio e solido parabrezza, passavanti incassati e protetti da battagliola, pozzetto ampio.

Ciò che, di primo acchito, denota la maturità del progetto è l’assenza del tuna door: al suo posto uno specchio di poppa a tutta larghezza con falchette sagomate a trapezio, nel pieno stile dei Grady White classici.

A tutti gli effetti, il solo walkaround che resiste al design moderno di G.W., oltre al 232, appunto, è il 208 Adventure, al quale ho a suo tempo dedicato un articolo apposito, tra l’altro (CLICCA QUI).

La mancanza del tuna-door, dicevamo. Oggi è vista come una rinuncia vera e propria, in quanto ormai presente anche su barche di piccolo cabotaggio, finanche su barche di 21 piedi in alcuni casi.

Pozzetto ampio e sgombro, trincarini massicci ed assenza del tuna door. Questo denota la vetustà del progetto che, tuttavia, nel 232 diventa una firma inconfondibile dell’ultimo dinosauro dei walkaround ancora in auge sul mercato dopo più di 30 anni!

Nel caso specifico, l’area altrimenti interrotta dal varco costituito dall’assente tuna door è sfruttato con una ampia vasca del vivo/pescato a tutta larghezza, cosa non possibile a pagliolo in pozzetto per ragioni di conformità alle normative dettate da USCG riguardanti i requisiti di inaffondabilità delle imbarcazioni fini a 30 piedi di lunghezza.

Come da tradizione Grady White, infatti, tutte le intercapedini libere tra scafo e coperta sono schiumate con poliuretano espanso a cellula chiusa, per garantire la galleggiabilità anche in condizioni estremamente critiche.

Il 232 si fa parzialmente perdonare la mancanza del tuna door offrendo una vasca di poppa degna di scafi di ben maggiori dimensioni.

Su una barca che resta pur sempre lunga 7.13 metri, è chiaro che gli stivaggi del pescato vadano ricavati altrove e che questi debbano comportare il sacrificio di comodità che si fanno quasi per scontate sui moderni fisherman, come appunto il tuna door.

Se da un lato questa assenza comporta un certo adattamento in talune discipline alieutiche atte ad insidiare grandi prede (si pensi all’imbarco di un tonno o di una grande ricciola dal trincarino), dall’altro assicura rigidità strutturale ed una fruibilità dell’intero perimetro interno del pozzetto in fase di combattimento, avendo a disposizione più di 5 metri lineari di cockpit bolsters sui quali scorrere con il pesce in canna…

Raro trovare la zona guida rialzata su una barca di appena 7,13 metri. Il 232 di fatto ha proporzioni del tutto lontane da qualsiasi 23 piedi, ed è in grado di offrire una vera e propria “helm station” dalla quale dominare la vista sul mare circostante e poter governare indisturbati da alcun ostacolo visivo, ma anche di ricavare ampie vasche del vivo e del pescato nelle sedute in mezzanino queste proseguono sotto le poltrone di skipper e copilota per offrire cubature di stivaggio davvero ampie).

Altra particolarità che farà storcere il naso a qualcuno, è l’adozione del bracket Grady-drive (a tutti gli effetti un Armstrong), che in linea teorica imporrebbe l’uso di canne a fusto lungo, poiché il o i motori (il 232 è ordinabile sia in motorizzazione singola che doppia) si troveranno ad una certa distanza dal punto di massima sporgenza dell’angler. Di fatto, il rischio di “stuccare” le lenze contro i motori è tutt’altro che infondato.

Ma il Gulfstream ha un’altra particolarità, che la rende davvero unica nel suo segmento: il baglio massimo.
Un 23 piedi largo 2.82 metri è introvabile sul mercato.

Una zona guida ampia quanto una barca di almeno tre piedi più lunga, su uno scafo di 7,13 metri, e senza rubare spazio al pozzetto, cuore e fulcro attorno al quale si sviluppa la ragion d’essere del Grady White 232 Gulfstream.

Per un verso questo ne esclude la scelta da parte di chi usa carrellare la propria barca (trattasi di un trasporto fuori-sagoma a norma del codice stradale italiano, per cui il limite di larghezza massima fissata per i rimorchi è di metri 2.55), d’altro canto offre una sensazione di spazio introvabile su qualsiasi altra barca di 7 metri di lunghezza. Di fatto, stazionando in pozzetto sembra di essere a bordo di un 28 piedi.

Questo rapporto particolarmente basso tra lunghezza e baglio ne fa una piattaforma stabilissima da fermo ma potenzialmente dura sull’onda che non sia affrontata con dovizia.

Il SeaV2 hull fa il suo solito, egregio lavoro, con un tagliamare molto affilato, ruota di prua di raggio amplissimo e due pattini di sostentamento che muoiono sullo spigolo dello specchio di poppa, più un reverse chine per lato in corrispondenza dei ginocchi.

Le linee tirate del Sea-V2 hull, una carena a V profonda variabile con angoli che restano molto pronunciati anche a mezza barca (30°) e ad estrema poppa (deadrise di 20°).

Ma, appunto, la ampia superficie esposta al mare è foriera di maggiori possibilità di impattarlo in maniera secca, se non adeguatamente “tagliato” di prua. L’onda traversa, infatti, è la maggiore insidia nel caso del 232 Gulfstream, che necessita quindi, come ogni barca, di essere “imparata” nei suoi comportamenti rispetto ai vari tipi di moto ondoso, ed interpretata.

Una volta preso il polso del mezzo, il 232 Gulfstream sarà la Barca definitiva per molti di coloro che potranno permettersene una. Già, perché sa nuova il 232 costa quanto un 26 piedi ben motorizzato; in più, proprio per via delle sue particolarità e della longevità del progetto, il 232 tiene il mercato dell’usato in maniera quasi “granitica”.

Un dettaglio del Grady drive.

…Continua… stay tuned!

 

PS: non dimenticare di leggere “Fisherman Americani, il libro delle barche per la pesca sportiva”:

 

A presto con la seconda parte dell’articolo dedicato a questo walkaround “vecchio stampo” e Buon Mare!

Benedetto Rutigliano

Autore di Fisherman Americani
Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”
Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook
Scrittore per la rivista Pesca in Mare
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