Come sareste, voi, senza barca? Riflessioni di un convalescente.
Stavolta accantono le tematiche prettamente tecniche per dare spazio ad una riflessione. Noi diportisti, che d’inverno aneliamo al primo giorno di mare propizio per prendere il largo, ma che molto spesso ci trasciniamo con noia ed inerzia presso il cantiere, per la solita sfilza di lavori stagionali da effettuare, talvolta sottovalutiamo il grande privilegio che abbiamo: quello di poter mollare gli ormeggi. Io personalmente ci ho riflettuto parecchio, in questi giorni di malattia, tanto più che ero reduce da una latitanza dal pontile e da canne e mulinelli che è durata praticamente un anno. Latitanza che è stata per me una sorta di voler mettermi alla prova: volevo capire quanto fosse rimasto, in me, di quella viscerale passione per la pesca e per il mare. Passione che una serie di eventi mi ha fatto mettere in secondo piano, che le circostanze mi hanno portato a rimpiazzare temporaneamente con distrazioni meno impegnative, soprattutto emotivamente. Ho attribuito questo allontanamento al fatto che per troppo tempo mi sono ostinato a praticare tecniche di pesca troppo selettive, che mi hanno portato ad accumulare troppi cappotti in serie… tant’è che mi sono riproposto di alternare, appena riuscirò a varare il Baby Madeira, alle suddette tecniche, anche uscite più spensierate, fosse anche con una sfilza di sabiki attaccati alla lenza… Giusto per stemperare gli animi e ristorare lo spirito con qualche cattura, qualora i cappotti stiano nuovamente aspettando me. Ciò che ho notato, in questo lungo periodo di assenza dalla barca e dal mare, è che si è fatta in me più vivido il desiderio di ritornare al mio elemento preferito, dal di dentro e non dal bagnasciuga, però. Ho pensato a cosa accadrebbe se decidessi di vendere la mia barca, e la risposta che mi sono dato è che sopravviverei, solo con una visione un…









