Articles by Benedetto Rutigliano

Fuoribordo diesel: che fine ha fatto?

In un periodo storico che vede le tecnologie dell’autotrazione ad un importante bivio, originato dallo scandalo del “dieselgate” da un lato, e dalle sempre più restrittive normative antinquinamento dall’altro, conosciamo un sempre crescente chiacchiericcio su progetti di motori fuoribordo alimentati a gasolio. Ciò che più alimenta il mio scetticismo è che la macchina del marketing che promuove le aziende impegnate in questo genere di progetti vada “a gettoni”; probabilmente perché lo scandalo dei taroccamenti delle emissioni dei motori diesel da autotrazione ha reso più fosco anche l’orizzonte delle unità destinate alla propulsione marina, se non altro per questioni di budget da destinare allo sviluppo tecnologico di tali motori, rivisti al ribasso, tanto più che, sin dagli albori del diporto ricreativo, molta parte della tecnologia adottata dai motori marini è direttamente ereditata da quella dei motori per trazione terrestre. È, dunque, con tutta probabilità antieconomico continuare ad investire in studi sul contenimento dei pesi, degli ingombri e sull’incremento dell’efficienza di motori destinati a più o meno imminente desuetudine e difficoltà di circolazione sulla terraferma, la cui vendita e fruibilità  sarebbe possibile solo per altri impieghi (leggi commerciale, militare e marino, appunto). ➡Anche perché  il margine di migliorabilità dell’efficienza dei motori a gasolio si è assottigliata enormemente negli ultimi 10 anni in cui lo sviluppo è stato cavalcante. A parte queste considerazioni di primo pelo, un motore diesel con due turbocompressori, intercooler, aftercooler e un sistema di trasmissione a cinghia conserva davvero l’affidabilità tipica di questo tipo di propulsori (affidabilità proverbiale almeno fino a quando erano robusti, sovradimensionati e semplici)? Quanto costoso sarà intervenire in uno spazio di certo più ristretto di un comune entrobordo installato in sala macchine, per effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria? Ormai siamo abituati a delegare alle officine ufficiali anche i normali tagliandi dei grossi fuoribordo…


Entrofuoribordo: il brutto anatroccolo?

Quanti pescasportivi valuterebbero l’entrofuoribordo come opzione propulsiva per la propria imbarcazione da pesca? POCHISSIMI C’è una reale motivazione per cui le scelte ricadono necessariamente su fuoribordo o entrobordo? A mio parere NO I motivi per cui si diserta il più delle volte il piede poppiero sono attribuibili a dubbi sull’onerosità della manutenzione e pregiudizi sulla praticità in pesca di questo genere di trasmissione. Andrò controcorrente e spero di attirare su di me una moltitudine di critiche per ciò che sto per dire, perché vorrò confutare le tesi opposte con i fatti: L’EFB è un’ottima alternativa al fuoribordo per un fisherman! Qui vi spiego le MIE ragioni: 1. L’EFB si basa su soluzioni meccaniche supercollaudate: alte cubature, nessuna sovralimentazione o altro genere di complicazioni  significano generalmente motori longevi e adatti a un utilizzo particolarmente problematico per un’unità endotermica, come la traina per molte ore a basso regime di rotazione; 2. Il motore è ALL’INTERNO dello scafo: niente pesi a sbalzo come nel caso dei grossi fuoribordo quattro tempi, baricentro contenuto ben entro la lunghezza della carena; 3. Diretta conseguenza della ragioni di cui al punto (2) la navigazione di uno scafo motorizzato EFB è migliore per tenuta di mare rispetto allo stesso scafo motorizzato FB; 4. Assenza di appendici sottoposte a forti sollecitazioni, come invece nel caso degli specchi di poppa delle imbarcazioni motorizzate FB; 5. Grande efficienza e performance: con le eliche controrotanti di tipo DuoProp o Bravo III si ottimizza al massimo la forza propulsiva e si raggiungono percorrenze che nulla hanno da invidiare ai moderni FB 4T; 6. Maggiori comfort ed efficienza in traina veloce rispetto ai FB: un EFB monta generalmente eliche più grandi e con passo maggiore rispetto a un FB di pari potenza, per cui a velocità tipiche della traina d’altura (6-8 nodi) quest’ultimo girerà a…


Bow flare: vezzo stilistico o serve davvero?

Vi sarà certamente capitato di rimanere affascinati dalle linee sinuose di un fisherman prodotto negli Stati Uniti orientali, con cavallino rovescio marcato ed esagerata caliciatura del mascone. Il primo pensiero che viene in mente a un pescasportivo alla vista di quelle forme è: “ma quanto è figa questa barca…” Tali linee di scafo, in effetti, rievocano mari impervi e onde potenti e ciò acuisce l’accezione più avventuriera degli sportfisherman, nell’immaginario comune considerati come veri e propri DESTRIERI DEL MARE E’ innegabile il maggior appeal di un custom fisherman  del North Carolina rispetto alle linee più… “nostrane” di un cabinato costruito in Europa. In verità queste linee apparentemente estreme hanno una loro ragion d’essere e non potrebbe essere altrimenti, dato che il cantiere costruttore sa benissimo che, a parità di dimensioni, un flare estremizzato significa ridotti volumi sottocoperta A mero titolo di paragone, si pensi che un express di quaranta piedi costruito con tali crismi stilistici ha un’abitabilità paragonabile a quella di una barca di trentacinque piedi con geometrie di scafo tradizionali. A riguardo di ciò, il costruttore si trova dinanzi a una scelta: sposare la volontà di una fascia di clienti più ampia e meno orientata all’utilizzo esclusivamente alieutico del mezzo, piuttosto che essere fedeli alla tradizione del fisherman old school e distinguersi in una nicchia di fabbricanti di barche di dominio più ristretto, ma che vadano incontro a una specifica richiesta del cliente: UN FISHERMAN SENZA COMPROMESSI Ma analizziamo, ora, la funzione della caliciatura prodiera. La concavità e la divergenza delle murate servono a deflettere quanto più possibile l’acqua tagliata affrontando i marosi di prua o di mascone, evitando di “annaffiare” sistematicamente la zona comandi che, tra l’altro, è molto spesso è priva di parabrezza su scafi di stanza nei caldi porti del sud est degli States. Ma non…


Eliche di manovra: complemento alla dotazione o indizio di un PROGETTO ERRATO?

Sempre più spesso constato gli effetti (sulle preferenze di acquisto)  di una vera e propria invasione di bow thrusters e stern thrusters (eliche di manovra di prua e di poppa), anche a bordo di barche orientate alla pesca sportiva. Non esiste, effettivamente, legge che vieti l’installazione di tali dispositivi di ausilio alla manovra a bordo di un fisherman… Tuttavia, quella che nel mio immaginario è sempre stata una tipologia di  BARCA VOTATA ALL’ ESSENZIALE, in ossequio al detto marinaro che recita che  “ciò che non c’è non si rompe”, vede la presenza sempre più massiccia di eliche di prua ed eliche di poppa. Qualche interrogativo sulle ragioni che portino i cantieri a montare tali dispositivi su un fisherman o presunto tale, nasce spontaneo (almeno a me): 1. Li installano per ragioni commerciali?      (Dotazione più ricca= barca più completa e più appetibile) 2. Li installano per agevolare i diportisti alle prime armi? 3. O le installano per arginare un E R R O R E  PROGETTUALE? Le due domande possono trovare risposta semplicemente constatando che, effettivamente, il mercato ci abbia abituato e in un certo senso assuefatto all’idea che ormai IL SUPERFLUO SIA IRRINUNCIABILE soprattutto se parliamo di beni voluttuari come le barche; analogamente, sempre più diportisti novizi si avvicinano al mondo della nautica specialistica del fisherman proprio per la passione per la pesca sportiva che li accompagna sin da giovani, per cui è plausibile che possa essere utile un ausilio alla manovra per il conducente alle prime armi, in spazi ristretti, soprattutto se la barca è monomotore e questi frequenta nei mesi estivi le affollate marine di mezza Italia. Ciò che tuttavia mi preoccupa maggiormente quando, durante le  consulenze o la redazione dei miei Fisherman’s Report, analizzo un fisherman (o considerato tale) è il seguente interrogativo: qual è il vero motivo…


Un dipinto in… carena!

Quando si tratta di insidiare grandi pelagici, la fantasia è sempre prolifica, soprattutto dove il fisherman è una tradizione consolidata della nautica da diporto: gli Stati Uniti d’America. È proprio da qui che, per l’ennesima volta, proviene un espediente per adescare la curiosità e l’aggressività dei predatori, ben noto a chi fa charter di pesca per professione. È stato provato, infatti, che dipingere branchi di pesci o cefalopodi in carena durante la posa dell’antivegetativa può incrementare gli incontri! È uno stratagemma, tra l’altro, molto utilizzato da chi è solito partecipare a importanti tornei di pesca d’altura americani. Se lo si fa evidentemente funziona. Cionondimeno, accanto a questa leggenda, che però ha molto di empirico, vi è il “credo” secondo cui alcune forme di carena siano più “catchy” (adescanti, o pescose) di altre, se abbinate a questo artistico stratagemma. In particolare pare che gli scafi con pattini idrodinamici che non siano a tutta lunghezza, rendendo meglio visibile il “dipinto”, siano più efficaci di altre. Ma questa non è l’unica discriminante che renderebbe una barca generalmente più catturante di altri. Già, in U.S.A. pare proprio che alle imbarcazioni si affibbino proprietà adescanti come fossero esche artificiali e, data l’esperienza sul campo, c’è da credervi… Come già detto, infine, le forme di carena non sono l’unico fattore che influenza tali “proprietà” alieutiche del mezzo nautico. Entrano in gioco emissioni sonore generate dai motori installati, dal tipo di scarichi e molto altro… Per saperne di più su questo o su qualsiasi altro punto inerente la tua prossima barca da pesca, scrivimi compilando il FORM CONTATTI. Non dimenticare di leggere il libro Fisherman Americani, che affronta ogni tematica inerente il fantastico mondo delle barche da pesca sportiva. Puoi acquistarlo CLICCANDO QUI. Se ti aggrada di più una guida sintetica da portare con te sul tablet o smartphone,…


Sedia da combattimento: dove e perchè

La ragione che Ti porta all’idea di acquistare un fisherman, nuovo o usato che sia, non è probabilmente quello di insidiare grandi pesci, almeno inizialmente. Tuttavia, visto che l’appetito vien mangiando, è quasi scontato che anche in Te nascerà il tarlo del big game al tonno gigante. D’altronde, quale miglior coronamento per una barca nata per la pesca sportiva, della cattura di un pesce simbolo di questa attività? Le moderne attrezzature consentono di combattere in stand-up tonni di oltre 100kg, ovviando alla mancanza della sedia da combattimento, per anni retaggio dei temerari che sfidavano la potenza questi treni del mare con attrezzature sovradimensionate, scelta obbligata dal peso dei materiali e dalle tecnologie di costruzione delle canne dell’epoca. È vero, d’altronde, che da vent’anni a questa parte e fino a poco meno di un lustro fa, l’ipersfruttamento degli stock ittici della pesca professionale aveva ridotto il tonno rosso quasi al pericolo di estinzione, almeno nelle acque circostanti la nostra Penisola. Non che oggi siano ritornati in gran forza i giganti solitari che riempiono le memorie dei pionieri del big game in Italia, epoche nelle quali tonni di tre quintali erano tanto frequenti da indurre chi volesse provare l’ebbrezza di uno strike a installare trespoli e sedie sulla propria barca, anche di ridotte dimensioni, ma per lo meno non è più così raro incrociare esemplari superiori al quintale, pezzatura in grado di mettere alla prova le abilità del pescasportivo. Ricordo quando mio padre una sera, una trentina di anni fa -nel periodo in cui la febbre da “gigante” qui nel basso Adriatico contagiava chiunque si cimentasse con canne e mulinelli- portò a casa una canna da sedia in vetroresina con manico in legno, da 130 libbre, in coppia con un mulinello (con frizione a stella) del peso di svariati kg. Il solo…


Nuove propulsioni e Pesca Sportiva: le Eliche Traenti (IPS)

Quando parliamo di fisherman americani, siamo soliti pensare a barche motorizzate con unità entrobordo in linea d’asse o, al più, con motori fuoribordo o con piedi poppieri. (Di questo, tra l’altro, si parla esaustivamente nel libro “Fisherman Americani” da poco pubblicato) La nautica dei giorni nostri ha conosciuto, tuttavia, la ribalta di una tecnologia propulsiva che promette (e il più delle volte mantiene) economie di esercizio al di là di qualunque trasmissione “tradizionale”: la trasmissione Volvo-Penta IPS. La trasmissione ad eliche traenti era una novità per la nautica da diporto fino a qualche anno fa, ma di fatto una tecnologia già consolidata ed ereditata dall’ingegneria navale, che unisce a doti di manovrabilità elevate una riduzione di consumi di carburante rispetto alla linea d’asse e agli altre tipologie tradizionali di trasmissione. Nella nautica “ricreativa” i vantaggi che offre IPS sono tanti, a cominciare dalla possibilità di spostare lo scafo millimetricamente  in spazi ridotti, anche con forte vento al traverso, dato l’ampio raggio di movimento dei piedi. La sincronizzazione dei piedi, inoltre, mediante un sistema a “joystick” e un sistema di posizionamento satellitare (denominato Dynamic Positioning in casa Volvo-Penta), permette di mantenere la barca su un punto esatto superando la necessità di ancorarsi, operazione che, tra l’altro, notoriamente tende a fare ruotare lo scafo attorno al punto di ancoraggio in forza delle correnti e dei cambi di direzione del vento. Fin qui le premesse sono lusinghiere: tanta tecnologia utile, almeno sulla carta… Se fossi il diportista novellino di quindici anni fa, probabilmente il giorno dopo la presentazione dell’ IPS con lo “Sportfish Mode” (modalità di manovra degli IPS sviluppato in collaborazione con alcuni cantieri costruttori di barche da pesca del North Carolina), sarei corso a valutare la rimotorizzazione del Madeira II con questi prodigiosi piedi. Tuttavia, l’esperienza mi ha insegnato a meditare… soprattutto…


-CHECK-LIST- Cosa è? A cosa serve?

Probabilmente avrai già sentito parlare del “Fisherman’s Report”, il dossier completo ideato per il pescasportivo che sappia già su quale particolare modello di barca da pesca orientarsi, ma che voglia conoscerlo più a fondo e, soprattutto, voglia avere la certezza che l’esemplare che sta valutando per l’acquisto non nasconda vizi occulti o difetti non rilevabili a prima vista. All’interno del Fisherman’s Report è presente un capitolo, chiamato “Check-List”, che costituisce la vera utilità dell’intero dossier. La Check-List è l’unico documento sul mercato che illustra, sia per via testuale che per via fotografica, ogni dettaglio suscettibile di difettosità conclamata o potenziale di barca e motori, gli eventuali richiami del cantiere costruttore e gli eventuali problemi segnalati da altri proprietari sullo stesso modello di imbarcazione.  La Check-List, dunque, ha tre importanti funzioni: 1) la possibilità di verificare in prima persona lo stato di salute della barca che ti accingi ad acquistare, SENZA DOVER RICORRERE A UN COSTOSO PERITO NAUTICO. 2) costituisce un ottimo STRUMENTO DI CONTRATTAZIONE, in quanto sarà possibile avere un’idea dei costi ulteriori da sostenere per le riparazioni, oltre quello da sopportare per acquistare la barca e, di conseguenza, avere valide argomentazioni per trattare il prezzo con il venditore. 3) ti farà capire prima che tu abbia effettuato la spesa, se stai acquistando la barca giusta o stai per gettare il tuo denaro per una barca destinata a riservarti molte noie e ben poche soddisfazioni. L’intero Fisherman’s Report, completo di Check-List, è un vero e proprio fascicolo di diverse decine di pagine che ti consentirà di prendere consapevolezza di COME TU STIA PER SPENDERE I TUOI SOLDI. Il mio ruolo, sia con il sito web che con i prodotti che offro, è quello di aprirti gli occhi nelle fasi cruciali della scelta della barca, fasi notoriamente dominate dall’istinto, che rende ciechi…


Gabbiani ed inverno: come evito che la mia barca diventi il loro WC…

Chi ama pescare nelle fosche e quiete giornate che talvolta l’inverno ci regala, conosce bene l’inconveniente “aereo” a cui la propria barca è sottoposta… Mantenere pulita la barca, tra l’altro, si rende più problematico d’inverno, quando bagnarsi le mani con l’acqua gelida  e combattere con le “necessità fisiologiche” degli amici gabbiani diventa impresa ardua.  Il gelcoat, così come le plastiche dei tendalini, sono parti facilmente intaccabili dall’acidità del guano ed è preferibile adottare degli stratagemmi per tenere lontano quanto possibile questi vivaci e talvolta sfacciati abitanti delle nostre banchine, soprattutto nei giorni di burrasca, quando i ridossi dei pontili offrono un valido riparo. Senza contare che è sempre meglio tenere lontani questi graziosi pennuti, poiché rimuovere i loro bisogni richiederà l’impiego di detergenti molto aggressivi che, a loro volta, potrebbero compromettere la lucentezza delle superfici della nostra barca… A meno che non usiate prodotti all’uopo ideati che preservino la lucentezza delle superfici e, cosa di estrema importanza, che siano biodegradabili, come lo Starbrite Bird&Spider Stain Remover   Dunque, la tradizione ci insegna che, agghindando le sovrastrutture della barca con cavi e bandelle di plastica sventolanti, si riuscirà a compromettere il volo dei gabbiani nell’immediata prossimità della coperta del nostro mezzo.   Fino a che non si accorgono che possono tranquillamente stazionarvi al di sotto o tra un cavetto e l’altro… Una soluzione sostitutiva delle “innocenti” bandelle neutre è costituita da questo nastro con effetto caleidoscopico, i cui riflessi tengono alla larga (fino ad un certo punto) i nostri amici di mangianze dal perimetro della nostra povera barca.   Nella mia zona i gabbiani, da novembre a gennaio, si nutrono di olive… Vi lascio ben immaginare come si ridurrebbe la mia barchetta se non escogitassi un qualche rimedio per ridurre il disagio anzidetto! Personalmente ho trovato molto valide, ma soprattutto pratiche, alcune “giostrine” reperibili su moltishop online nautici. Pratiche perché, quando…


Elettronica di bordo: tradizione Vs innovazione.

Imprescindibile ausilio alla nostre giornate di pesca, l’elettronica di bordo merita, nella scelta, cura almeno pari a quella che dedichiamo alla selezione della nostra attrezzatura. Anzi, di più!… Con una canna e un mulinello economici, se abbiamo “buon manico” potremo salpare anche prede di un certa importanza o, alle brutte, cambiarli se la loro azione non ci convince. Non che l’elettronica non si possa cambiare, ma ciò comporta indubbie complicazioni e, soprattutto, costi ben più pesanti. Per tale motivo è fondamentale focalizzare l’attenzione su quali strumenti installare, soprattutto se i display verranno incassati (soluzione a mio parere definitiva e più salubre, per gli strumenti stessi ma anche per i cablaggi di alimentazione, che resteranno sempre protetti all’asciutto e al riparo dai raggi del sole). Ovviamente per incassarli, dovrete avere lo spazio necessario in plancia e questo non è mai scontato* Praticare gli scassi in plancia a misura degli strumenti che si andranno a montare, infatti, è un’operazione irreversibile, a meno di creare mascherine che richiudano le aperture nel caso in quelli sostitutivi degli originali siano di altra forma e di differenti dimensioni. In mare non è affatto indispensabile farsi prendere dalla frenesia  di  “inseguire” sempre l’ultimo ritrovato, soprattutto perché, molto spesso, le innovazioni pubblicizzate non apportano reali benefici alla nostra azione di pesca ma soddisfano solo il nostro capriccio di avere lo strumento aggiornato e, magari, più “colorato”. Un buon ecoscandaglio doppia frequenza con display LCD e trasduttore in bronzo è più che sufficiente ed efficiente, e renderà superfluo sostituirlo con uno dei moderni e scenografici 3D che, al di là della suggestiva visuale tridimensionale e l’ indubbia chiarezza rappresentativa del fondo, non ci riempirà il pozzetto di prede, se sul gps non avremo memorizzato le poste giuste… Personalmente per quanto riguarda l’ecoscandaglio, riconosco di essere forse un po’ “old…