Fuoribordo diesel: che fine ha fatto?

In un periodo storico che vede le tecnologie dell’autotrazione ad un importante bivio, originato dallo scandalo del “dieselgate” da un lato, e dalle sempre più restrittive normative antinquinamento dall’altro, conosciamo un sempre crescente chiacchiericcio su progetti di motori fuoribordo alimentati a gasolio.


Ciò che più alimenta il mio scetticismo è che la macchina del marketing che promuove le aziende impegnate in questo genere di progetti vada “a gettoni”; probabilmente perché lo scandalo dei taroccamenti delle emissioni dei motori diesel da autotrazione ha reso più fosco anche l’orizzonte delle unità destinate alla propulsione marina, se non altro per questioni di budget da destinare allo sviluppo tecnologico di tali motori, rivisti al ribasso, tanto più che, sin dagli albori del diporto ricreativo, molta parte della tecnologia adottata dai motori marini è direttamente ereditata da quella dei motori per trazione terrestre.

È, dunque, con tutta probabilità antieconomico continuare ad investire in studi sul contenimento dei pesi, degli ingombri e sull’incremento dell’efficienza di motori destinati a più o meno imminente desuetudine e difficoltà di circolazione sulla terraferma, la cui vendita e fruibilità  sarebbe possibile solo per altri impieghi (leggi commerciale, militare e marino, appunto).

➡Anche perché  il margine di migliorabilità dell’efficienza dei motori a gasolio si è assottigliata enormemente negli ultimi 10 anni in cui lo sviluppo è stato cavalcante.

A parte queste considerazioni di primo pelo, un motore diesel con due turbocompressori, intercooler, aftercooler e un sistema di trasmissione a cinghia conserva davvero l’affidabilità tipica di questo tipo di propulsori (affidabilità proverbiale almeno fino a quando erano robusti, sovradimensionati e semplici)?
Quanto costoso sarà intervenire in uno spazio di certo più ristretto di un comune entrobordo installato in sala macchine, per effettuare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria?
Ormai siamo abituati a delegare alle officine ufficiali anche i normali tagliandi dei grossi fuoribordo benzina, più che altro per ragioni di vincoli di garanzia, quindi non sorprenderebbe che tali operazioni non possano essere eseguite in prima persona su questi “nuovi” motori; tuttavia la mia personale visione è che

tutto quanto sia destinato a solcare o ad essere bagnato dall’acqua salata dev’ essere il più semplice e “intervenibile” possibile,

anche e possibilmente da parte del diportista in prima persona, per consentire di ridurre al minimo le permanenze in mare conseguenti ad un’avaria.

Probabilmente il mio modo di concepire il mezzo nautico è antidiluviano e baratta l’opportunità di navigare con maggiore efficienza e minori consumi per una semplicità che, raramente, grazie all’affidabilità delle moderne propulsioni, ci sarà utile.

Non dimenticherò mai, però, il proverbio che mio nonno mi ripeteva ogni volta che passavamo in rassegna i controlli di rito a bordo prima di un’uscita in altura:

“per mare non ci sono taverne”

È il caso di ricordarselo ogni volta che subiamo il fascino di soluzioni avveniristiche e super-raffinate che promettono grossi risparmi di costi di esercizio.

Si sa, ad un vantaggio corrisponde sempre una rinuncia, e quando la rinuncia ricade sull’affidabilità del nostro unico appiglio in pieno mare, c’è da pensarci un po’ più di quando si sceglie l’auto nuova. In altura non si può accostare la barca al guard rail e chiedere soccorso con lo smartphone…

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Buona lettura e Buon Mare!

Dr. Benedetto Rutigliano
Autore del libro Fisherman Americani
Autore del libro Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)
Autore dell’eBook La Barca da Pesca Perfetta
Scrittore per la rivista Pesca in Mare
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