traina d’altura

I fisherman che (forse) non conoscevi

Mi piaccono i vecchi fisherman. Quelli spartani ma non rustici, sobrii ma non scarni, duri come il marmo. Quelli che “ciò che non c’è, non si rompe” e che “ciò che c’è, è ben fatto”. Mi piacciono quegli scafi che, quando li vedi in una foto picchettati da chissà quanti anni sui mattoni, ti vien voglia di perderci denari e mesi della tua vita per riportarli ai vecchi fasti, perché se fossero al pontile, avrebbero tanto da insegnare a molte delle moderne “signorine carenate” che si fregiano dell’appellativo di “fisherman” e poi si perdono tra orpelli e delicatezze varie. Io, di mio, in tal senso ho già dato… e mi è andata pure male (CLICCA QUI). Ma non escludo di ripetere l’avventura, chissà che non mi vada bene, stavolta. Il mio libro è pregno di esempi classici di fisherman che io considero le colonne portanti dell’odierna nautica specialistica per la pesca sportiva. In questo articolo citerò modelli che in Fisherman Americani non figurano, per darvi ulteriori nozioni a complemento delle linee guida ivi presenti. Avevate mai sentito parlare, ad esempio, di North Coast? E’ il cantiere dal quale Blackfin acquistò gli stampi per costruire il suo 31 Combi. North Coast, così come tanti cantieri nautici americani nati per passione, ha un vissuto societario travagliato, fatto di crisi di liquidità, difficoltà nel pagare i fornitori, chiusure, riaperture. Una caratteristica, però, è sempre stata comune ad ogni scafo North Coast: la qualità costruttiva. Anche nei momenti di maggiori difficoltà, quando il cantiere commissionava la costruzione all’esterno, si affidava a cantieri di comprovata affidabilità (leggi Phoenix, del quale parlo in QUESTO ARTICOLO). La carena di North Coast era estremamente aggressiva: una V profonda senza compromessi. Una deadrise poppiera di 23 gradi (!!) su un 31 piedi è pressoché introvabile. Le barche North Coast erano…


Fisherman e FUORIBORDO : where are we going?

E’ vero che questo è un argomento trito e ritrito (anche nel mio libro, se a qualcuno fosse sfuggito…:-) ) ma oggi voglio buttare giù qualche numero per vedere se è utile dare sempre tutto per scontato, quando una variabile cambia. La variabile di oggi si chiama “lunghezza f.t.“, ed i risultati sono tutt’altro che scontati! Un tempo… …si sceglieva il FUORIBORDO per le seguenti ragioni: – Immediatezza di utilizzo; – Economia di gestione; – Semplicità ed economicità di rimotorizzazione. Oggi le ragioni per cui sceglierlo sono rimaste le medesime, ma solo finché ci manteniamo su scafi entro i 30 piedi di lunghezza f.t. Con questo articolo voglio mettere in discussione una minima parte delle considerazioni che questo argomento-diatriba metterebbe, in teoria, sul piatto. Tuttavia servirebbe un libro dedicato a questo tema per eviscerarle a dovere. Il mercato ci sta letteralmente inondando di mega-center console fino a 65’ di lunghezza (ad oggi, non sappiamo se domani verrà varato un 70, un 80 od un 100 piedi…) , con una rastrelliera di fuoribordo che in alcuni arriva ai 6 (SEI) unità appese sullo specchio di poppa. È evidente che le ragioni sopra esposte perdono ogni fondamento in questi ultimi casi. Ma personalmente non ricorrerei a questi esempi estremi per evidenziare l’incoerenza della scelta del FB a partire da determinate dimensioni in poi: mi basta prendere in esame una coppia di barche di medesimo cabotaggio, una motorizzata FB, l’altra EBD. Esempio: Grady White 370 Express Vs Albemarle 360 Express. La prima motorizzata con 3x425cv Yamaha fuoribordo, la seconda con 2x575cv Cat entrobordo diesel. Senza troppi giri filosofici, andiamo ad analizzare i consumi di carburante: la velocità di crociera ottimale per il Grady è di 29.8MPH a 3400 giri/min, regime  al quale la barca registra un consumo di 32.5gal/h, che corrisponde a 0,9…


Davis 61: un sogno americano in Italia

Un tramonto come tanti a Capo di Santa Maria di Leuca, passeggio sul lungomare e tappa obbligata al porto turistico, dove i miei occhi erano alla costante ricerca di torri e divergenti tra la miriade di tendalini e gusci bianchi variamente dondolanti, che ben poco sapevano di mare e molto di salotto parcheggiato… Ogni estate che passavo in Salento era (ed è) sin da bambino, una nuova occasione per ammirare da vicino qualche fisherman in transito. Delle mie tante passeggiate agostane al porto turistico di Leuca ne ricordo una in particolare, perché si materializzò, in lontananza, la visione di una sagoma che avevo visto solo sui numeri di Power and Motoryacht e sull’allora in voga rivista italiana Motonautica. Su quest’ultima la foto di un Davis 61 si estendeva per quattro pagine sistemate a portafoglio… e quando le dispiegavo mi ci perdevo in ogni dettaglio di quel miraggio… In banchina, sul pontile più esterno destinato alle barche in transito, c’era un Buddy Davis 21. Il nome inciso sullo specchio di poppa ligneo con lettere in foglia oro lucido era “Americana” In questo articolo parlo di Americana, perché ora il primo sportfishing yacht che abbia mai visto è in vendita, dopo oltre quindici anni sotto le cure maniacali del suo proprietario, oggi passato ad una barca più grande, sempre un Davis, tra l’altro! Appena giunto davanti alla barca, fui investito da un odore di teak e mogano che ricordavano catture di marlin in pieno Oceano anche se non ne ho mai fatte. Quell’odore parlava e sapeva di buono… Ricordo che mio padre e mia madre rimasero seduti al bar della darsena, ed io e mia sorella (allora poco più che ragazzini) ci facemmo avanti con un inglese da terza liceo, per salutare e chiedere ai due ragazzoni dell’equipaggio (americani anche loro) se…


Uniesse Marine 54 Fly: un’italiana dal dna americano

Oggi parlo di una barca di nicchia, costruita da un cantiere, udite udite, italiano, per giunta in un certo senso elitario. Non perché non vi siano sul mercato cantieri che costruiscano barche ancor più lussuose e tecnologiche, ma perché esso è conosciuto maggiormente da quella schiera di diportisti esigenti che non vogliono rinunciare ad un mezzo “marino”, pur nell’estrema cura del dettaglio e delle rifiniture… e che hanno anche la passione per la pesca. Uniesse Marine è un cantiere dalle radici italiane ma dal cuore a stelle e strisce. Dalla matita di Fred Hudson (lo stesso Hudson che ha disegnato svariati modelli per Hatteras e Bertram) nascevano, a partire dalla fine degli anni ottanta, scafi dall’indole fisherman che non potevo lasciare nel dimenticatoio perché, di fatto, meritano molta considerazione per qualità realizzativa ed attualità dei progetti. Tanto più che oggi il mercato offre diversi esemplari di fisherman Uniesse Marine a prezzi molto, molto appetibili. Dopo mesi di ricerca, in regione e fuori, è accaduto che, durante uno dei miei caffè estivi in quel di Gallipoli scorgessi un bell’esemplare di Uniesse 54 Fly. Dopo aver visitato la barca ed averla “toccata con mano”, ho avuto un dejavu: ho rivissuto quella stessa sensazione di ammirazione per le linee pure, tirate con grazia a filo di bottazzo, che provavo durante le mie primissime visite d’infanzia al Salone Nautico di Genova, quando ero ancora guidato da mio padre, che mi ci portava per mano. L’Uniesse 54 è, a mio parere, ancora oggi un riferimento di come la classe italiana sia capace -quando ne abbiamo la volontà- di reinterpretare con stile e raffinatezza i dettami di un particolare oggetto, che sia un accessorio d’abbigliamento od una barca. La linea esterna è sobria ed elegante come un abito sartoriale. La finestratura fume’ coronata dalle feritoie brune…


Hatteras 52 Convertible: classe marmorea per pesca e crociera

Ci sono barche che solcano i mari ed i cuori dei pescasportivi d’altura alla stessa stregua. Barche il cui merito principale è far capire anche al diportista ricreativo e crocierista che un fisherman non necessariamente trova la sua ragion d’essere con canne e mulinelli in mano, ma anche semplicemente se si voglia vivere il mare in sicurezza ed a bordo di un mezzo ogni-tempo e… senza tempo. N.B.- Se cercate sfarzo, cromature e paillettes in uno yacht, questa barca non fa per voi. Dedico questo articolo ad un fisherman che ha riscosso un grande successo negli USA: Hatteras 52 Convertible Le sue linee  appaiono quasi tagliate con l’accetta agli occhi del diportista avvezzo dalle sinuosità dei moderni yacht da crociera. Per chi ama i fisherman, invece, queste sono le linee di una fuoriclasse e fuorimoda perché da questa ne è completamente scevra. L’Hatteras 52 Convertible  nasceva dichiaratamente come sportfisherman. Prova ne sono le sue caratteristiche  estetiche e funzionali , fondanti per la categoria: ⁃ Cavallino rovescio digradante da prua a poppa con un taglio netto, ad appiattirsi a partire da un terzo di lunghezza fino ad estrema poppa; ⁃ Pozzetto immenso e completamene sgombro; ⁃ Carena dalle doti marine proverbiali; ⁃ Motorizzazione generosa per l’epoca; – Grande autonomia; ⁃ Come ogni Convertible tradizionale, guida solo sul flybridge e sulla opzionale tuna tower. Tracciate le linee dogmatiche del 52 Convertible, occorre scendere nel merito di questo bisonte del mare. A cominciare dalla costruzione , estremamente ridondante. Laminato pieno (anzi, pienissimo…) ovviamente stratificato a mano per l’opera viva; sandwich con anima in balsa per fiancate e coperta. Gli spessori di vetroresina sono sovrabbondanti (26mm in carena, ad es.) e le strutture in sandwich non hanno dato che rarissimi riscontri riguardo l’insorgenza di problemi di umidità od osmosi, anche dopo 40 e più…


Cabo Yachts: il ritorno

Abbiamo già parlato di questo glorioso nome della produzione americana di fisherman, in QUESTO ARTICOLO E’ sicuramente noto a molti di voi che, prima che il marchio entrasse sotto l’egida di Hatteras Yachts, avesse sospeso la produzione nel 2013, per ragioni imputabili al deterioramento della salute finanziaria e societaria. Cabo ha un posto privilegiato nel mio cuore -e nella mia penna… per chi ha già letto il libro Fisherman Americani– Per merito e per forza della Proprietà dello storico cantiere del North Carolina, che ha saputo riconoscere il grande valore del marchio californiano andato in momentanea malora, vediamo da qualche mese il primo esemplare di Cabo made-in-Hatteras. Di fatto, i distretti produttivi di Cabo Yachts hanno abbandonato la sede originaria in pieno deserto della California -Adelanto, per trasferirsi nella fabbrica di New Bern in N.C., appunto. Il primo esemplare della rinata Cabo è un 41 Express, con stilemi costruttivi che ricalcano i vecchi scafi del cantiere per quanto concerne la qualità realizzativa (high-tier a tutti gli effetti). Dal punto di vista della tecnologia costruttiva, qui vediamo applicata l’avanguardia della tradizione nautica, con stratificazione a mano di VTR in laminato pieno per l’opera viva, in sandwich di PVC a cellula chiusa incapsulato per le murate e la coperta. -> Tutti gli arredi sottocoperta sono imbullonati e resinati allo scafo per creare un manufatto praticamente monolitico, esente da vibrazioni e possibilità di allascamento anche dopo molti anni di navigazione. Ma soprattutto: NON C’E’ OMBRA DI LEGNO DI BALSA SU QUESTO CABO 41. Chi associa il nome Cabo a barche robustissime, supe rifinite ma altrettanto rumorose, stavolta avrà di che soffermarsi sugli sforzi del cantiere per abbattere questa caratteristica degli express fisherman tradizionali. Hatteras ha profuso e trasferito tutta la sua conoscenza in materia di comfort a bordo proprio sul Cabo 41, introducendo…


Seaswirl Striper 2101 WA : un generoso, piccolo fisherman tuttofare.

Il mercato USA dei fisherman offre prodotti per tutte le tasche ed esigenze, o quasi. Ci sono cantieri di produzione “entry-level” ed altri che si pongono a cavallo tra il segmento medio (categoria Bayliner Trophy, Angler , Sea Pro, per esempio) e quello premium (Boston Whaler, Grady White, Regulator, ecc…) Seaswirl si pone proprio in questo segmento ibrido, in quanto la sua produzione ha offerto, in passato, sempre prodotti costruiti con elevati standard di ripetibilità tipici dell’alta produzione di serie, ma allestiti in modo essenziale (con alcune economie) a serie equipaggiate con hardware e rifiniture tipiche del segmento premium. Naturalmente, la differenza si notava a listino. Un Seaswirl 2101WA “standard” costava, a parità di motorizzazione, circa il 15% in meno rispetto alla corrispondente “Limited Edition”, versione premium, appunto, di casa Seaswirl, che tra il 2006 ed il 2009 ha offerto per ogni suo modello. La mia personale scelta per la seconda barca di famiglia è ricaduta proprio su un Seaswirl Striper 2101WA Limited Edition. Ho scelto un walkaround, ancora una volta, per le ragioni già spiegate nel mio libro Fisherman Americani, ma anche perché un ricovero seppur minimale in mare fa sempre comodo, anche a poche centinaia di metri dal porto. La scelta del cantiere proviene dalla mia precedente esperienza con uno Striper 1851 WA, che mi ha dato la possibilità di testare “sulla mia pelle” le qualità che conoscevo per parola degli amici americani. La scelta del modello è stata una scelta quasi obbligata, date le esigenze della compagine femminile della famiglia che richiedeva uno spazio da adibire occasionalmente a prendisole, oltre che un’area sottocoperta non claustrofobia per cambiarsi e per stivare le vettovaglie. Il 2101 WA ridisegnato (è stato riprogettato completamente nel 2006) è, di fatto, un 2301 “tagliato”: infatti, a fronte di una lunghezza fuori tutto di…


Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 2)

Segue… (Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1) Una barca per tutto, o quasi. L’autonomia di navigazione è ben generosa per il segmento, grazie alla riserva di carburante di 150 galloni. Tale capienza è prevista non tanto per i consumi della massima motorizzazione -il 232 è una barca che, paradossalmente, ha grossomodo i medesimi consumi a velocità di crociera con ciascuna delle alternative proposte da Grady White- ma per consentire battute di pesca in completa serenità anche a distanze notevoli dalla costa. La potenza non manca, se oculatamente scelta. Di certo, se si pretenderà di muovere questo piccolo “tank” con un motore da 225hp (potenza minima offerta per questo modello al suo primo lancio) si rimarrà delusi, per via di consumi esagerati in rapporto alle prestazioni ottenute. Per la verità, nel lontano 1987 il 232 veniva equipaggiato con la motorizzazione di ingresso di 1x225hp Yamaha Saltwarer Series, quindi due tempi, il che compensava di molto la carenza di cavalli, con una coppia di tutto rispetto. Se pretendete di acquistare un vecchio 232 e rimotorizzarlo, però con un motore di pari potenza ma a quattro tempi, fareste un errore che difficilmente vi perdonereste, dato il maggior peso a poppa e, soprattutto, la carenza di coppia motrice ai bassi regimi. La barca supporta fino a 2x200hp, potenza che ritengo non esagerata ma adeguata alla superficie immersa, alle geometrie di carena ed allo spirito di mezzo. Anche la soluzione con 2x150hp offrono prestazioni di qualità senza sacrificare i consumi, mentre per chi volesse rimanere sul monomotore, è altamente consigliato non optare per l’attuale motorizzazione di ingresso (1x250hp) a meno che non si scelga un motore due tempi, in grado di offrire quella coppia in più necessaria per uscire dal dislocamento in tempi non biblici con barca carica…


Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1)

Ogni barca ha la sua scia. Ci sono barche la cui scia permane come un solco duraturo nel mare del mercato, altre che vivono un successo limitato nel tempo, altre ancora che passano nel dimenticatoio come mai esistite. Poi ci sono -pochissimi- modelli che vivono una vita che sembra non doversi mai esaurire, per una serie di ragioni imputabili alle caratteristiche progettuali, ai gusti dei clienti finali, alla adattabilità rispetto allo stato dell’arte nautica. La barca oggetto di questo articolo fa parte di quest’ultima, ristrettissima schiera di fisherman sempiterni. Una barca che lascia ancora oggi, dopo tre decenni, una impronta così visibile sul mercato, non poteva mancare nel libro Fisherman Americani. Il Grady-White 232 Gulfstream ha una storia ultra-trentennale, che ha visto diverse configurazioni propulsive. Dall’entrobordo in linea d’asse all’entrofuoribordo al fuoribordo. Quest’ultima è attualmente l’unica configurazione sopravvissuta dal 1987 ad oggi. Progettualmente la barca è concepita come un classico walkaround: zona guida avanzata, protetta da ampio e solido parabrezza, passavanti incassati e protetti da battagliola, pozzetto ampio. Ciò che, di primo acchito, denota la maturità del progetto è l’assenza del tuna door: al suo posto uno specchio di poppa a tutta larghezza con falchette sagomate a trapezio, nel pieno stile dei Grady White classici. A tutti gli effetti, il solo walkaround che resiste al design moderno di G.W., oltre al 232, appunto, è il 208 Adventure, al quale ho a suo tempo dedicato un articolo apposito, tra l’altro (CLICCA QUI). La mancanza del tuna-door, dicevamo. Oggi è vista come una rinuncia vera e propria, in quanto ormai presente anche su barche di piccolo cabotaggio, finanche su barche di 21 piedi in alcuni casi. Nel caso specifico, l’area altrimenti interrotta dal varco costituito dall’assente tuna door è sfruttato con una ampia vasca del vivo/pescato a tutta larghezza, cosa non possibile…


Acquistare un fisherman nuovo: la storia del Madeira II (parte 1)

Il Madeira II è stato, per me, il punto di arrivo di una gavetta fatta di acquisti avventati, errori, prese di coscienza rispetto a ciò che fosse meglio o peggio per il mio modo di navigare ed intendere il mare, di sapere gestire le gioie ed i dolori della proprietà di una barca. Il Madeira II è stata anche la molla che mi ha spinto ad impegnarmi in questa attività e nella scrittura dei miei libri. In famiglia, come già raccontato nel mio libro Fisherman Americani, ha sempre aleggiato la passione per la pesca sportiva dalla barca, per cui un fisherman puro non sarebbe stato che una naturale conseguenza di anni di lavoro della famiglia e di sogni (nautici) nel cassetto. La scelta fu il risultato di una lunga cernita basata su spazi esterni ed interni, qualità costruttiva, assistenza post vendita in loco, facilità e qualità della comunicazione con il dealer e con il costruttore. Non avevamo, però, calcolato il fattore “novità”: il caso in cui, cioè, un nuovo brand avesse la volontà di entrare in Europa non essendoci mai stata. Al ventaglio di scelte, che allora prevedeva Cabo Yachts, Albemarle e Tiara Yachts, si aggiunse il brand Topaz. CHIEDO PERDONO PER LA SCARSA QUALITÀ DEL MATERIALE FOTOGRAFICO DI QUESTO ARTICOLO E DI QUELLO CHE SEGUIRÀ, POICHÉ ESTRAPOLATO DA MATERIALE CARTACEO ALTRETTANTO… SGRANATO! L’ARTIGIANALITÀ DEL PRODOTTO SI VEDEVA ANCHE DALLE BROCHURE NON PROPRIAMENTE FRUTTO DI LAVORO DI MARKETING SPINTO… 😀 Topaz io lo avevo visto solo sulle riviste di nautica americane alle quali ero abbonato, ma non ne avevo mai toccata né vista una dal vivo. Sapevo solo che era la scelta di molti charter di pesca d’altura, che nelle classifiche dei fishing tournaments era quasi sempre presente un Topaz, che fosse tra i gladiatori dell’express fisherman ma… il tutto era…