barche usate

Problemi di assetto sulle barche usate e come risolverli – una consulenza di FISHERMAN AMERICANI –

La nautica americana è piena di esempi di barche con assetto appoppato. Quando si compra una barca americana usata si da spesso per scontato che il marchio di rango ci tenga al riparo da cattive sorprese. Non è così, in quanto ogni barca ha una storia a sé che non ci è dato conoscere. Nell’immaginario di chiunque la barca da pesca naviga con la prua protesa verso il cielo ed il pozzetto quasi interamente coperto dall’onda di planata… Molti loghi stilizzano tale immagine eloquentemente e fotografano essenzialmente ciò che gli americani spesso ricercano progettualmente, sui propri fisherman. Un angolo di inclinazione di 3°-5° è fisiologico per un fisherman entrobordo, nonché “salutare”, poiché riduce enormemente la possibilità di ingavonamento con mare alto di poppa, e garantisce una costante pressione sulle sezioni poppiere della carena, assicurando che le eliche lavorino ad una profondità adeguata, garantendo continuità di spinta ed esorcizzando le eventualità di cavitazione. Non è frequente che una barca, invece, soprattutto se motorizzata entrobordo, soffra di assetto con prua troppo bassa sull’acqua. Se poi ciò accade su una barca nota per navigare evidentemente appoppata, qualcosa non quadra. Questo articolo nasce proprio da una mia recente esperienza di consulenza su un fisherman americano dei primi anni 90. Il cliente lamentava un assetto eccessivamente appruato. Come procedere, in questi casi? In questi casi divido la consulenza in due FASI: una ACQUISITORIA ed una PRATICA. Nella FASE ACQUISITORIA  mi occupo di raccogliere tutte le informazioni a me utili per conoscere a fondo la barca, e per consentirmi di fare le opportune verifiche a bordo. Per fare ciò, ove lo ritenga necessario, mi avvalgo di contatti nazionali e statunitensi, con i quali mi confronto per poter ricostruire al meglio la storia dello specifico scafo. In questo caso la fase acquisitoria ha comportato circa una settimana di…


Intrepid 407 Panacea: l’attidudine CRUISING di una barca nata per pescare

A.A.A. QUESTO ARTICOLO E’ VOLUTAMENTE DIVISO IN DUE PUNTATE In questa sede affronterò l’aspetto crocieristico, data la polivalenza di questo modello; nel prossimo, le attitudini inerenti la pesca sportiva. Non sono solito lasciarmi affascinare da barche di dimensioni medio-grandi motorizzate fuoribordo. Il motivo principale è che uno scafo che può facilmente arrivare a pesare oltre quindici tonnellate necessita della coppia ai bassi regimi tipici dei motori turbodiesel, che siano quindi in grado di muovere eliche dal passo e diametro importanti per garantire performance adeguate. Questo articolo fa eccezione. E c’è un motivo anche a questa eccezione: ci sono cantieri che hanno dato la loro vita per disegnare carene fatte per i motori fuoribordo, per realizzare scafi con un grado di attenzione al dettaglio ed ai materiali raro: insomma, per donare al mondo della nautica da diporto oggetti destinare a durare molto, molto a lungo. Chi “bazzica” l’ambiente dei fisherman americani da un po’ di anni si sarà certamente imbattuto, una volta nella vita, nel marchio che sto per presentare tramite un suo modello di punta lanciato da poco tempo: INTREPID POWERBOATS La barca sulla quale mi soffermo oggi è denominata 407 Panacea, la cui coperta colpisce subito per la sua pratica originalità. E’ infatti riduttivo chiamarla CENTER CONSOLE, così come risulta poco adeguato annoverarla tra i WALKAROUND. Siamo, piuttosto, dinanzi ad un compromesso, che raccoglie i pregi dell’uno e dell’altro. Del CC eredita la completa libertà di movimento per tutta la coperta, con un piano di calpestio perfettamente contiguo e livellato da estrema poppa fino a prua. Del WA, invece, mutua la presenza di una tuga, qui sapientemente destinata ad area conviviale. La tuga cela una area sottocoperta, che prevede una dinette trasformabile in un letto queen size, cucina completa di frigorigero, piano in corian con lavabo e forno a…


Barca su carrello o su taccate: ci sono rischi?

Il bello di avere una barca carrellabile è quello di poterla trasportare con relativa facilità su strada, magari per portarla al seguito quando si va in ferie. Il tutto, senza avere la complicazione di disporre di una scorta per il rimorchio, con conseguenti lungaggini burocratiche e conseguenze economiche nell’organizzazione del trasporto. Tuttavia, l’azione del trasporto di uno scafo su di un carrello stradale pone potenziali e spesso sconosciuti rischi strutturali, che poi possono ripercuotersi sulla sicurezza in mare e sulle performance della barca stessa. Per carrellare una barca è opportuno conoscere bene il suo “stringer system”, cioè il reticolo di rinforzi interni allo scafo, composto di longheroni, madieri e relative fazzolettature, che rendono alcune zone dello stesso più resistenti a forze pressorie di rulli e supporti, soprattutto quando, durante il trasferimento, la barca sarà sottoposta alle sollecitazioni conseguenti alle irregolarità ed asperità del manto stradale. In più, è fondamentale che il carrello sia dimensionato adeguatamente rispetto alla lunghezza dello scafo poiché, se gli sbalzi rispetto all’ultimo punto di appoggio del carrello a contatto con la carena sono eccessivi, potrebbero verificarsi addirittura deformazioni dei piani di carena! Quanto sopra detto può verificarsi anche sulle imbarcazioni invernate in secca su taccate, e la probabilità di deformazione (cd. hull hooking) sale quanto più tempo lo scafo stazionerà sulle taccate stesse. Solitamente l’hull hook è irreversibile, se non con interventi spesso molto invasivi ed onerosi tesi a tentare di riconferire ai piani di carena la sua forma originaria. L’effetto più evidente dell’ hull hooking è un assetto deviato (in senso trasversale o longitudinale) che si accentua all’aumentare della velocità. Per tale motivo, prima di acquistare una barca usata è necessario acquisire quante più informazioni possibile in merito alla sua storia pregressa. Le conseguenze di trasporti errati o spericolati su carrello o di mesi di stazionamento…


Scegliere una barca da pesca usata: ecco come lo faccio io.

Quando ci si avvicina al mercato dell’usato ed una barca cattura la nostra attenzione, l’errore più grosso che possiamo compiere è farci ACCECARE dall’idea di avere uno scafo blasonato spendendoci pochi quattrini. (cit. FISHERMAN AMERICANI) I fisherman di rango, si sa, mantengono molto bene il loro valore ed un’offerta “fuori dal coro” come richiesta di prezzo deve indurre ad analisi più approfondite del solito. Per esempio, la motorizzazione. Generalmente una propulsione di potenza limitata ci fa apparire la barca più “a misura d’uomo” e quindi ci fa essere molto propensi all’acquisto. Tuttavia gran parte delle carene d’oltreoceano sono molto esigenti da questo punto di vista ed un motore da 150 cv , montato su una barca che gestirebbe tranquillamente il doppio della potenza, potrebbe aver subito stress non da poco e presentare un’usura meccanica molto superiore rispetto al caso in cui quella barca fosse motorizzata con un motore più potente. In sostanza, acquistare una barca modestamente motorizzata a buon prezzo, può nascondere una imminente ulteriore spesa per lavori di manutenzione straordinaria sul motore quando non, addirittura, per la sua sostituzione. In seconda analisi, la strumentazione elettronica. Non sono un fan dell’elettronica spinta e non sono alla frenetica ricerca dell’ultimo ritrovato della tecnologia dei fishfinders o dei gps cartografrici ma, quando cambio barca, mi rendo conto se la strumentazione installata sulla barca che mi interessa sia ancora in produzione o, per lo meno, se ricambi, cablaggi, cartucce della cartografia e relativi aggiornamenti siano ancora disponibili senza fare voli pindarici sul web o chissà dove. Se la strumentazione montata non soddisfa questi basilari requisiti, nella negoziazione del prezzo dovrò necessariamente incorporare la spesa che sosterrò per sostituirla. Uno sguardo anche all’impiantistica. Nel corso degli anni e con l’avvicendarsi dei vari proprietari, una barca usata può subire diversi interventi che mirano ad adattare la barca alle esigenze dell’armatore….


Consulenza e Barche da Pesca Sportiva: una riflessione ed un invito

Se il mio obiettivo, sin dal principio di questa mia iniziativa nel settore che più amo, fosse meramente quello di lucrare sulle scelte dei diportisti a prescindere dalle conseguenze del mio operato sulle loro sorti, la mia bacheca ed il mio sito web sarebbero pregni di elogi sfacciati a questo o quel cantiere nautico o di altro genere di azioni di sponsorizzazione. Invece ho scelto la via meno esplorata, almeno nel campo nautico,  nonché la più ostica: quella dell’avvocato del diavolo. Il mio interesse principale è DIRE LE COSE COME STANNO DAVVERO, correndo persino il rischio di esser preso per uccello del malaugurio, o per colui che spegne gli entusiasmi di chi sogna di solcare i mari con questa o quella barca. Ebbene, nella mia esperienza di diportista e di perito nautico non mi sono mai imbattuto in una figura di consulente nautico imparziale ed indipendente, ma la consulenza stessa era incorporata nel più grande “pacchetto” della vendita marketizzata. In poche parole, un po’ come quando si entra in concessionaria, il venditore Vi propone ciò che è disponibile nel parco prodotti della Casa, e GIAMMAI vi dirà che, magari, la barca che tanto ha attirato la Vostra attenzione è poco adatta all’ impiego che vorrete farne, perché all’orizzonte il Vostro entusiasmo si traduce, per l’operatore commerciale, in un imminente contratto di vendita. D’altronde è giusto che sia così, in quanto l’ambito commerciale ha obiettivi spesso diversi rispetto a quello consulenziale. Sarebbe ottimale, tuttavia, che l’ambito commerciale e quello consulenziale “navighino” in parallelo ed all’unisono, per poter migliorare la qualità dell’esperienza del diportista. Tale esperienza sarà massima solo se si sarà riusciti a guidare la voglia di nautica del diportista o aspirante tale, verso una scelta SENSATA e CORRETTA, orientata ad esaudire le sue aspettative e adeguata al modo in cui questi intenderà vivere…


“Una nave in porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite” -Cit.

La citazione di Bhutto sembra quasi scritta per noi, amanti del mare aperto ed esposti ai voleri degli elementi di Madre Natura. Per noi che, più di ogni altra categoria di diportisti, necessitiamo di una barca affidabile, che non tema il mare avverso, che non ci dia il patema che, alla prima onda presa male, ci lasci con la strumentazione in blackout o con chissà quale altra avaria. Chi usa la barca per la pesca sportiva deve rinunciare a qualche accessorio velleitario a favore della semplicità. Sopratutto, è necessario che quanto presente sia fatto con l’obiettivo di durare e di RESISTERE.  QUELLO CHE NON C’È, NON SI ROMPE. Perché è la sobrietà è ciò che rende BELLO un vero fisherman! Ma come riconosco un VERO FISHERMAN? Me lo sono chiesto per 30 anni. Dopo batoste, delusioni, belle esperienze e fregature, avevo il personale bisogno di raccogliere i miei tanti frammenti di vita passati a bordo di barche mie, di amici, di conoscenti che mi chiedevano supporto. L’ho fatto in un libro che si chiama FISHERMAN AMERICANI. Un libro che non è la tesi di laurea di un laureando in ingegneria navale. E’ semplicemente il raccoglitore di ciò che qualsiasi pescatore sportivo come me si chiederebbe nel momento in cui decidesse di cercare e comprare la sua barca da pesca ideale. A cosa servono mancorrenti tubolari dal diametro esagerato ma in avional, anziché di sezione ridotta ma in acciaio inox? A cosa servono tendalini spessi quasi quanto il battistrada di un pneumatico? L’ho capito solo con il tempo e SBAGLIANDO. Ti serve tempo per apprezzare ciò che dai per scontato sia condannato alla rovina nel giro di pochi anni. Questo libro ha la funzione di risparmiarti errori che ho già compiuto io. Se vuoi evitare di spendere tempo e denaro su…


Ricambi introvabili e come cercarli

Se possedete una barca di diversi anni or sono, probabilmente vi sarà capitato di avere la necessità di sostituire ricambi o particolari che sembra impossibile reperire sul mercato. Le alternative sono tre: Riprodurli su campione; Sostituirli con pezzi che svolgano le stesse funzioni, modificando la sede di montaggio degli stessi a bordo; Affidarsi a chi ha esperienza in questo. Ma la prima opzione è percorribile solo se: il campione è integro e/o in condizioni di essere smontato dalla barca senza andare in frantumi; Il costo di produzione non esuberi il costo di rimpiazzo con un pezzo compatibile, apportando le opportune modifiche alla barca. Ovviamente, l’opzione di sostituzione con un pezzo non originale è l’ultima da percorrere, per ovvie ragioni di rispetto dell’originalità della barca stessa. Per esempio, l’ultimo cliente che ho aiutato necessitava di una particolare guarnizione del parabrezza della sua barca americana, componente non reperibile fra i cataloghi degli shop nautici di tutta Europa. Si è rivolto a me perché potessi rintracciare, attraverso una ricostruzione a ritroso, il produttore originario di quel particolare profilo di gomma. Pur trattandosi di una semplice guarnizione, è necessario che questa sia dello stesso identico profilo di quella vecchia, per avere la giusta tenuta e per non causare intrusione di acqua nei profili. Interpellando la casa madre, entrando negli archivi di produzione dell’esemplare specifico e scartabellando le varie commesse di componenti all’epoca acquistate per costruirla, sono riuscito a risalire ad un’azienda di estrusione semi-artigianale del North Carolina che produceva tale guarnizione. Siccome il lavoro investigativo non poteva essere così semplice… ho poi scoperto che questa guarnizione è stata dismessa dalla produzione da circa un decennio! Il motivo è che i parabrezza attuali di questo cantiere sono carenati esternamente, escludendo la necessità di copri-feritoie, che oggi sono incapsulate! Dunque, per riavviare una produzione su richiesta…


A tutta bitta!

La bitta, elemento della ferramenta di bordo sempre dato per scontato, è il termometro della dovizia progettuale di una barca. Quante volte vi capita di dover sostituire le cime di ormeggio perché usurate anzitempo? La ragione principe il più delle volte è proprio l’errata disposizione di passacavi (quando presenti) e di un posizionamento e profilazione errati della bitta stessa! La presenza dei passacavi è auspicabile ovunque le bitte di poppa siano disposte all’interno delle murate. Essi devono avere profili interni smussati e spessore tale da non strozzare le cime di ormeggio in trazione. Una bitta ben costruita ha profili morbidi, che consentono alle cime volte a raggio non troppo stretto. Allo stesso tempo la bitta deve avere un’altezza sufficiente ad accogliere almeno due volte di cime adeguatamente dimensionate al peso della barca. Spesso capita di vedere, su barche indirizzate ad “arti” pragmatiche come la pesca sportiva, soluzioni stilistiche che mal conciliano la praticità e la durata. Per esempio le bitte a scomparsa mal posizionate o mal profilate. Le colonne mobili di una bitta a scomparsa, sottoposte a particolari stress di tensione causate da forti risacche all’ormeggio, ad esempio, possono subire deformazioni che le bloccano o le fanno ruotare in modo tale da impedirne il collassamento in posizione di riposo. Tali danni possono pregiudicare anche la tenuta della bitta stessa. Ragion per cui, invece di una bitta a scomparsa di bassa qualità è preferibile una meno costosa e più robusta bitta tradizionale, ben posizionata in modo da sopportare qualsiasi tipo di stress tensionale e strutturale. Prima di acquistare una barca, soffermati anche su dettagli apparentemente trascurabili. Se vorrai un consulto professionale su questo ed altri particolari che fanno di una barca un progetto duraturo o inaffidabile, scrivimi compilando il FORM CONTATTI. Non dimenticare, infine, di leggere l’ebook La Barca da Pesca Perfetta ed…


Come non farsi “pescare” dal fisherman sbagliato?

Argomento dai confini indefiniti, quello della scelta della propria barca, che si perde tra chiacchiere da bar e brochures sfavillanti. E questa è teoria. Per superare un esame, però, occorre anche la pratica. Di pratico, invero, il più delle volte c’è poco o nulla nelle fasi di scelta fai-da-te della barca. La barca è senza ombra di dubbio un oggetto anche emotivo, soprattutto se trattasi di un mezzo di carattere come un fisherman. Proprio il fattore emotivo, tuttavia, potrebbe essere una trappola che può indurvi a COMPRARE MALE. Soprattutto considerando che “la barca non è mai un buon investimento” (Cit. Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca -ed una per farlo-) Perché la prima preda di un fisherman non ha pinne, ma braccia e gambe… Siamo noi la prima preda imbarcata dalla nostra stessa barca. Tutto sta nel non farsi “pescare” da quella sbagliata per le nostre esigenze. Quando chiedo ad un cliente perché voglia quel determinato modello di barca, le risposte che non vorrei sentirmi riferire sono: “Perché è bellissima”; “Perché ha tutto”; “Perché è diesel” (sostituibile con “perché consuma poco”); “Perché ha X posti letto e il piano cottura in pozzetto”… ed altre risposte di questo tipo. Prese singolarmente, tali risposte costituiscono vere e proprie “bucce di banana” sulle quali scivolare verso l’acquisto errato. Prese in combinazione, invece, in aggiunta ad altri moltissimi fattori, esse creeranno il mix perfetto per avere nitido, davanti agli occhi, il profilo di BARCA PERFETTA (a proposito… c’è l’ eBook …) Designato il profilo corretto, lo si potrà sovrapporre alle offerte del mercato, per individuare le barche che meglio combacino con le caratteristiche del profilo. La verità è sempre nel mezzo: soppesare, cioè, ognuna delle caratteristiche che deve avere la vostra prossima barca, senza trascurarne nessuna a favore di un’altra. Nel corso delle mie consulenze,infatti, valuto ogni singolo elemento: sia ciò che serve, sia…


Albemarle 242 C.C. : un piccolo fisherman con un grande carattere

Questo è l’articolo giusto per chi voglia un center console tutta sostanza, senza fronzoli e dove ogni componente, costruito per durare, accompagni la barca vita natural durante. Questo è l’articolo per chi voglia avere tra le mani un pezzo di progettazione navale e di tradizione nautica americana, senza dover necessariamente investire grosse somme di denaro. Se dovessi paragonare la barca in oggetto ad un’auto egualmente longeva e ben fatta, mi verrebbe di compararla ad una Mercedes-Benz W124. Naturalmente, questo non significa che qui, come in ogni progetto di umana concezione, non vi sia la minima ombra di difetti o di dettagli perfezionabili. Significa invece che, nel bilancio dei pro e dei contro, nel caso di questa barca il risultato è incontestabilmente positivo. E questa è già un’ottima base di partenza… Analizzandola da prua a poppa, nell’ordine possiamo evidenziare le seguenti peculiarità: I cuscini per le ginocchia percorrono l’intero perimetro interno dell’area calpestabile, sono costruiti con vinile solido con cuciture sicure e scevre da strappi anche dopo molti anni di mare; Le battagliole, di rara robustezza, sono saldate in un unico pezzo e non assemblate con raccordi e tubolari a settori; inoltre, tutte le piastre di bordo sono fissate con controdadi di fissaggio e piastre resinate al supporto in vetroresina, per un manufatto praticamente MONOLITICO; Il calpestio è quasi completamente piatto, a tutto vantaggio della percorribilità in fasi delicate come in combattimento con grosse prede; Le falchette sono ampie e rifinite in antisdrucciolo diamantato molto efficace; Il pozzetto, compatibilmente con le esigenze di layout imposte dalla motorizzazione entrobordo jackshaft, è ampio e razionalmente concepito. Le vasche del vivo e del pescato sono molto ben fatte e capienti: in particolare, le gavonature di prua e quelle ricavate nello specchio di poppa trovano pochi rivali in center console concorrenti di pari cabotaggio, in…