Se dovessi paragonare la barca in oggetto ad un’auto egualmente longeva e ben fatta, mi verrebbe di compararla ad una Mercedes-Benz W124.
- I cuscini per le ginocchia percorrono l’intero perimetro interno dell’area calpestabile, sono costruiti con vinile solido con cuciture sicure e scevre da strappi anche dopo molti anni di mare;
- Le battagliole, di rara robustezza, sono saldate in un unico pezzo e non assemblate con raccordi e tubolari a settori; inoltre, tutte le piastre di bordo sono fissate con controdadi di fissaggio e piastre resinate al supporto in vetroresina, per un manufatto praticamente MONOLITICO;
- Il calpestio è quasi completamente piatto, a tutto vantaggio della percorribilità in fasi delicate come in combattimento con grosse prede;
- Le falchette sono ampie e rifinite in antisdrucciolo diamantato molto efficace;
- Il pozzetto, compatibilmente con le esigenze di layout imposte dalla motorizzazione entrobordo jackshaft, è ampio e razionalmente concepito.
- Le vasche del vivo e del pescato sono molto ben fatte e capienti: in particolare, le gavonature di prua e quelle ricavate nello specchio di poppa trovano pochi rivali in center console concorrenti di pari cabotaggio, in termini di capacità.
- La console comandi è sobria ed in grado di ospitare comodamente l’elettronica di bordo in vani protetti, senza dover accatastare i display in spazi ridotti. In più, un box è ricavato nella parte sottostante il t-top, utile per i vhf, lo stereo o l’alloggiamento di un display radar.

Il calpestio è piatto da prua a poppa, a vantaggio della percorribilità in fasi concitate come durante un combattimento o la raffiatura di una preda.

Notare la zona guida, asservita da un solido divanetto dal quale sono ben raggiungibili i tubolari del t-top.
La carena è il pezzo forte di questa barca: una V profonda da prua a poppa, dapprima mutuata dalla storica firma di Don Aronow; poi, verso fine anni ‘90, ridisegnata da Albemarle, ma conservando la filosofia di design delle linee d’acqua del famoso progettista e pilota di imbarcazioni off-shore.
In tal modo si ottiene un assetto sempre “piantato” in acqua, appoppato quanto basta per garantire una navigazione asciutta e la possibilità di effettuare virate strette senza il benché minimo timore di destabilizzare la barca.

La prua presenta un’area rialzata adibita a stivaggio di dotazioni ed attrezzature per la pesca, ivi incluse le canne, riponibili per intero dato il notevole sviluppo in profondità dei gavoni.
- Altezza del mascone: lo stile “rocket” di questa barca, tipica, tra l’altro, dei gloriosi Bertram, Blackfin e di diversi altri storici marchi di fisherman degli anni ‘70-‘80, se da un lato consente di non innalzare eccessivamente il baricentro, dall’altro porge il fianco a qualche schizzo di troppo in caso di navigazione con mare mosso di poppa o al giardinetto, o con vento contrario. Pecca peraltro ben ridimensionabile prendendo dimestichezza con il trim del piede e con i flaps;
- Collocazione del motore: caratteristica che ho esaltato poche righe prima, per una questione di bilanciamento statico e dinamico dei pesi a bordo sempre perfetto; ma questa può essere un difetto per chi abbia necessità di un ricovero seppur minimo in console: su questa barca, infatti, il locale toilette non può esserci perché al suo posto vi è proprio il motore;
- Assenza di tuna door: nei progetti attuali dei center console di medio-piccole dimensioni un’apertura è spesso prevista sullo specchio di poppa: su questa barca l’imbarco delle prede va effettuato a braccia. C’è di buono il ridotto sviluppo verticale delle falchette al giardinetto in pozzetto, comunque, che consente di affacciarsi raggiungendo agevolmente il pelo d’acqua con le mani, essendo possibile addirittura immergerle, per i più alti di statura.

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