Perché la potenza, in mare, non è mai troppa?
In mare, si sa, la potenza non è mai troppa (cit. Fisherman Americani) Non certamente perché abbiamo talmente tanto spazio a disposizione da permetterci di smanettare alla velocità più alta che il nostro mezzo ci permetta, quando ci paia e piaccia. Chi naviga da anni sa, infatti, che la velocità di punta è un valore nel 99% delle nostre uscite di diportisti/pescasportivi SUPERFLUO, perché le occasioni in cui potremo toccarla si conteranno sulle dita di una mano. Ciò che conta, invece, è saper mantenere velocità di crociera medie o medio-basse senza doversi misurare continuamente in entrate in planata e perdite della stessa per colpa di coppia carente dei motori. È importante, quindi, che la barca raggiunga la planata a velocità molto basse e che riesca a mantenersi in planata a velocità ancora inferiori alla prima. Perché? Nel primo caso (velocità di entrata in planata) avrà importanza predominante il valore di POTENZA, nel secondo (velocità minima di tenuta della planata) quello di COPPIA e, conseguentemente, il dimensionamento delle eliche. Le eliche, in mare, svolgono lo stesso ruolo del battistrada degli pneumatici sulle autovetture: quello di trasmettere il moto. Un’elica di grande diametro e passo importante è come un pneumatico di sezione generosa su un’auto: essa conferisce alla barca grande capacità propulsiva, ma se non è mossa da un motore adeguatamente potente e “robusto”, non farà altro che fare soffrire quest’ultimo e regalarvi andature da gondola. Un po’ come pensare di montare pneumatici 285/45-18 sotto una Fiat 500… Purtroppo o per fortuna, eliche importanti richiedono potenza e coppia per essere mosse, ma garantiscono costanza di avanzamento in termini di velocità, soprattutto con barca carica e mare avverso. Un mare con molta corrente e moto ondoso potente assorbe una quantità di potenza inimmaginabile, ed uno scafo non adeguatamente motorizzato potrebbe addirittura non riuscire…









