fisherman americani

L’autunno porta consiglio (e nuove barche usate)

Archiviata l’estate, cominciano i primi grattacapi sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie (ahimè) da effettuare sulle nostre barche. C’è chi ha potuto trascorrere, più o meno senza noie, vacanze a bordo in serenità, chi invece ha patito un fermo barca a causa di un’avaria dell’ultimo minuto, cose che, tra l’altro, accadono sempre sul più bello, magari giusto il giorno prima di mollare gli ormeggi per il trasferimento nella località di vacanza… Tra chi è estenuato ed un po’ deluso dal decorso delle tanto agognate vacanze, e chi, pur soddisfatto, ha maturato l’idea di una barca migliore per le proprie mutate esigenze, il mercato da settembre in poi subisce sempre un ricorsivo riapprovvigionamento di forze “nuove”, anche se non è tutto oro quello che luccica. In questo torna utile la figura del consulente nautico, che grazie ad un metodo di ricerca, selezione ed analisi, riesce a discernere gli specchietti per allodole da opportunità obiettivamente appetibili per il cliente. Il Percorso di Consulenza Pre-Acquisto è un lavoro di team, un team composto da due player: il professionista ed il cliente. Da una parte la competenza e lo spirito di analisi oggettivo ed astratto da emotività ed impulsività, dall’altra l’esigenza ed i gusti personali, dunque il fattore soggettivo, creeranno assieme il mix giusto per ottenere una “barca target” da portare a casa al giusto prezzo, destinata a rimanere con noi per diverse stagioni, con la consapevolezza di poterla impiegare al meglio per la pesca sportiva, piuttosto che per il diporto con la famiglia o amici. Qualunque sia l’impiego della vostra futura barca usata, è essenziale che tale impiego avvenga in piena sicurezza. Infatti, l’acquisto di una barca usata non è solo una questione di stile, di dotazioni, di potenza installata, di consumi, di posti letto, ma soprattutto di poter navigare in sicurezza e di…


Il marchio è un valore aggiunto, non una garanzia

E se vi dicessi che la maggior percentuale di problemi strutturali vengono rilevati proprio su barche blasonate, ci credereste? La ragione di questo paradosso è molto semplice: le barche “di marca” si comprano il più delle volte senza far analisi di sorta, poiché si considera il brand noto come una garanzia. Ma la realtà è che il tempo e gli elementi naturali lavorano incessantemente giorno dopo giorno su qualsiasi struttura a contatto con il mare, ivi inclusi gli scafi di cantieri noti per la qualità delle loro costruzioni. L’istinto del diportista porta ad affrettarsi all’acquisto del fisherman tanto desiderato, nel timore di perdere quello che sembra un affare, o che qualcun altro si insinui nella trattativa e se lo accaparri. In questo trambusto di emozioni ed ansie, ciò che si evita sono quelle che spesso si considerano “perdite di tempo”, cioè PERIZIE, SOPRALLUOGHI, ISPEZIONI. Accade, dunque, di comprare a scatola chiusa barche di costo anche molto rilevante, che nascondono problematiche ancora più costose da risolvere.  Ecco perché il mercato propone spesso barche che, ad intermittenza, appaiono e scompaiono dagli annunci. Con ciò non voglio assolutamente insinuare che tutte le barche che passano di mano in mano nell’arco di poco tempo nascondano difetti o avarie gravi e costose da riparare, ma di certo questo può essere un campanello di allarme che dovrebbe indurci a far periziare la barca, poiché, al contrario, potrebbe nascondersi un vero affare. Ma nel caso non lo fosse, con una perizia od un sopralluogo avreste comunque risparmiato un bel po’ di denari da impiegare su una barca realmente sana. Ecco il perché della mia insistenza sul sensibilizzare i diportisti verso dispositivi di assicurazione dell’investimento nautico, quali perizie e sopralluoghi di fatto sono. Acquistare è un attimo; avere una barca usata realmente sana ed efficiente è cosa molto…


Il consulente nautico non serve a niente

Solitamente, quando si fa una nuova esperienza, che sia lavorativa piuttosto che di diletto, si tende ad affiancarsi a qualcuno che possa esserci in qualche modo da guida. Questo soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi. Nella nautica avviene l’esatto contrario: si parte da soli, si persevera nella scelta autonoma di barche che si pensa idonee per se stessi, salvo poi accorgerci che ci piace fare con la barca anche altro, ed è lì che rivalutiamo la bontà dell’agire da soli. Spesso mi capita di parlare con persone che mi contattano per chiedermi semplicemente se io abbia “a disposizione” questa o quella barca da pesca. In questi casi (la maggior parte, per la verità) mi riesce difficile, se non impossibile, spiegare perché non ho barche disponibili. Una ragione è prettamente legale e professionale: non sono né commerciante di barche, né broker. L’altra ragione è incomprensibile a coloro i quali, nuovi del settore nautico, mi chiedano la disponibilità di una barca che magari hanno visto in copertina di qualche mio articolo di blog: sono consulente nautico e perito. Ma cosa fa un consulente nautico? Per prima cosa, ascolta il cliente. Ma molto spesso il cliente ha fretta di andare a mare, e vuole direttamente acquistare;Seleziona: anche in questo caso, questa funzione sembra alquanto inutile, in quanto si pensa che i canali di ricerca del consulente siano gli stessi che si possono utilizzare in autonomia.Esamina: pregi, difetti dei vari modelli selezionati, modo di navigare, accoppiamento con la motorizzazione degli esemplari specifici individuati, ecc… Ma in fin dei conti sono valutazioni che si possono fare anche da sé;Parla con il venditore: lo ascolta, fa delle domande strategiche per capire lo storico della barca, le abitudini di utilizzo e di manutenzione del proprietario, per carpire eventuali ambiguità nel suo racconto;Fornisce servizi che servono…


Il Mare è immutabile; la nautica no.

Prendo spunto da alcune considerazioni tratte da un libro che sto leggendo, di Emanuele Severino, sul tema del ricordo. Egli sostiene che il ricordo è un eterno, appena dietro l’angolo dell’oblio e, come ogni altra cosa passata, attende l’inevitabile, ovvero che giunga il tempo opportuno per rigirar l’angolo e tutto intero rifarsi innanzi, in me, insieme a tutte le cose passate. (cit. “Il mio ricordo degli eterni” – E. Severino) Chi mi legge probabilmente stenterà a cogliere un nesso tra il tema di cui mi occupo, la nautica, e la citazione appena riportata. Ma in me il collegamento è così palese ed immediato, se penso all’eternità del movimento e del comportamento dell’elemento Mare, tale da renderlo un ricordo sempre presente. Anzi, il Mare è scevro dall’errore del “ricordato”, che per sua natura è errato, approssimativo, dato che non è possibile ricordare perfettamente ogni dettaglio della circostanza portata dal ricordo alla nostra mente. Chiunque immagini o ricordi il Mare in corrispondenza di un evento per sé importante, anche del passato più lontano, non può averne un ricordo offuscato, perché il Mare è così dalla notte dei tempi. Ed ecco il nesso: perché, se per solcare un mezzo dalle caratteristica di fluidità, di potenza, di interazione ed alterazione con tutti gli oggetti che vi entrano a contatto diretto ed indiretto, tutte caratteristiche immutate ed immutabili da sempre e per sempre, c’è così tanto bisogno di sconvolgere l’architettura nautica? Halvorsen Sinana Perché deprecare e dare spazio ad una sorta di cancel culture nei design delle linee d’acqua più tradizionali, a favore di soluzioni all’avanguardia della tecnica? E’ possibile far convivere la nautica tradizionale, quella che ha consentito di navigare a centinaia di generazioni di naviganti, con le soluzioni più tecnologicamente avanzate, senza bandire chi sceglie la via vecchia? In questa epoca di post-nichilismo,…


Il fisherman (troppo) moderno è ancora fisherman?

“Impara l’arte e mettila da parte”, recita così un proverbio che spiega quanto talvolta, attenersi al manuale, non consenta di realizzare buone cose se non si compendia la teoria con la pratica, cioè con l’adattamento al caso specifico. Ma quel “mettere da parte” non va inteso come un “dimenticarsi di quella arte”, ma come di fare esperienza ed impiegarla quando essa possa tornare utile. Oggi si assiste ad un accantonamento della tradizione nautica quasi distruttivo, come se il passato fosse un grande inceneritore. A proposito di questa sorta di cancel culture che sta affliggendo la nautica da diporto, ho parlato in questo post sulla pagina Facebook di FishermanAmericani che ti invito a leggere: Chiusa questa breve premessa, osserviamo la media delle barche da diporto europee che possono farsi rientrare nella categoria dei fisherman. Non si può non notare che i canoni stilistici e funzionali del fisherman d’oltreoceano sono stati edulcorati a tal punto, salvo eccezioni di cui è opportuno citare validissime reinterpretazioni italiane, da non poter più distinguere i “fisherman” dalle “day boat”. Il risultato è che il fisherman che vuol essere anche barca multifunzionale, finisce per essere un po’ di tutto, ma nulla di definito. D’altronde, quando persino gli americani stessi si riducono a imitare l’Europa, cioè i suoi stessi imitatori, la produzione di nuove idee di design e funzionalità è un cane che si morde la coda: I cantieri che ancora oggi continuano a costruire fisherman con caratteristiche stilistiche e funzionali tradizionali, pur aggiornandosi nelle tecnologie costruttive, resistono in USA, ma nei loro programmi di produzione si fanno sempre più avanti le soluzioni ibride, barche in grado di far day cruising e, scansando cuscinerie e rivestimenti a contrasto qua e là, di far pescare, ma senza sporcare, mi raccomando… Il mio impegno è e resta quello di accompagnare…


Release clips per divergenti: quali scegliere?

La maggior parte delle componenti del settore “outriggers” proviene dagli Stati Uniti d’America. E’ bene, a tal proposito, non fare di tutta l’erba un fascio, ma distinguere per qualità ciò che il mercato USA ci offre. Non basta che sia Made in USA, infatti. Ecco che, in questo breve articolo, passo in rassegna qualche modello di release clips per divergenti, delle più significative, differenziandole per tipo di applicazione e caratteristiche. Occorre innanzitutto distinguere tra le clips a filo d’acciaio e quelle su cuscinetti. Della prima categoria menziono senz’altro le Rupp Klickers, dotate di frizione in testa, per regolare la forza di apertura del passante, ed occhielli per essere facilmente annodate in serie alla rigging line. CLICCA QUI Sono pinze concettualmente molto semplici, ma robuste grazie ai materiali impiegati e dalla frizione sufficientemente facile da tarare. Della stessa logica di funzionamento sono le TACO Marine COK-0001B-2 , ma con occhielli in filo ritorto (che potrebbe creare problemi di scalfitture, a lungo andare, sulla rigging line, ed una frizione azionata da una rotellina poco ingombrante ma più difficile da sbloccare, per via del minor grip della presa. Al più, sarà necessario aiutarsi con una pinza a becchi. Ricordo che, se ben manutenute, le pinze di sgancio degli outrigger non si bloccano, a meno di non tenerle in salamoia per stagioni intere! CLICCA QUI Ora presento un paio di alternative su cuscinetti, prodotti che si pongono su livelli di costo certamente superiori a quelli a sgancio a filo d’acciaio, ma la cui durata è generalmente molto superiore. Aftco produce le OR1B, dotate di passante su cuscinetto a sfera e corpo in fusione. Un oggetto bello ed estremamente affidabile, dalla frizione che non perde mai la taratura e pertanto garantisce più strike rispetto alle pinze più economiche. CLICCA QUI Sempre per rimanere nel segmento…


Piedi bagnati in pozzetto? Ecco la soluzione

Un problema spesso pernicioso delle barche di piccole dimensioni (diciamo entro i 24 piedi di lunghezza, salvo rari sforamenti) motorizzate fuoribordo o entrofuoribordo, è la tendenza a bagnare il calpestio del pozzetto in determinate condizioni. Posto che la tecnologia di progettazione incide molto su questo vizio, la rimotorizzazione e la modifica dei carichi a bordo può inficiare l’assetto statico e dinamico della barca, tanto da pregiudicare la corretta funzionalità dei drenaggi e degli ombrinali di scarico. Come porre rimedio a questo problema molto sentito soprattutto da chi pesca tutto l’anno e da chi spesso si trova ad armeggiare con ami e raffi a portata di piede o di stinco? Calpestare una coperta bagnata è una componente di rischio notevole, e se vi si aggiungono condizioni di mare ostico al giardinetto o da poppa, il mix potrebbe creare disconfort e pericolo per i componenti dell’equipaggio. N.B.: in questo breve articolo affronto solamente soluzioni ufficiali e patrocinate da aziende affidabili e con esperienza in campo nautico, tralasciando le soluzioni fai-da-te, che lascio a chi voglia cimentarsi nel “bricolage di bordo” a proprio rischio e pericolo. La soluzione adottata da una azienda statunitense dedita alla produzione custom e semi-custom di hardware per imbarcazioni da pesca sportiva è semplice quanto geniale: ridisegnare l’ombrinale di scarico, in modo tale da alloggiare non una comune membrana di tipo “flapper”, ma una bocca interna che si apre solo quando il flusso d’acqua segue un senso, e restando serrata quando l’acqua proviene dall’esterno. Per sostituire i vecchi ombrinali con questi, è necessario studiare una serie di caratteristiche che ci permetteranno di centrare il modello di ombrinale evoluto e di far rientrare l’annoso problema dell’acqua perenne in pozzetto. Per risolvere il problema del pozzetto bagnato del tuo fisherman, ti invito a fissare una consulenza al seguente link: LINK CONSULENZA…


Hydra-Sports 2200 VX: il mini express

Dal momento che il mercato ci propina quasi esclusivamente center console, io a denti stretti mi ci oppongo a suon di battute (di tastiera) e propongo alternative “pontate” valide anche da usate. In questo caso, soprattutto da usate, visto che la barca oggetto di questo articolo, da nuova, aveva un prezzo a dir poco “tirato” per il suo segmento. Si tratta dell’allora Hydra-Sports (ora HCB) 2200VX, un piccolo express fisherman che misura 6.8 metri di lunghezza per 2.59 m di larghezza. Di fatto, la configurazione “express”, che di certo sacrifica i passavanti, rende gli spazi interni degni di una barca di dimensioni ben maggiori: la zona guida, in particolare, gode, dell’ampio e robusto parabrezza avvolgente, che protegge sia la comoda poltrona di pilotaggio che il lounge seating posto a sinistra, in grado di accogliere comodamente 3 persone. All’interno è celato un ampio gavone con drenaggio diretto fuoribordo e coibentazione, il che lo fa fungere sia da valida ghiacciaia, sia da vasca per il pescato. Il pozzetto è ampio, simmetrico e regolare, con due vasche speculari ricavate nel capo di banda, entrambe estraibili per dare accesso agli impianti. La tuna door qui è centrale, posizione logica da un punto di vista della ripartizione dei pesi, ma opinabile per chi preferisce un transito immediato dal pontile alla barca, e viceversa. Le murate sono spesse il giusto per non tagliare il costato all’addetto alla slamatura di grosse prede, che dovesse trovarsi obbligato a sporgersi fuoribordo. Il perimetro è imbottito internamente, per consentire un combattimento confortevole in stand-up, mentre la vasca del vivo è ubicata dietro la poltrona di governo. Lavaggio ad acqua dolce e salata sono di serie, così come l’hard-top in lega e vetroresina. Le rifiniture sugli Hydra-Sports ci hanno sempre abituati benissimo, e questo modello non fa eccezione: dal bottazzo sovradimensionato,…


Sailfish 220 WAC

Di questo cantiere ho parlato a più riprese sia sul blog che sul libro (CLICCA QUI). La ragione per la quale ha sempre suscitato la mia attenzione, è il suo continuo perseguire un invidiabile sfruttamento degli spazi in coperta e sotto. Un mix che la rende una delle poche barche da pesca sportiva idonee anche per la famiglia. Il 220 WAC non fa eccezione, a dispetto delle dimensioni di scafo e di ciò che una prima superficiale impressione delle linee possano far percepire. La barca è costruita attorno allo skipper, che per Sailfish è anche angler, gaffman, mate, buon padre di famiglia… La cabina completa e funzionale del Sailfish 220 WAC Il Sailfish 220 WAC è concepito per essere utilizzato anche in solitaria, grazie ad una zona guida in costante contatto con il pozzetto: di fatto, non c’è alcuna paratia o gradino che demarchi la zona di comando dal “teatro di pesca”, essendo la coperta, in quest’area, del tutto fusa ed ininterrotta. Questo avvantaggia chi usi pescare in solitaria, per scelta o per necessità, dato che dal divano di governo, che è anche una leaning post attrezzata, è possibile raggiungere le canne in pesca semplicemente allungando il braccio. Da contraltare, il piccolo parabrezza in cristallo temperato fa il possibile per proteggere per lo meno la strumentazione di bordo da spruzzi accidentali ed intemperie, ma non completamente skipper ed equipaggio, come fa, ad esempio, un parabrezza avvolgente. Un esempio di walkaround con parabrezza avvolgente. E’ innegabile che questa barca sia fatta bene, basta osservare com’è rifinito il cielo inferiore dell’hard-top (di serie), com’è architettata la zona poppiera e la collocazione delle ferramente di coperta: non vi sono inutili sporgenze e giochi puramente estetici, le bitte sono a scomparsa, il bottazzo è in pvc ad alta densità con inserto in acciaio inox…


Svezia compra USA: il caso Edgewater

E’ notizia di poche ore prima della stesura di questo breve articolo che il cantiere Edgewater, LLC sia stato acquistato dal gruppo scandinavo Nimbus per il corrispettivo in contanti di 9.5 milioni di dollari USA. Ciò che balza all’occhio è che l’azienda abbia prodotto un EBIT (un utile prima di interessi ed imposte) del 6,3% su un fatturato di 47,7 milioni di USD, cui corrispondono circa 300 barche vendute nel 2022. Il margine di profitto è alquanto sottile, segno che, nonostante i lauti listini dei fisherman americani nuovi dei giorni nostri, il costo di produzione è straordinariamente elevato. Chissà cos’avrà in mente Nimbus, con riguardo al destino di Edgewater, la creatura di Bob Dougherty. Il bilancio del cantiere statunitense, questo è certo, sarà consolidato nei conti di Nimbus già alla chiusura dell’esercizio corrente. La cosa che balza agli occhi, analizzando la poca contabilità disponibile su Edgewater, è che lo stabilimento è stato valutato 3.5 milioni di USD, il fatturato del 2022 è di 47.7 milioni di USD e il valore di acquisto dell’intera azienda è di “soli” 9.5 milioni di USD. Sicuramente i 165 dipendenti ed il margine di profitto basso hanno avuto il loro peso nel valore di acquisto del cantiere che, si spera, non abbia il triste destino di tanti altri brand persi per strada (leggasi Post, Cavileer, Topaz, Predator, Ocean, ecc…) e che, anzi, ritrovi nuova linfa dai capitali nord-europei. Mi piace sperare, perché essere sempre pessimisti dicono faccia male alle coronarie… PS: ECCO IL VIDEO SULL’ARGOMENTO: Buon Mare, Benedetto RutiglianoSPORTFISHING BOAT SPECIALIST (per consulenze CLICCA QUI)Perito Nautico, iscrizione n.1502 al Ruolo dei Periti ed Esperti Nautici della CCIAA di BariWhatsApp: 348/6562148E-Mail: info@fishermanamericani.comAutore di Fisherman Americani Autore di Barche da pesca di ieri e di oggiAutore di “Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”Autore di “La…