Il Mare è immutabile; la nautica no.

Prendo spunto da alcune considerazioni tratte da un libro che sto leggendo, di Emanuele Severino, sul tema del ricordo. Egli sostiene che

il ricordo è un eterno, appena dietro l’angolo dell’oblio e, come ogni altra cosa passata, attende l’inevitabile, ovvero che giunga il tempo opportuno per rigirar l’angolo e tutto intero rifarsi innanzi, in me, insieme a tutte le cose passate. (cit. “Il mio ricordo degli eterni” – E. Severino)

Chi mi legge probabilmente stenterà a cogliere un nesso tra il tema di cui mi occupo, la nautica, e la citazione appena riportata. Ma in me il collegamento è così palese ed immediato, se penso all’eternità del movimento e del comportamento dell’elemento Mare, tale da renderlo un ricordo sempre presente. Anzi, il Mare è scevro dall’errore del “ricordato”, che per sua natura è errato, approssimativo, dato che non è possibile ricordare perfettamente ogni dettaglio della circostanza portata dal ricordo alla nostra mente.

Chiunque immagini o ricordi il Mare in corrispondenza di un evento per sé importante, anche del passato più lontano, non può averne un ricordo offuscato, perché il Mare è così dalla notte dei tempi. Ed ecco il nesso: perché, se per solcare un mezzo dalle caratteristica di fluidità, di potenza, di interazione ed alterazione con tutti gli oggetti che vi entrano a contatto diretto ed indiretto, tutte caratteristiche immutate ed immutabili da sempre e per sempre, c’è così tanto bisogno di sconvolgere l’architettura nautica?

Halvorsen Sinana

Perché deprecare e dare spazio ad una sorta di cancel culture nei design delle linee d’acqua più tradizionali, a favore di soluzioni all’avanguardia della tecnica?

E’ possibile far convivere la nautica tradizionale, quella che ha consentito di navigare a centinaia di generazioni di naviganti, con le soluzioni più tecnologicamente avanzate, senza bandire chi sceglie la via vecchia? In questa epoca di post-nichilismo, è bene non perdere quel pizzico di cuore che ha sempre lavorato a braccetto con la tecnica sana, quella tecnica asservita ai bisogni dell’uomo, per non lasciare campo libero ed incontrastato alla tecnica fine a se stessa, che rincorre il perfezionamento di sé, che fa a gara con la corsa al profitto, che è essa stessa tecnica (del denaro).

E’ bene che sia sempre l’Uomo responsabile a domare e governare la Tecnica, e mai ci si dovrà augurare che un giorno accada il contrario.

Buon mare,

Benedetto Rutigliano
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Autore di Barche da pesca di ieri e di oggi
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Scrittore per la rivista Pesca in Mare
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