Barche americane

Novità dal Salone: Wellcraft 202 Fisherman

Altra presenza, tra le poche testimonianze yankee dell’ultimo Salone Nautico di Genova, è Wellcraft, che ci mostra il suo “venti piedi”, dopo il già recensito 182 Fisherman ed il nuovo modello d’ingresso della casa, il 162 Fisherman. Il 202 Fisherman. Si tratta di una barca da pesca compatta, con layout center console che, come da tradizione del cantiere costruttore, offre tutte le dotazioni, gli accorgimenti, le comodità proprie di un vero fisherman, per di più per la maggior parte di serie. Ciò che più rileva circa l’equilibrio progettuale e dinamico, è la possibilità di gestire velocità di crociera più che decorose, pur a pieno carico, con una potenza contenuta nei 150cv del fuoribordo Mercury che equipaggiava l’esemplare ormeggiato ai pontili dello stand. La carena a V variabile con deadrise di diciannove gradi rappresenta un ottimo compromesso tra morbidezza di impatto sull’onda ed efficienza in termini di consumi. La zona guida è protetta da un T-Top verniciato a powder-coating, dotato di chiusure perimetrali amovibili per le stagioni più fredde o, semplicemente, per ripararsi dagli inevitabili spruzzi durante la navigazione impegnata. Il divanetto che ospita comandante e passeggero è dotato di schienale ribaltabile per potersi facilmente trasformare in mezzanino rivolto verso poppa durante le fasi di pesca. Sotto il medesimo, è possibile alloggiare, come opzione, una ghiacciaia estraibile ed asportabile. La console destina un’area generosa, per la categoria, all’incasso della strumentazione elettronica di ausilio alla navigazione, mentre il Marine Mat Package rende più confortevole talune zone della barca soggette a compressione e calpestio, come la pedana poggiapiedi della console stessa, le falchette interne che, altrimenti, sono fornite prive di cockpit bolsters. La soluzione offerta da tale package ha un vantaggio rispetto ai tradizionali “cuscini”: ingombrano poco più di 1cm in spessore, a totale beneficio della abitabilità interna, che consentirà di godere appieno…


59º Salone Nautico di Genova: le aspettative

Come ogni anno, mi riaccingo a visitare il Salone Nautico Internazionale di Genova, giunto quest’anno alla cinquantanovesima edizione. Il Salone Nautico è da sempre il “termometro” dello stato di salute dell’economia italiana. Questa manifestazione, infatti, fino a prima della grande crisi finanziaria del 2008, ha sempre unito pressoché tutte le fasce sociali: quella dei grandi ricchi, di coloro per i quali il maggior introito proviene da proventi della gestione di grandi patrimoni; di quella della medio-alta borghesia, fatta di imprenditori la cui entrata reddituale eminente è rappresentata dal fatturato della propria azienda, spesso nata dopo anni di sacrifici ed impegni di più generazioni familiari; dei piccoli imprenditori autonomi ed anche dei lavoratori dipendenti che, prima dell’avvento dell’euro riuscivano ad accantonare qualche centinaia di migliaia di lire al mese per potersi permettere il gommoncino o la barchetta per pescare sottocosta o fare il bagno con moglie e figlioli. Insomma, un tempo la nautica (ed il Salone Nautico di Genova) era un sogno possibile per molti; oggi il settore è diventato elitario, non v’è dubbio alcuno. Ragion per cui, da questo Salone, mi aspetto una ancor più massiccia presenza di mega yacht, una rafforzata presenza di yacht di medio-grandi dimensioni ed una lacunosa presenza di barche accessibili dai molti. Lacunosa perché la contingente guerra mondiale dei dazi, unita ad un cross EURUSD sfavorevole, potrebbe tenere scontenti molti visitatori, lo scrivente in primis, per la quasi totale assenza di fisherman provenienti da oltreoceano . Le questioni di cui sopra comportano che acquistare un fisherman americano di sei metri oggi può costare una cifra davvero irragionevole e fuori da ogni logica. Nonostante tutto, la passione pulsa ancora nella mia penna e nel mio cuore, e la fame di novità mi porterà tra stand e padiglioni dove da bambino sognavo, e dove da grande ho…


Boston Whaler 220 Outrage: center console in purezza.

Boston Whaler non ha bisogno di presentazioni. È forse il marchio americano che prima di ogni altro è approdato in Italia già ormai più di 40 anni fa, facendosi conoscere per la cura costruttiva e la durata dei suoi manufatti contro gli elementi ed il tempo. Il 220 Outrage è un mezzo poliedrico e specialistico allo stesso tempo. Se da un lato permette, grazie al comodo locale ricavato nella console, di avere un servizio “dignitosamente” accessibile ed utilizzabile, oltre che un vano per cambiarsi, dall’altro questo Boston ha davvero proprio tutto ciò che un pescasportivo possa esigere da un fisherman: dalle vasche del vivo, a quelle per il pescato, coibentate, a svariati porta canna a riposo ed in pesca, fino ad un solido t-top con chiusure perimetrali. Il 220 Outrage beneficia dell’influsso del nuovo design arrivato sotto egida Brunswick (questa è anche la ragione per cui tutti i Boston escono dalla fabbrica con pre-rig Mercury o mtorizzati con gli stessi motori). Dimenticato il passato… ad ali di gabbiano, ormai da due decenni, la carena del 220 Outrage è ora una moderna V variabile con deadrise poppiera di 21°, che le consente di essere molto performante con motorizzazioni nell’ordine dei 225-250cv, ottenendo più che apprezzabili percorrenze a velocità di crociera (2.75mpg a 4000rpm e 21.5kn, con 1x225cv Mercury Verado). Il pozzetto è come dovremmo aspettarcelo da un cantiere veterano dei fisherman come Boston Whaler: ampio calpestio, pur con il mobile che ospita le poltroncine di guida arretrate, una zona di preparazione delle esche con tagliere e vasca del vivo -questa perfettamente centrale, in modo da poter essere raggiungibile da ogni angolo del pozzetto- cockpit bolsters fabbricati in robustissimo vinile marino resistente ai raggi UV, vasche del pescato a pagliolo davvero generose per la categoria, più alloggi per palle di cannone per…


I fisherman che (forse) non conoscevi

Mi piaccono i vecchi fisherman. Quelli spartani ma non rustici, sobrii ma non scarni, duri come il marmo. Quelli che “ciò che non c’è, non si rompe” e che “ciò che c’è, è ben fatto”. Mi piacciono quegli scafi che, quando li vedi in una foto picchettati da chissà quanti anni sui mattoni, ti vien voglia di perderci denari e mesi della tua vita per riportarli ai vecchi fasti, perché se fossero al pontile, avrebbero tanto da insegnare a molte delle moderne “signorine carenate” che si fregiano dell’appellativo di “fisherman” e poi si perdono tra orpelli e delicatezze varie. Io, di mio, in tal senso ho già dato… e mi è andata pure male (CLICCA QUI). Ma non escludo di ripetere l’avventura, chissà che non mi vada bene, stavolta. Il mio libro è pregno di esempi classici di fisherman che io considero le colonne portanti dell’odierna nautica specialistica per la pesca sportiva. In questo articolo citerò modelli che in Fisherman Americani non figurano, per darvi ulteriori nozioni a complemento delle linee guida ivi presenti. Avevate mai sentito parlare, ad esempio, di North Coast? E’ il cantiere dal quale Blackfin acquistò gli stampi per costruire il suo 31 Combi. North Coast, così come tanti cantieri nautici americani nati per passione, ha un vissuto societario travagliato, fatto di crisi di liquidità, difficoltà nel pagare i fornitori, chiusure, riaperture. Una caratteristica, però, è sempre stata comune ad ogni scafo North Coast: la qualità costruttiva. Anche nei momenti di maggiori difficoltà, quando il cantiere commissionava la costruzione all’esterno, si affidava a cantieri di comprovata affidabilità (leggi Phoenix, del quale parlo in QUESTO ARTICOLO). La carena di North Coast era estremamente aggressiva: una V profonda senza compromessi. Una deadrise poppiera di 23 gradi (!!) su un 31 piedi è pressoché introvabile. Le barche North Coast erano…


Davis 61: un sogno americano in Italia

Un tramonto come tanti a Capo di Santa Maria di Leuca, passeggio sul lungomare e tappa obbligata al porto turistico, dove i miei occhi erano alla costante ricerca di torri e divergenti tra la miriade di tendalini e gusci bianchi variamente dondolanti, che ben poco sapevano di mare e molto di salotto parcheggiato… Ogni estate che passavo in Salento era (ed è) sin da bambino, una nuova occasione per ammirare da vicino qualche fisherman in transito. Delle mie tante passeggiate agostane al porto turistico di Leuca ne ricordo una in particolare, perché si materializzò, in lontananza, la visione di una sagoma che avevo visto solo sui numeri di Power and Motoryacht e sull’allora in voga rivista italiana Motonautica. Su quest’ultima la foto di un Davis 61 si estendeva per quattro pagine sistemate a portafoglio… e quando le dispiegavo mi ci perdevo in ogni dettaglio di quel miraggio… In banchina, sul pontile più esterno destinato alle barche in transito, c’era un Buddy Davis 21. Il nome inciso sullo specchio di poppa ligneo con lettere in foglia oro lucido era “Americana” In questo articolo parlo di Americana, perché ora il primo sportfishing yacht che abbia mai visto è in vendita, dopo oltre quindici anni sotto le cure maniacali del suo proprietario, oggi passato ad una barca più grande, sempre un Davis, tra l’altro! Appena giunto davanti alla barca, fui investito da un odore di teak e mogano che ricordavano catture di marlin in pieno Oceano anche se non ne ho mai fatte. Quell’odore parlava e sapeva di buono… Ricordo che mio padre e mia madre rimasero seduti al bar della darsena, ed io e mia sorella (allora poco più che ragazzini) ci facemmo avanti con un inglese da terza liceo, per salutare e chiedere ai due ragazzoni dell’equipaggio (americani anche loro) se…


Nuovo articolo su Pesca in Mare di Luglio!

Cari amici, come ormai di consueto, anche nel numero di Luglio 2019 è presente il mio contributo a questa storica rivista cartacea. Nella rubrica Pesca&Nautica, questo mese parlo di CARENE E PATTINI: QUANTI E DOVE? Qualora vi foste persi il numero di Pesca in Mare di giugno 2019, come di consueto vi rimetto il file pdf consultabile gratuitamente del mio articolo presente in questo numero. CLICCA QUI PER SCARICARE L’INTERO ARTICOLO Non dimenticate di leggere il libro Fisherman Americani – il Libro delle Barche per la Pesca Sportiva, l’unico libro con consulenza nautica inclusa! Vi faccio presente anche l’ eBook La Barca da Pesca Perfetta- Guida Sintetica- che trovate anche su Amazon   A presto e Buona Lettura!   Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


Cabo Yachts: il ritorno

Abbiamo già parlato di questo glorioso nome della produzione americana di fisherman, in QUESTO ARTICOLO E’ sicuramente noto a molti di voi che, prima che il marchio entrasse sotto l’egida di Hatteras Yachts, avesse sospeso la produzione nel 2013, per ragioni imputabili al deterioramento della salute finanziaria e societaria. Cabo ha un posto privilegiato nel mio cuore -e nella mia penna… per chi ha già letto il libro Fisherman Americani– Per merito e per forza della Proprietà dello storico cantiere del North Carolina, che ha saputo riconoscere il grande valore del marchio californiano andato in momentanea malora, vediamo da qualche mese il primo esemplare di Cabo made-in-Hatteras. Di fatto, i distretti produttivi di Cabo Yachts hanno abbandonato la sede originaria in pieno deserto della California -Adelanto, per trasferirsi nella fabbrica di New Bern in N.C., appunto. Il primo esemplare della rinata Cabo è un 41 Express, con stilemi costruttivi che ricalcano i vecchi scafi del cantiere per quanto concerne la qualità realizzativa (high-tier a tutti gli effetti). Dal punto di vista della tecnologia costruttiva, qui vediamo applicata l’avanguardia della tradizione nautica, con stratificazione a mano di VTR in laminato pieno per l’opera viva, in sandwich di PVC a cellula chiusa incapsulato per le murate e la coperta. -> Tutti gli arredi sottocoperta sono imbullonati e resinati allo scafo per creare un manufatto praticamente monolitico, esente da vibrazioni e possibilità di allascamento anche dopo molti anni di navigazione. Ma soprattutto: NON C’E’ OMBRA DI LEGNO DI BALSA SU QUESTO CABO 41. Chi associa il nome Cabo a barche robustissime, supe rifinite ma altrettanto rumorose, stavolta avrà di che soffermarsi sugli sforzi del cantiere per abbattere questa caratteristica degli express fisherman tradizionali. Hatteras ha profuso e trasferito tutta la sua conoscenza in materia di comfort a bordo proprio sul Cabo 41, introducendo…


Pescando si impara…: come NON scegliere la barca perfetta “per gli altri”

Discorso trito e ritrito ma sempre attuale; tanto attuale che lo affronto in un capitolo ben specifico del libro FISHERMAN AMERICANI, nonché ne LE 11 BUONE RAGIONI. Ci ritorno su, perché io per primo ammetto di essere tutt’oggi attratto da barche che poco o nulla hanno a che fare con l’utilizzo che ne farei. La differenza rispetto al passato è che, dopo l’attrazione istintiva, interviene la coerenza, che mi riporta sulla Terra… che vince definitivamente sull’istinto. Quando dici: “la prossima sarà fuoribordo”, piuttosto che “la voglio center console”, ti sei mai chiesto cosa muova le tue intenzioni? Si tratta di valutazioni ragionate o di semplice omologazione al comune pensare? In fondo, il mercato ha il potere di “plagiarci” verso l’idea che, se in commercio vi sono più barche fuoribordo che EFB, la soluzione migliore DEVE ESSERE quella del FB! In realtà il mercato segue le correnti più remunerative, sia da un punto di vista dei costi produttivi, sia da quello delle tendenze del momento… E le tendenze… è il mercato stesso a crearle! Dato che ho passato anni a scegliere barche ottime “secondo loro” prima di cominciare a comprarne di ottime PER ME, riporto in auge un test semplicissimo, che ti ruberà pochi secondi del tuo tempo libero, che ti aiuterà a capire, in linea di massima, se la scelta che hai in testa coincide con quella DAVVERO GIUSTA PER TE ED IL TUO MODO DI USARE LA BARCA. Clicca qui per effettuare il test. Il test è un modo preliminare per effettuare una prima scrematura dalle tipologie di fisherman che DEVI ASSOLUTAMENTE SCARTARE se l’utilizzo che ne farai resterà quello descritto dalle preferenze selezionate nel test.   Ed ora che le mie esigenze nautiche ed alieutiche stanno nuovamente cambiando, beh… mi ritrovo ancora una volta a vendere il BabyMadeira ed a…


Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 2)

Segue… (Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1) Una barca per tutto, o quasi. L’autonomia di navigazione è ben generosa per il segmento, grazie alla riserva di carburante di 150 galloni. Tale capienza è prevista non tanto per i consumi della massima motorizzazione -il 232 è una barca che, paradossalmente, ha grossomodo i medesimi consumi a velocità di crociera con ciascuna delle alternative proposte da Grady White- ma per consentire battute di pesca in completa serenità anche a distanze notevoli dalla costa. La potenza non manca, se oculatamente scelta. Di certo, se si pretenderà di muovere questo piccolo “tank” con un motore da 225hp (potenza minima offerta per questo modello al suo primo lancio) si rimarrà delusi, per via di consumi esagerati in rapporto alle prestazioni ottenute. Per la verità, nel lontano 1987 il 232 veniva equipaggiato con la motorizzazione di ingresso di 1x225hp Yamaha Saltwarer Series, quindi due tempi, il che compensava di molto la carenza di cavalli, con una coppia di tutto rispetto. Se pretendete di acquistare un vecchio 232 e rimotorizzarlo, però con un motore di pari potenza ma a quattro tempi, fareste un errore che difficilmente vi perdonereste, dato il maggior peso a poppa e, soprattutto, la carenza di coppia motrice ai bassi regimi. La barca supporta fino a 2x200hp, potenza che ritengo non esagerata ma adeguata alla superficie immersa, alle geometrie di carena ed allo spirito di mezzo. Anche la soluzione con 2x150hp offrono prestazioni di qualità senza sacrificare i consumi, mentre per chi volesse rimanere sul monomotore, è altamente consigliato non optare per l’attuale motorizzazione di ingresso (1x250hp) a meno che non si scelga un motore due tempi, in grado di offrire quella coppia in più necessaria per uscire dal dislocamento in tempi non biblici con barca carica…


Grady White 232 Gulfstream: uguale a se stessa, da 32 anni. (parte 1)

Ogni barca ha la sua scia. Ci sono barche la cui scia permane come un solco duraturo nel mare del mercato, altre che vivono un successo limitato nel tempo, altre ancora che passano nel dimenticatoio come mai esistite. Poi ci sono -pochissimi- modelli che vivono una vita che sembra non doversi mai esaurire, per una serie di ragioni imputabili alle caratteristiche progettuali, ai gusti dei clienti finali, alla adattabilità rispetto allo stato dell’arte nautica. La barca oggetto di questo articolo fa parte di quest’ultima, ristrettissima schiera di fisherman sempiterni. Una barca che lascia ancora oggi, dopo tre decenni, una impronta così visibile sul mercato, non poteva mancare nel libro Fisherman Americani. Il Grady-White 232 Gulfstream ha una storia ultra-trentennale, che ha visto diverse configurazioni propulsive. Dall’entrobordo in linea d’asse all’entrofuoribordo al fuoribordo. Quest’ultima è attualmente l’unica configurazione sopravvissuta dal 1987 ad oggi. Progettualmente la barca è concepita come un classico walkaround: zona guida avanzata, protetta da ampio e solido parabrezza, passavanti incassati e protetti da battagliola, pozzetto ampio. Ciò che, di primo acchito, denota la maturità del progetto è l’assenza del tuna door: al suo posto uno specchio di poppa a tutta larghezza con falchette sagomate a trapezio, nel pieno stile dei Grady White classici. A tutti gli effetti, il solo walkaround che resiste al design moderno di G.W., oltre al 232, appunto, è il 208 Adventure, al quale ho a suo tempo dedicato un articolo apposito, tra l’altro (CLICCA QUI). La mancanza del tuna-door, dicevamo. Oggi è vista come una rinuncia vera e propria, in quanto ormai presente anche su barche di piccolo cabotaggio, finanche su barche di 21 piedi in alcuni casi. Nel caso specifico, l’area altrimenti interrotta dal varco costituito dall’assente tuna door è sfruttato con una ampia vasca del vivo/pescato a tutta larghezza, cosa non possibile…