Calyber 12 Lil’ Buddy: un gioiello made in North Carolina

Gli Stati Uniti d’America ci hanno abituato ad ogni sorta di stravaganza, soprattutto in ambito nautico: center console di sessantacinque piedi, grandi convertibles motorizzati fuoribordo, sportfisherman lunghi 30 metri e più. Mancava, però, qualche testimonianza fishing “tascabile”… Un costruttore custom specializzato in fisherman dall’inconfondibile Carolina flare ci fa brillare gli occhi con la sua creatura più piccola, che sarebbe davvero difficile battere in dimensioni pur mantenendo una certa utilizzabilità in condizioni marine “realistiche”. Il Calyber 12 Lil’ Buddy è il mini-fisherman più sexy del Pianeta Terra, il più brillante ed affascinante capriccio nautico che possa contemplare ad oggi, al netto di qualsivoglia considerazione sull’utilità di un oggetto di tali dimensioni e fattezze. Dodici piedi di lunghezza fuori tutto, una linea da urlo, dotazioni ed opzioni da grande, compresa una scenicissima helm pod in mogano e comando Glendinning monoleva Palm Beach style. Questo center console custom ha un flare da far invidia a Sculley, Buddy Davis, Jarrett Bay e compagnia cantando. All’interno troviamo, a partire da poppa: un divano comodo per tre persone, protetto da falchette davvero imponenti per la loro larghezza, in rapporto alle dimensioni esigue di questo scafetto. Falchette tanto larghe da poter ospitare due portacanna ad incasso per lato. Le bitte sono poste in corrispondenza degli spigoli di poppa e sono del tipo a scomparsa. La carena rispecchia esattamente il design degli scafi maggiori del cantiere: ruota di prua dal raggio amplissimo, affilata e coadiuvata da un pattino di sostentamento per lato; ginocchi pronunciati per rendere asciutta la navigazione e murate che progressivamente si riempiono da prua a poppa , dove diventano si forma leggermente convessa, per conferire una maggiore impronta alla superficie immersa proprio dove serve maggior stabilità da fermo. La motorizzazione è affidata ad un motore ovviamente fuoribordo, fino ad una potenza massima di 30 cv,…


Novità dal Salone: Wellcraft 202 Fisherman

Altra presenza, tra le poche testimonianze yankee dell’ultimo Salone Nautico di Genova, è Wellcraft, che ci mostra il suo “venti piedi”, dopo il già recensito 182 Fisherman ed il nuovo modello d’ingresso della casa, il 162 Fisherman. Il 202 Fisherman. Si tratta di una barca da pesca compatta, con layout center console che, come da tradizione del cantiere costruttore, offre tutte le dotazioni, gli accorgimenti, le comodità proprie di un vero fisherman, per di più per la maggior parte di serie. Ciò che più rileva circa l’equilibrio progettuale e dinamico, è la possibilità di gestire velocità di crociera più che decorose, pur a pieno carico, con una potenza contenuta nei 150cv del fuoribordo Mercury che equipaggiava l’esemplare ormeggiato ai pontili dello stand. La carena a V variabile con deadrise di diciannove gradi rappresenta un ottimo compromesso tra morbidezza di impatto sull’onda ed efficienza in termini di consumi. La zona guida è protetta da un T-Top verniciato a powder-coating, dotato di chiusure perimetrali amovibili per le stagioni più fredde o, semplicemente, per ripararsi dagli inevitabili spruzzi durante la navigazione impegnata. Il divanetto che ospita comandante e passeggero è dotato di schienale ribaltabile per potersi facilmente trasformare in mezzanino rivolto verso poppa durante le fasi di pesca. Sotto il medesimo, è possibile alloggiare, come opzione, una ghiacciaia estraibile ed asportabile. La console destina un’area generosa, per la categoria, all’incasso della strumentazione elettronica di ausilio alla navigazione, mentre il Marine Mat Package rende più confortevole talune zone della barca soggette a compressione e calpestio, come la pedana poggiapiedi della console stessa, le falchette interne che, altrimenti, sono fornite prive di cockpit bolsters. La soluzione offerta da tale package ha un vantaggio rispetto ai tradizionali “cuscini”: ingombrano poco più di 1cm in spessore, a totale beneficio della abitabilità interna, che consentirà di godere appieno…


Articolo su Pesca in Mare di Settembre

Come di consueto, vi allego il pdf del mio articolo presente nella rubrica Pesca&Nautica nel numero della rivista “Pesca in Mare” di Settembre. Questa volta si parla di impianti idraulici: LA FORMA DELL’ ACQUA   Buona lettura e Buon Mare! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast  


Orrori nautici dal Salone di Genova

Durante la mia visita al 59° Salone Nautico di Genova, non ho potuto non notare soluzioni e dettagli che mi hanno lasciato dal perplesso, fino al basito. Per delicatezza non farò nomi di cantieri, perché in questa sede mi interessa farvi notare semplicemente cosa, a bordo di una barca non dovrebbe mai esserci. Una barca da pesca dovrebbe rispettare pochi, ma fondamentali, canoni costruttivi e progettuali: sarebbe quindi auspicabile che i cantieri non li reinterpretassero con eccessiva “libertà”, finendo per snaturarne la loro ragion d’essere, per un motivo semplicissimo: IL FISHERMAN AFFONDA LE SUE RADICI NELLA TRADIZIONE E NELL’ESPERIENZA: NESSUNA MODA POTRÀ, DUNQUE, A QUESTA SURROGARSI SENZA DETURPARE FUNZIONALITÀ ED ERGONOMIA. Il primo orrore che non ho potuto fare a meno di fotografare è stata questa vasca “sospesa” -non saprei come chiamarla altrimenti- con tubazioni a vista, il tutto dall’apparenza molto fai-da-te e posticcia: Non so quanto  una soluzione così congegnata possa resistere alle ripetute sollecitazioni della navigazione. Altro problema che qui si pone è la presumibile prematura usura delle connessioni di scolo dell’acqua, esposte alle intemperie sicuramente più rispetto ad una installazione strutturale alla barca. Altro dettaglio che mi ha colpito (e quasi affondato…) è stato ciò che si intravedeva in fondo a questa delfiniera: un varco nella linea di giunzione scafo-coperta giusto sopra il bottazzo, presumibilmente per l’alloggiamento del musone dell’ancora ove la barca non venga equipaggiata con la delfiniera. Una zona non rifinita, non tanto per l’occhio (non sarebbe visibile fuorché con barca su taccate, dalla parte inferiore) quanto per possibile intrusione di acqua con mare di prua od a seguito di forte delfinamento. perfettibile anche il fissaggio della delfiniera stessa, affidato a due viti autofilettanti nella parte inferiore e due bulloni con controdado in quella superiore, con rondella piatta. Un altra scelta per me opinabile è…


Novità dal Salone: Tuccoli T250 Capraia e VM

Occorre essere onesti con se stessi: il 59° Salone Nautico di Genova non è stato un gran salone per gli amanti della pesca sportiva. Vuoi per i dazi aggiuntivi USA-Europa, vuoi per il tasso di cambio sfavorevole, il ventaglio di scelte Made in U.S.A. si è ridotto, quest’anno, a cinque unità, come già anticipato in questo articolo. Ma delle possibili cause parlerò esplicitamente in un articolo all’uopo dedicato, preferendo soffermarmi in questa sede su una barca italiana che, a mio parere, ben interpreta il concetto di sportfishing boat. In sostanza, questa barca interpreta appieno i canoni stilistici ed ergonomici tracciati nell’ eBook La Barca da Pesca Perfetta : Il cantiere Tuccoli è uno dei nomi 100% Made in Italy ritornati alla ribalta, e con un certo stile. Infatti all’odierno Salone nautico era presente con tre barche e due modelli: il T280 Fuoribordo il T250 Capraia, nelle due versioni: una promiscua pesca/diporto ed una più prettamente fishing, denominata T250 VM (iniziali di Marco Volpi). Io analizzerò entrambe le versioni del T250, partendo da quella in secca, che ho avuto modo di analizzare più in dettaglio. Il T250 Capraia ha un impatto visivo sicuramente piacevole: una carena a V profonda a deadrise variabile con due pattini di sostentamento per lato ed un ginocchio non particolarmente marcato, un flare ben raccordato ed una prua piena, la cui compattezza viene esaltata dalla mancanza della delfiniera. Un solido bottazzo a due elementi incornicia scafo e coperta con cura costruttiva degna di nota, finendo per raccordarsi con il bello specchio di poppa raggiato. L’angolo di uscita ad estrema poppa conserva un’ampiezza di ben 24 gradi, lasciando presagire un comportamento sull’onda “da grande”. Passiamo ad analizzare la coperta. Essa è realizzata in controstampata, infatti la parte interna dei gavoni ed i fondi dei vani a pagliolo sono perfettamente sagomati, gelcoattati…


Anche i V.I.P. amano i fisherman!

Parentesi aperta e chiusa, nella saga degli articoli dedicati al Salone Nautico di Genova… ————— Ogni tanto bisogna anche abbandonarsi alla curiosità di sapere se, dall’alto dei loro stili di vita, vi sia qualcosa che può accomunarci con alcuni personaggi famosi dello spettacolo, della musica o dello sport. Siccome avevo necessità di “bighellonare” un po’ tralasciando un po’ il protocollo redazionale, l’ho fatto chiedendomi se vi siano celebrità che possiedano una barca da pesca sportiva. Ed ho trovato: Billy Joel, col suo ARGOS, un “modestissimo” Ellis 36, allestito però in modo tale che la passione per il virtuoso piano man non possa proprio rimanere segreta. Billy Joel ha sempre avuto la passione per i fast commuter retro’ e per i downeast, ed Argos non lo smentisce: Michael Jordan, con il suo CATCH 23, un poderoso Viking 80 con il quale partecipa a pressoché tutti i tornei di pesca d’altura della East Coast. Lo sportivo più pagato di tutti i tempi per molti anni fino alla fine degli anni 80, il golfista Greg Norman, ha deciso di portarsi il suo Liberty 48 Sportfisherman sulla sua… “barca”. Il sistema ricorda una matrioska, dato che a bordo vi sono un totale di 7 natanti, tra cui, oltre al Liberty già citato, anche un più modesto center console con propulsione ad idrogetto di soli 38 piedi… Leggenda narra che a bordo dell’ Aussy Rules giacciano oltre 200 canne da pesca… Insomma, indipendentemente dalla capienza del proprio portafoglio, la passione per la pesca contagia chiunque… A presto, con un ritorno alle novità del 59° Salone Nautico di Genova, e Buon Mare! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


59° Salone Nautico Internazionale di Genova : le prime impressioni a caldo.

Dopo anni di pausa dal visitarlo, questa è la mia seconda edizione consecutiva che mi vede ritornare tra i padiglioni della Fiera di Genova. Non senza qualche emozione (e qualche inevitabile disappunto). Partiamo dalle prime: le EMOZIONI. Per chi ama il mare ed il bel navigare come me, varcare l’ingresso di Piazzale Kennedy è sempre stata -e sempre sarà- una esperienza emotiva. Sin da bambino, quando passavo i tornelli tenuto per mano da mio padre, gli stendardi dei vari cantieri espositori, tesi al vento di maestrale, che si stagliavano nel cielo terso e limpido, anche quest’anno (tranne che per la prima mattina del 19…) hanno aperto le danze per gli occhi e per la mente. Al Salone Nautico, anche per chi non ha la possibilità di acquistare una barca, sognare è gratuito, ed è un sano, sanissimo sognare. Ambire a poter navigare, un giorno, con una propria barca, è un pensiero genuino ed innato nella natura umana, che dal Mare proviene e nel Mare, istintivamente, tende a ritrovare le sue ataviche origini. (cit. “Le 11 Buone ragioni per Non Comprare una Barca – ed una per farlo”) Quindi, ben venga il Salone Nautico se non altro da questo punto di vista , poiché è in grado di risvegliare l’ambizione in chi si è arreso ad anni di crisi economica e lavorativa, quasi a voler essere da sprone per i tempi a venire di ambizioni e passione. Chiuso questo breve cappello, passo ora a ciò che mi aspettavo riguardo il mio settore: quello, cioè. dei fisherman, o barche da pesca sportiva. Premetto che, volutamente, quest’anno non ho dato nemmeno una spulciata all’elenco degli espositori sul sito web del Salone Nautico, per varcarne la soglia d’ingresso senza disillusioni -e delusioni-, forse un po’ perché inconsciamente me ne aspettavo. Una prima passeggiata superficiale, a passo…


59º Salone Nautico di Genova: le aspettative

Come ogni anno, mi riaccingo a visitare il Salone Nautico Internazionale di Genova, giunto quest’anno alla cinquantanovesima edizione. Il Salone Nautico è da sempre il “termometro” dello stato di salute dell’economia italiana. Questa manifestazione, infatti, fino a prima della grande crisi finanziaria del 2008, ha sempre unito pressoché tutte le fasce sociali: quella dei grandi ricchi, di coloro per i quali il maggior introito proviene da proventi della gestione di grandi patrimoni; di quella della medio-alta borghesia, fatta di imprenditori la cui entrata reddituale eminente è rappresentata dal fatturato della propria azienda, spesso nata dopo anni di sacrifici ed impegni di più generazioni familiari; dei piccoli imprenditori autonomi ed anche dei lavoratori dipendenti che, prima dell’avvento dell’euro riuscivano ad accantonare qualche centinaia di migliaia di lire al mese per potersi permettere il gommoncino o la barchetta per pescare sottocosta o fare il bagno con moglie e figlioli. Insomma, un tempo la nautica (ed il Salone Nautico di Genova) era un sogno possibile per molti; oggi il settore è diventato elitario, non v’è dubbio alcuno. Ragion per cui, da questo Salone, mi aspetto una ancor più massiccia presenza di mega yacht, una rafforzata presenza di yacht di medio-grandi dimensioni ed una lacunosa presenza di barche accessibili dai molti. Lacunosa perché la contingente guerra mondiale dei dazi, unita ad un cross EURUSD sfavorevole, potrebbe tenere scontenti molti visitatori, lo scrivente in primis, per la quasi totale assenza di fisherman provenienti da oltreoceano . Le questioni di cui sopra comportano che acquistare un fisherman americano di sei metri oggi può costare una cifra davvero irragionevole e fuori da ogni logica. Nonostante tutto, la passione pulsa ancora nella mia penna e nel mio cuore, e la fame di novità mi porterà tra stand e padiglioni dove da bambino sognavo, e dove da grande ho…


Boston Whaler 220 Outrage: center console in purezza.

Boston Whaler non ha bisogno di presentazioni. È forse il marchio americano che prima di ogni altro è approdato in Italia già ormai più di 40 anni fa, facendosi conoscere per la cura costruttiva e la durata dei suoi manufatti contro gli elementi ed il tempo. Il 220 Outrage è un mezzo poliedrico e specialistico allo stesso tempo. Se da un lato permette, grazie al comodo locale ricavato nella console, di avere un servizio “dignitosamente” accessibile ed utilizzabile, oltre che un vano per cambiarsi, dall’altro questo Boston ha davvero proprio tutto ciò che un pescasportivo possa esigere da un fisherman: dalle vasche del vivo, a quelle per il pescato, coibentate, a svariati porta canna a riposo ed in pesca, fino ad un solido t-top con chiusure perimetrali. Il 220 Outrage beneficia dell’influsso del nuovo design arrivato sotto egida Brunswick (questa è anche la ragione per cui tutti i Boston escono dalla fabbrica con pre-rig Mercury o mtorizzati con gli stessi motori). Dimenticato il passato… ad ali di gabbiano, ormai da due decenni, la carena del 220 Outrage è ora una moderna V variabile con deadrise poppiera di 21°, che le consente di essere molto performante con motorizzazioni nell’ordine dei 225-250cv, ottenendo più che apprezzabili percorrenze a velocità di crociera (2.75mpg a 4000rpm e 21.5kn, con 1x225cv Mercury Verado). Il pozzetto è come dovremmo aspettarcelo da un cantiere veterano dei fisherman come Boston Whaler: ampio calpestio, pur con il mobile che ospita le poltroncine di guida arretrate, una zona di preparazione delle esche con tagliere e vasca del vivo -questa perfettamente centrale, in modo da poter essere raggiungibile da ogni angolo del pozzetto- cockpit bolsters fabbricati in robustissimo vinile marino resistente ai raggi UV, vasche del pescato a pagliolo davvero generose per la categoria, più alloggi per palle di cannone per…


I fisherman che (forse) non conoscevi

Mi piaccono i vecchi fisherman. Quelli spartani ma non rustici, sobrii ma non scarni, duri come il marmo. Quelli che “ciò che non c’è, non si rompe” e che “ciò che c’è, è ben fatto”. Mi piacciono quegli scafi che, quando li vedi in una foto picchettati da chissà quanti anni sui mattoni, ti vien voglia di perderci denari e mesi della tua vita per riportarli ai vecchi fasti, perché se fossero al pontile, avrebbero tanto da insegnare a molte delle moderne “signorine carenate” che si fregiano dell’appellativo di “fisherman” e poi si perdono tra orpelli e delicatezze varie. Io, di mio, in tal senso ho già dato… e mi è andata pure male (CLICCA QUI). Ma non escludo di ripetere l’avventura, chissà che non mi vada bene, stavolta. Il mio libro è pregno di esempi classici di fisherman che io considero le colonne portanti dell’odierna nautica specialistica per la pesca sportiva. In questo articolo citerò modelli che in Fisherman Americani non figurano, per darvi ulteriori nozioni a complemento delle linee guida ivi presenti. Avevate mai sentito parlare, ad esempio, di North Coast? E’ il cantiere dal quale Blackfin acquistò gli stampi per costruire il suo 31 Combi. North Coast, così come tanti cantieri nautici americani nati per passione, ha un vissuto societario travagliato, fatto di crisi di liquidità, difficoltà nel pagare i fornitori, chiusure, riaperture. Una caratteristica, però, è sempre stata comune ad ogni scafo North Coast: la qualità costruttiva. Anche nei momenti di maggiori difficoltà, quando il cantiere commissionava la costruzione all’esterno, si affidava a cantieri di comprovata affidabilità (leggi Phoenix, del quale parlo in QUESTO ARTICOLO). La carena di North Coast era estremamente aggressiva: una V profonda senza compromessi. Una deadrise poppiera di 23 gradi (!!) su un 31 piedi è pressoché introvabile. Le barche North Coast erano…