Dal Brasile con furore: Carbrasmar 30 Express

I contingenti “bisticci” doganali tra USA ed il resto del mondo hanno coinvolto anche l’Europa, che non è rimasta a guardare. Come sempre accade, uno dei settori a maggior ragione più colpiti sono quelli voluttuari… Imbarcazioni in primis! Per importare una barca, nuova od usata essa sia, dagli Stati Uniti d’America, oggi costa il 25% in più. La notizia cattiva è che non si vede all’orizzonte una reale soluzione a questa guerra dei dazi. Questo, unitamente al cross EURUSD sfavorevole rispetto ai tempi d’oro (ricordo ancora quando importai il BabyMadeira con l’Euro a 1.59 sul Dollaro; oggi siamo a cavallo di 1.10) rendono ampiamente sfavorevole importare una imbarcazione dagli USA. Ragion per cui mi sono dedicato ad esplorare ciò che altri mercati eventualmente offrono in campo di fisherman. …E sono approdato in Brasile. Qui c’è un cantiere dall’esperienza ultracinquantennale in fatto di imbarcazioni, che ultimamente è stato scelto da un designer di eccezione di carene per fisherman, a nome Tom Fexas. In questo articolo vi presento l’express fisherman di ingresso: Carbrasmar 30 Partiamo dai freddi numeri, per farci un’idea di come la tradizione americana del fisherman abbia contaminato questo trenta piedi: Lunghezza f.t. (escluso plancetta)…………………………………………………………….9,96 m Lunghezza al galleggiamento………………………………………………………………….8,25 m Baglio massimo……………………………………………………………………………………..3,63 m Pescaggio………………………………………………………………………………………………0,98 m Dislocamento ………………………………………………………………………………………..7000 Kg Capacità carburante………………………………………………………………………………900 L. Capacità acqua dolce……………………………………………………………………………..200 L. Portata…………………………………………………………………………………………………8 persone Posti letto……………………………………………………………………………………………..3  Esteticamente il Carbrasmar 30 Express è allineato ai fisherman dei più blasonati cantieri del North Carolina. Flare molto pronunciato, coperta piatta e pulita, parabrezza dalle linee nette e filanti con grandi cristalli in vero vetro temperato e profilatura in solida lega di alluminio anodizzato e verniciata a polvere. La matita di Tom Fexas qui si esprime senza filtro alcuno, trasmettendo una sensazione di “freschezza” progettuale e di seaworthiness che pochi altri designer sanno conferire ad un progetto. Il pozzetto del Carbrasmar…


Fisherman di alta genealogia: Strike 29

Strike Yachts è un nome che riecheggia nella mente di molti pescasportivi amanti degli scafi “duri e puri” e della qualità costruttiva. Questo cantiere nasce, nel 1977, come distaccamento del nobilissimo nome di Striker Yachts, dedita da oltre cinquant’anni alla costruzione di imbarcazioni in alluminio di lusso per la pesca sportiva. Il vero e proprio trademark di Strike lo si trova nelle sue carene: a V profonda, con deadrise poppiera molto accentuata in rapporto alla larghezza; scafi costruiti in laminato pieno stratificato a mano, con spessori ai vertici della categoria. Non a caso lo Strike 29 si è guadagnato, in anni di oceano agitato e di battute di pesca in altura (quella vera…) la nomea di piccola-grande head sea boat. Con la differenza che, a dispetto di molte carene oceaniche, lo Strike 29 letteralmente è in grado di mangiare l’onda corta e ripida come fosse burro caldo. Con il mare di poppa, se possibile, il suo comportamento si esalta ancor più, rendendo estremamente utile l’assetto appoppato. Tale efficacia merita senz’altro potenze adeguate, infatti la barca oggetto di questo articolo è motorizzata con due motori entrobordo diesel Yanmar da 370cv ciascuno, con i quali tiene velocità di crociera dai 23 ai 27 nodi, con velocità W.O.T. di 34 nodi. Il rapporto tra lunghezza e larghezza rappresenta un connubio perfetto, tra l’altro,  tra la volontà dei progettisti di conservare un angolo di deadrise poppiera di ben ventitré gradi e l’intendimento degli stessi di offrire una grande fishing platform , stabile e capiente. Ciò che le linee sottili e filanti denotano è lo strenuo impegno del cantiere di tenere il baricentro quanto più sotto la linea di galleggiamento possibile, per compensare la quasi sempre presente marlin tower. La realtà dei fatti è che una V così profonda non potrebbe essere più stabile e piantata in…


Fisherman, tra passato e presente.

Qualsiasi diportista pescasportivo con buona memoria e spirito di osservazione non può negare che la nautica specialistica abbia subito una metamorfosi, che ha coinvolto la progettazione delle nostre barche da pesca, la loro costruzione ed ha anche influito molto sulle abitudini di chi le utilizza. Una profilazione storica di massima è stata di proposito inserita nel mio libro Fisherman Americani, perché dalla tradizione si possa continuare a trarre spunto per un nuovo acquisto od un nuovo progetto. Un tempo in cui la sicurezza in mare era direttamente proporzionale alla solidità strutturale (non che non lo sia ancora) ed al peso, in concomitanza con tecnologie che si basavano sulla ridondanza dei materiali e sull’integrità della costruzione, era davvero raro trovare, ad esempio, una tuna door su barche di lunghezza inferiore ai ventotto piedi. Integrità intesa come assenza di aperture od “interruzioni” di qualsiasi sorta. Personalmente ho vissuto la mia “gavetta nautica” su diversi esemplari di barche americane, tra cui due Grady White, e ricordo ancora il mio 257 Trophy Pro, che sfiorava i nove metri di lunghezza f.t. per tre di larghezza, con uno specchio di poppa alto e completamente chiuso. L’altezza della murata in pozzetto era davvero importante, forse anche un po’ troppo, così come la larghezza delle falchette, realizzate con profilo trapezoidale per ragioni non solo estetiche, ma anche e soprattutto meccaniche e costruttive. La nervatura del profilo dei trincarini, che proseguiva ininterrotta abbracciando l’intera murata poppiera, conferiva rigidità strutturale all’insieme. Ma ricordo anche che questo fu il principale impedimento alla mia volontà di cimentarmi già all’epoca nel drifting ed in genere in tecniche di pesca “ambiziose”. L’idea di affacciarmi fuori bordo per dover sollevare a peso morto dall’acqua un grande pesce mi faceva desistere, tanto più che spesso mi ritrovavo da solo in barca. L’alternativa sarebbe consistita nell’emulare…


Calyber 12 Lil’ Buddy: un gioiello made in North Carolina

Gli Stati Uniti d’America ci hanno abituato ad ogni sorta di stravaganza, soprattutto in ambito nautico: center console di sessantacinque piedi, grandi convertibles motorizzati fuoribordo, sportfisherman lunghi 30 metri e più. Mancava, però, qualche testimonianza fishing “tascabile”… Un costruttore custom specializzato in fisherman dall’inconfondibile Carolina flare ci fa brillare gli occhi con la sua creatura più piccola, che sarebbe davvero difficile battere in dimensioni pur mantenendo una certa utilizzabilità in condizioni marine “realistiche”. Il Calyber 12 Lil’ Buddy è il mini-fisherman più sexy del Pianeta Terra, il più brillante ed affascinante capriccio nautico che possa contemplare ad oggi, al netto di qualsivoglia considerazione sull’utilità di un oggetto di tali dimensioni e fattezze. Dodici piedi di lunghezza fuori tutto, una linea da urlo, dotazioni ed opzioni da grande, compresa una scenicissima helm pod in mogano e comando Glendinning monoleva Palm Beach style. Questo center console custom ha un flare da far invidia a Sculley, Buddy Davis, Jarrett Bay e compagnia cantando. All’interno troviamo, a partire da poppa: un divano comodo per tre persone, protetto da falchette davvero imponenti per la loro larghezza, in rapporto alle dimensioni esigue di questo scafetto. Falchette tanto larghe da poter ospitare due portacanna ad incasso per lato. Le bitte sono poste in corrispondenza degli spigoli di poppa e sono del tipo a scomparsa. La carena rispecchia esattamente il design degli scafi maggiori del cantiere: ruota di prua dal raggio amplissimo, affilata e coadiuvata da un pattino di sostentamento per lato; ginocchi pronunciati per rendere asciutta la navigazione e murate che progressivamente si riempiono da prua a poppa , dove diventano si forma leggermente convessa, per conferire una maggiore impronta alla superficie immersa proprio dove serve maggior stabilità da fermo. La motorizzazione è affidata ad un motore ovviamente fuoribordo, fino ad una potenza massima di 30 cv,…


Novità dal Salone: Wellcraft 202 Fisherman

Altra presenza, tra le poche testimonianze yankee dell’ultimo Salone Nautico di Genova, è Wellcraft, che ci mostra il suo “venti piedi”, dopo il già recensito 182 Fisherman ed il nuovo modello d’ingresso della casa, il 162 Fisherman. Il 202 Fisherman. Si tratta di una barca da pesca compatta, con layout center console che, come da tradizione del cantiere costruttore, offre tutte le dotazioni, gli accorgimenti, le comodità proprie di un vero fisherman, per di più per la maggior parte di serie. Ciò che più rileva circa l’equilibrio progettuale e dinamico, è la possibilità di gestire velocità di crociera più che decorose, pur a pieno carico, con una potenza contenuta nei 150cv del fuoribordo Mercury che equipaggiava l’esemplare ormeggiato ai pontili dello stand. La carena a V variabile con deadrise di diciannove gradi rappresenta un ottimo compromesso tra morbidezza di impatto sull’onda ed efficienza in termini di consumi. La zona guida è protetta da un T-Top verniciato a powder-coating, dotato di chiusure perimetrali amovibili per le stagioni più fredde o, semplicemente, per ripararsi dagli inevitabili spruzzi durante la navigazione impegnata. Il divanetto che ospita comandante e passeggero è dotato di schienale ribaltabile per potersi facilmente trasformare in mezzanino rivolto verso poppa durante le fasi di pesca. Sotto il medesimo, è possibile alloggiare, come opzione, una ghiacciaia estraibile ed asportabile. La console destina un’area generosa, per la categoria, all’incasso della strumentazione elettronica di ausilio alla navigazione, mentre il Marine Mat Package rende più confortevole talune zone della barca soggette a compressione e calpestio, come la pedana poggiapiedi della console stessa, le falchette interne che, altrimenti, sono fornite prive di cockpit bolsters. La soluzione offerta da tale package ha un vantaggio rispetto ai tradizionali “cuscini”: ingombrano poco più di 1cm in spessore, a totale beneficio della abitabilità interna, che consentirà di godere appieno…


Articolo su Pesca in Mare di Settembre

Come di consueto, vi allego il pdf del mio articolo presente nella rubrica Pesca&Nautica nel numero della rivista “Pesca in Mare” di Settembre. Questa volta si parla di impianti idraulici: LA FORMA DELL’ ACQUA   Buona lettura e Buon Mare! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast  


Orrori nautici dal Salone di Genova

Durante la mia visita al 59° Salone Nautico di Genova, non ho potuto non notare soluzioni e dettagli che mi hanno lasciato dal perplesso, fino al basito. Per delicatezza non farò nomi di cantieri, perché in questa sede mi interessa farvi notare semplicemente cosa, a bordo di una barca non dovrebbe mai esserci. Una barca da pesca dovrebbe rispettare pochi, ma fondamentali, canoni costruttivi e progettuali: sarebbe quindi auspicabile che i cantieri non li reinterpretassero con eccessiva “libertà”, finendo per snaturarne la loro ragion d’essere, per un motivo semplicissimo: IL FISHERMAN AFFONDA LE SUE RADICI NELLA TRADIZIONE E NELL’ESPERIENZA: NESSUNA MODA POTRÀ, DUNQUE, A QUESTA SURROGARSI SENZA DETURPARE FUNZIONALITÀ ED ERGONOMIA. Il primo orrore che non ho potuto fare a meno di fotografare è stata questa vasca “sospesa” -non saprei come chiamarla altrimenti- con tubazioni a vista, il tutto dall’apparenza molto fai-da-te e posticcia: Non so quanto  una soluzione così congegnata possa resistere alle ripetute sollecitazioni della navigazione. Altro problema che qui si pone è la presumibile prematura usura delle connessioni di scolo dell’acqua, esposte alle intemperie sicuramente più rispetto ad una installazione strutturale alla barca. Altro dettaglio che mi ha colpito (e quasi affondato…) è stato ciò che si intravedeva in fondo a questa delfiniera: un varco nella linea di giunzione scafo-coperta giusto sopra il bottazzo, presumibilmente per l’alloggiamento del musone dell’ancora ove la barca non venga equipaggiata con la delfiniera. Una zona non rifinita, non tanto per l’occhio (non sarebbe visibile fuorché con barca su taccate, dalla parte inferiore) quanto per possibile intrusione di acqua con mare di prua od a seguito di forte delfinamento. perfettibile anche il fissaggio della delfiniera stessa, affidato a due viti autofilettanti nella parte inferiore e due bulloni con controdado in quella superiore, con rondella piatta. Un altra scelta per me opinabile è…


Novità dal Salone: Tuccoli T250 Capraia e VM

Occorre essere onesti con se stessi: il 59° Salone Nautico di Genova non è stato un gran salone per gli amanti della pesca sportiva. Vuoi per i dazi aggiuntivi USA-Europa, vuoi per il tasso di cambio sfavorevole, il ventaglio di scelte Made in U.S.A. si è ridotto, quest’anno, a cinque unità, come già anticipato in questo articolo. Ma delle possibili cause parlerò esplicitamente in un articolo all’uopo dedicato, preferendo soffermarmi in questa sede su una barca italiana che, a mio parere, ben interpreta il concetto di sportfishing boat. In sostanza, questa barca interpreta appieno i canoni stilistici ed ergonomici tracciati nell’ eBook La Barca da Pesca Perfetta : Il cantiere Tuccoli è uno dei nomi 100% Made in Italy ritornati alla ribalta, e con un certo stile. Infatti all’odierno Salone nautico era presente con tre barche e due modelli: il T280 Fuoribordo il T250 Capraia, nelle due versioni: una promiscua pesca/diporto ed una più prettamente fishing, denominata T250 VM (iniziali di Marco Volpi). Io analizzerò entrambe le versioni del T250, partendo da quella in secca, che ho avuto modo di analizzare più in dettaglio. Il T250 Capraia ha un impatto visivo sicuramente piacevole: una carena a V profonda a deadrise variabile con due pattini di sostentamento per lato ed un ginocchio non particolarmente marcato, un flare ben raccordato ed una prua piena, la cui compattezza viene esaltata dalla mancanza della delfiniera. Un solido bottazzo a due elementi incornicia scafo e coperta con cura costruttiva degna di nota, finendo per raccordarsi con il bello specchio di poppa raggiato. L’angolo di uscita ad estrema poppa conserva un’ampiezza di ben 24 gradi, lasciando presagire un comportamento sull’onda “da grande”. Passiamo ad analizzare la coperta. Essa è realizzata in controstampata, infatti la parte interna dei gavoni ed i fondi dei vani a pagliolo sono perfettamente sagomati, gelcoattati…


Anche i V.I.P. amano i fisherman!

Parentesi aperta e chiusa, nella saga degli articoli dedicati al Salone Nautico di Genova… ————— Ogni tanto bisogna anche abbandonarsi alla curiosità di sapere se, dall’alto dei loro stili di vita, vi sia qualcosa che può accomunarci con alcuni personaggi famosi dello spettacolo, della musica o dello sport. Siccome avevo necessità di “bighellonare” un po’ tralasciando un po’ il protocollo redazionale, l’ho fatto chiedendomi se vi siano celebrità che possiedano una barca da pesca sportiva. Ed ho trovato: Billy Joel, col suo ARGOS, un “modestissimo” Ellis 36, allestito però in modo tale che la passione per il virtuoso piano man non possa proprio rimanere segreta. Billy Joel ha sempre avuto la passione per i fast commuter retro’ e per i downeast, ed Argos non lo smentisce: Michael Jordan, con il suo CATCH 23, un poderoso Viking 80 con il quale partecipa a pressoché tutti i tornei di pesca d’altura della East Coast. Lo sportivo più pagato di tutti i tempi per molti anni fino alla fine degli anni 80, il golfista Greg Norman, ha deciso di portarsi il suo Liberty 48 Sportfisherman sulla sua… “barca”. Il sistema ricorda una matrioska, dato che a bordo vi sono un totale di 7 natanti, tra cui, oltre al Liberty già citato, anche un più modesto center console con propulsione ad idrogetto di soli 38 piedi… Leggenda narra che a bordo dell’ Aussy Rules giacciano oltre 200 canne da pesca… Insomma, indipendentemente dalla capienza del proprio portafoglio, la passione per la pesca contagia chiunque… A presto, con un ritorno alle novità del 59° Salone Nautico di Genova, e Buon Mare! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


59° Salone Nautico Internazionale di Genova : le prime impressioni a caldo.

Dopo anni di pausa dal visitarlo, questa è la mia seconda edizione consecutiva che mi vede ritornare tra i padiglioni della Fiera di Genova. Non senza qualche emozione (e qualche inevitabile disappunto). Partiamo dalle prime: le EMOZIONI. Per chi ama il mare ed il bel navigare come me, varcare l’ingresso di Piazzale Kennedy è sempre stata -e sempre sarà- una esperienza emotiva. Sin da bambino, quando passavo i tornelli tenuto per mano da mio padre, gli stendardi dei vari cantieri espositori, tesi al vento di maestrale, che si stagliavano nel cielo terso e limpido, anche quest’anno (tranne che per la prima mattina del 19…) hanno aperto le danze per gli occhi e per la mente. Al Salone Nautico, anche per chi non ha la possibilità di acquistare una barca, sognare è gratuito, ed è un sano, sanissimo sognare. Ambire a poter navigare, un giorno, con una propria barca, è un pensiero genuino ed innato nella natura umana, che dal Mare proviene e nel Mare, istintivamente, tende a ritrovare le sue ataviche origini. (cit. “Le 11 Buone ragioni per Non Comprare una Barca – ed una per farlo”) Quindi, ben venga il Salone Nautico se non altro da questo punto di vista , poiché è in grado di risvegliare l’ambizione in chi si è arreso ad anni di crisi economica e lavorativa, quasi a voler essere da sprone per i tempi a venire di ambizioni e passione. Chiuso questo breve cappello, passo ora a ciò che mi aspettavo riguardo il mio settore: quello, cioè. dei fisherman, o barche da pesca sportiva. Premetto che, volutamente, quest’anno non ho dato nemmeno una spulciata all’elenco degli espositori sul sito web del Salone Nautico, per varcarne la soglia d’ingresso senza disillusioni -e delusioni-, forse un po’ perché inconsciamente me ne aspettavo. Una prima passeggiata superficiale, a passo…