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Novità dal Salone: Tuccoli T250 Capraia e VM

Occorre essere onesti con se stessi: il 59° Salone Nautico di Genova non è stato un gran salone per gli amanti della pesca sportiva. Vuoi per i dazi aggiuntivi USA-Europa, vuoi per il tasso di cambio sfavorevole, il ventaglio di scelte Made in U.S.A. si è ridotto, quest’anno, a cinque unità, come già anticipato in questo articolo. Ma delle possibili cause parlerò esplicitamente in un articolo all’uopo dedicato, preferendo soffermarmi in questa sede su una barca italiana che, a mio parere, ben interpreta il concetto di sportfishing boat. In sostanza, questa barca interpreta appieno i canoni stilistici ed ergonomici tracciati nell’ eBook La Barca da Pesca Perfetta : Il cantiere Tuccoli è uno dei nomi 100% Made in Italy ritornati alla ribalta, e con un certo stile. Infatti all’odierno Salone nautico era presente con tre barche e due modelli: il T280 Fuoribordo il T250 Capraia, nelle due versioni: una promiscua pesca/diporto ed una più prettamente fishing, denominata T250 VM (iniziali di Marco Volpi). Io analizzerò entrambe le versioni del T250, partendo da quella in secca, che ho avuto modo di analizzare più in dettaglio. Il T250 Capraia ha un impatto visivo sicuramente piacevole: una carena a V profonda a deadrise variabile con due pattini di sostentamento per lato ed un ginocchio non particolarmente marcato, un flare ben raccordato ed una prua piena, la cui compattezza viene esaltata dalla mancanza della delfiniera. Un solido bottazzo a due elementi incornicia scafo e coperta con cura costruttiva degna di nota, finendo per raccordarsi con il bello specchio di poppa raggiato. L’angolo di uscita ad estrema poppa conserva un’ampiezza di ben 24 gradi, lasciando presagire un comportamento sull’onda “da grande”. Passiamo ad analizzare la coperta. Essa è realizzata in controstampata, infatti la parte interna dei gavoni ed i fondi dei vani a pagliolo sono perfettamente sagomati, gelcoattati…


Anche i V.I.P. amano i fisherman!

Parentesi aperta e chiusa, nella saga degli articoli dedicati al Salone Nautico di Genova… ————— Ogni tanto bisogna anche abbandonarsi alla curiosità di sapere se, dall’alto dei loro stili di vita, vi sia qualcosa che può accomunarci con alcuni personaggi famosi dello spettacolo, della musica o dello sport. Siccome avevo necessità di “bighellonare” un po’ tralasciando un po’ il protocollo redazionale, l’ho fatto chiedendomi se vi siano celebrità che possiedano una barca da pesca sportiva. Ed ho trovato: Billy Joel, col suo ARGOS, un “modestissimo” Ellis 36, allestito però in modo tale che la passione per il virtuoso piano man non possa proprio rimanere segreta. Billy Joel ha sempre avuto la passione per i fast commuter retro’ e per i downeast, ed Argos non lo smentisce: Michael Jordan, con il suo CATCH 23, un poderoso Viking 80 con il quale partecipa a pressoché tutti i tornei di pesca d’altura della East Coast. Lo sportivo più pagato di tutti i tempi per molti anni fino alla fine degli anni 80, il golfista Greg Norman, ha deciso di portarsi il suo Liberty 48 Sportfisherman sulla sua… “barca”. Il sistema ricorda una matrioska, dato che a bordo vi sono un totale di 7 natanti, tra cui, oltre al Liberty già citato, anche un più modesto center console con propulsione ad idrogetto di soli 38 piedi… Leggenda narra che a bordo dell’ Aussy Rules giacciano oltre 200 canne da pesca… Insomma, indipendentemente dalla capienza del proprio portafoglio, la passione per la pesca contagia chiunque… A presto, con un ritorno alle novità del 59° Salone Nautico di Genova, e Buon Mare! Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


59° Salone Nautico Internazionale di Genova : le prime impressioni a caldo.

Dopo anni di pausa dal visitarlo, questa è la mia seconda edizione consecutiva che mi vede ritornare tra i padiglioni della Fiera di Genova. Non senza qualche emozione (e qualche inevitabile disappunto). Partiamo dalle prime: le EMOZIONI. Per chi ama il mare ed il bel navigare come me, varcare l’ingresso di Piazzale Kennedy è sempre stata -e sempre sarà- una esperienza emotiva. Sin da bambino, quando passavo i tornelli tenuto per mano da mio padre, gli stendardi dei vari cantieri espositori, tesi al vento di maestrale, che si stagliavano nel cielo terso e limpido, anche quest’anno (tranne che per la prima mattina del 19…) hanno aperto le danze per gli occhi e per la mente. Al Salone Nautico, anche per chi non ha la possibilità di acquistare una barca, sognare è gratuito, ed è un sano, sanissimo sognare. Ambire a poter navigare, un giorno, con una propria barca, è un pensiero genuino ed innato nella natura umana, che dal Mare proviene e nel Mare, istintivamente, tende a ritrovare le sue ataviche origini. (cit. “Le 11 Buone ragioni per Non Comprare una Barca – ed una per farlo”) Quindi, ben venga il Salone Nautico se non altro da questo punto di vista , poiché è in grado di risvegliare l’ambizione in chi si è arreso ad anni di crisi economica e lavorativa, quasi a voler essere da sprone per i tempi a venire di ambizioni e passione. Chiuso questo breve cappello, passo ora a ciò che mi aspettavo riguardo il mio settore: quello, cioè. dei fisherman, o barche da pesca sportiva. Premetto che, volutamente, quest’anno non ho dato nemmeno una spulciata all’elenco degli espositori sul sito web del Salone Nautico, per varcarne la soglia d’ingresso senza disillusioni -e delusioni-, forse un po’ perché inconsciamente me ne aspettavo. Una prima passeggiata superficiale, a passo…


59º Salone Nautico di Genova: le aspettative

Come ogni anno, mi riaccingo a visitare il Salone Nautico Internazionale di Genova, giunto quest’anno alla cinquantanovesima edizione. Il Salone Nautico è da sempre il “termometro” dello stato di salute dell’economia italiana. Questa manifestazione, infatti, fino a prima della grande crisi finanziaria del 2008, ha sempre unito pressoché tutte le fasce sociali: quella dei grandi ricchi, di coloro per i quali il maggior introito proviene da proventi della gestione di grandi patrimoni; di quella della medio-alta borghesia, fatta di imprenditori la cui entrata reddituale eminente è rappresentata dal fatturato della propria azienda, spesso nata dopo anni di sacrifici ed impegni di più generazioni familiari; dei piccoli imprenditori autonomi ed anche dei lavoratori dipendenti che, prima dell’avvento dell’euro riuscivano ad accantonare qualche centinaia di migliaia di lire al mese per potersi permettere il gommoncino o la barchetta per pescare sottocosta o fare il bagno con moglie e figlioli. Insomma, un tempo la nautica (ed il Salone Nautico di Genova) era un sogno possibile per molti; oggi il settore è diventato elitario, non v’è dubbio alcuno. Ragion per cui, da questo Salone, mi aspetto una ancor più massiccia presenza di mega yacht, una rafforzata presenza di yacht di medio-grandi dimensioni ed una lacunosa presenza di barche accessibili dai molti. Lacunosa perché la contingente guerra mondiale dei dazi, unita ad un cross EURUSD sfavorevole, potrebbe tenere scontenti molti visitatori, lo scrivente in primis, per la quasi totale assenza di fisherman provenienti da oltreoceano . Le questioni di cui sopra comportano che acquistare un fisherman americano di sei metri oggi può costare una cifra davvero irragionevole e fuori da ogni logica. Nonostante tutto, la passione pulsa ancora nella mia penna e nel mio cuore, e la fame di novità mi porterà tra stand e padiglioni dove da bambino sognavo, e dove da grande ho…


Boston Whaler 220 Outrage: center console in purezza.

Boston Whaler non ha bisogno di presentazioni. È forse il marchio americano che prima di ogni altro è approdato in Italia già ormai più di 40 anni fa, facendosi conoscere per la cura costruttiva e la durata dei suoi manufatti contro gli elementi ed il tempo. Il 220 Outrage è un mezzo poliedrico e specialistico allo stesso tempo. Se da un lato permette, grazie al comodo locale ricavato nella console, di avere un servizio “dignitosamente” accessibile ed utilizzabile, oltre che un vano per cambiarsi, dall’altro questo Boston ha davvero proprio tutto ciò che un pescasportivo possa esigere da un fisherman: dalle vasche del vivo, a quelle per il pescato, coibentate, a svariati porta canna a riposo ed in pesca, fino ad un solido t-top con chiusure perimetrali. Il 220 Outrage beneficia dell’influsso del nuovo design arrivato sotto egida Brunswick (questa è anche la ragione per cui tutti i Boston escono dalla fabbrica con pre-rig Mercury o mtorizzati con gli stessi motori). Dimenticato il passato… ad ali di gabbiano, ormai da due decenni, la carena del 220 Outrage è ora una moderna V variabile con deadrise poppiera di 21°, che le consente di essere molto performante con motorizzazioni nell’ordine dei 225-250cv, ottenendo più che apprezzabili percorrenze a velocità di crociera (2.75mpg a 4000rpm e 21.5kn, con 1x225cv Mercury Verado). Il pozzetto è come dovremmo aspettarcelo da un cantiere veterano dei fisherman come Boston Whaler: ampio calpestio, pur con il mobile che ospita le poltroncine di guida arretrate, una zona di preparazione delle esche con tagliere e vasca del vivo -questa perfettamente centrale, in modo da poter essere raggiungibile da ogni angolo del pozzetto- cockpit bolsters fabbricati in robustissimo vinile marino resistente ai raggi UV, vasche del pescato a pagliolo davvero generose per la categoria, più alloggi per palle di cannone per…


I fisherman che (forse) non conoscevi

Mi piaccono i vecchi fisherman. Quelli spartani ma non rustici, sobrii ma non scarni, duri come il marmo. Quelli che “ciò che non c’è, non si rompe” e che “ciò che c’è, è ben fatto”. Mi piacciono quegli scafi che, quando li vedi in una foto picchettati da chissà quanti anni sui mattoni, ti vien voglia di perderci denari e mesi della tua vita per riportarli ai vecchi fasti, perché se fossero al pontile, avrebbero tanto da insegnare a molte delle moderne “signorine carenate” che si fregiano dell’appellativo di “fisherman” e poi si perdono tra orpelli e delicatezze varie. Io, di mio, in tal senso ho già dato… e mi è andata pure male (CLICCA QUI). Ma non escludo di ripetere l’avventura, chissà che non mi vada bene, stavolta. Il mio libro è pregno di esempi classici di fisherman che io considero le colonne portanti dell’odierna nautica specialistica per la pesca sportiva. In questo articolo citerò modelli che in Fisherman Americani non figurano, per darvi ulteriori nozioni a complemento delle linee guida ivi presenti. Avevate mai sentito parlare, ad esempio, di North Coast? E’ il cantiere dal quale Blackfin acquistò gli stampi per costruire il suo 31 Combi. North Coast, così come tanti cantieri nautici americani nati per passione, ha un vissuto societario travagliato, fatto di crisi di liquidità, difficoltà nel pagare i fornitori, chiusure, riaperture. Una caratteristica, però, è sempre stata comune ad ogni scafo North Coast: la qualità costruttiva. Anche nei momenti di maggiori difficoltà, quando il cantiere commissionava la costruzione all’esterno, si affidava a cantieri di comprovata affidabilità (leggi Phoenix, del quale parlo in QUESTO ARTICOLO). La carena di North Coast era estremamente aggressiva: una V profonda senza compromessi. Una deadrise poppiera di 23 gradi (!!) su un 31 piedi è pressoché introvabile. Le barche North Coast erano…


Fisherman e FUORIBORDO : where are we going?

E’ vero che questo è un argomento trito e ritrito (anche nel mio libro, se a qualcuno fosse sfuggito…:-) ) ma oggi voglio buttare giù qualche numero per vedere se è utile dare sempre tutto per scontato, quando una variabile cambia. La variabile di oggi si chiama “lunghezza f.t.“, ed i risultati sono tutt’altro che scontati! Un tempo… …si sceglieva il FUORIBORDO per le seguenti ragioni: – Immediatezza di utilizzo; – Economia di gestione; – Semplicità ed economicità di rimotorizzazione. Oggi le ragioni per cui sceglierlo sono rimaste le medesime, ma solo finché ci manteniamo su scafi entro i 30 piedi di lunghezza f.t. Con questo articolo voglio mettere in discussione una minima parte delle considerazioni che questo argomento-diatriba metterebbe, in teoria, sul piatto. Tuttavia servirebbe un libro dedicato a questo tema per eviscerarle a dovere. Il mercato ci sta letteralmente inondando di mega-center console fino a 65’ di lunghezza (ad oggi, non sappiamo se domani verrà varato un 70, un 80 od un 100 piedi…) , con una rastrelliera di fuoribordo che in alcuni arriva ai 6 (SEI) unità appese sullo specchio di poppa. È evidente che le ragioni sopra esposte perdono ogni fondamento in questi ultimi casi. Ma personalmente non ricorrerei a questi esempi estremi per evidenziare l’incoerenza della scelta del FB a partire da determinate dimensioni in poi: mi basta prendere in esame una coppia di barche di medesimo cabotaggio, una motorizzata FB, l’altra EBD. Esempio: Grady White 370 Express Vs Albemarle 360 Express. La prima motorizzata con 3x425cv Yamaha fuoribordo, la seconda con 2x575cv Cat entrobordo diesel. Senza troppi giri filosofici, andiamo ad analizzare i consumi di carburante: la velocità di crociera ottimale per il Grady è di 29.8MPH a 3400 giri/min, regime  al quale la barca registra un consumo di 32.5gal/h, che corrisponde a 0,9…


Davis 61: un sogno americano in Italia

Un tramonto come tanti a Capo di Santa Maria di Leuca, passeggio sul lungomare e tappa obbligata al porto turistico, dove i miei occhi erano alla costante ricerca di torri e divergenti tra la miriade di tendalini e gusci bianchi variamente dondolanti, che ben poco sapevano di mare e molto di salotto parcheggiato… Ogni estate che passavo in Salento era (ed è) sin da bambino, una nuova occasione per ammirare da vicino qualche fisherman in transito. Delle mie tante passeggiate agostane al porto turistico di Leuca ne ricordo una in particolare, perché si materializzò, in lontananza, la visione di una sagoma che avevo visto solo sui numeri di Power and Motoryacht e sull’allora in voga rivista italiana Motonautica. Su quest’ultima la foto di un Davis 61 si estendeva per quattro pagine sistemate a portafoglio… e quando le dispiegavo mi ci perdevo in ogni dettaglio di quel miraggio… In banchina, sul pontile più esterno destinato alle barche in transito, c’era un Buddy Davis 21. Il nome inciso sullo specchio di poppa ligneo con lettere in foglia oro lucido era “Americana” In questo articolo parlo di Americana, perché ora il primo sportfishing yacht che abbia mai visto è in vendita, dopo oltre quindici anni sotto le cure maniacali del suo proprietario, oggi passato ad una barca più grande, sempre un Davis, tra l’altro! Appena giunto davanti alla barca, fui investito da un odore di teak e mogano che ricordavano catture di marlin in pieno Oceano anche se non ne ho mai fatte. Quell’odore parlava e sapeva di buono… Ricordo che mio padre e mia madre rimasero seduti al bar della darsena, ed io e mia sorella (allora poco più che ragazzini) ci facemmo avanti con un inglese da terza liceo, per salutare e chiedere ai due ragazzoni dell’equipaggio (americani anche loro) se…


Articolo su Pesca in Mare di Agosto 2019

Cari amici, come ormai di consueto, anche nel numero di Agosto 2019 è presente il mio contributo alla nota rivista cartacea Pesca in Mare. Nella rubrica Pesca&Nautica, questo mese parlo di FUORIBORDO: CHE TEMPI CORRONO? Qualora vi foste persi il numero di Pesca in Mare di Agosto 2019, vi rimetto il file pdf consultabile gratuitamente cliccando qui sotto: CLICCA QUI PER SCARICARE L’INTERO ARTICOLO Non dimenticate di leggere il libro Fisherman Americani – il Libro delle Barche per la Pesca Sportiva, l’unico libro con consulenza nautica inclusa! Vi faccio presente anche l’ eBook La Barca da Pesca Perfetta- Guida Sintetica- che trovate anche su Amazon!   A presto e Buona Lettura!   Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare FISHERMANAMERICANI Podcast


Uniesse Marine 54 Fly: un’italiana dal dna americano

Oggi parlo di una barca di nicchia, costruita da un cantiere, udite udite, italiano, per giunta in un certo senso elitario. Non perché non vi siano sul mercato cantieri che costruiscano barche ancor più lussuose e tecnologiche, ma perché esso è conosciuto maggiormente da quella schiera di diportisti esigenti che non vogliono rinunciare ad un mezzo “marino”, pur nell’estrema cura del dettaglio e delle rifiniture… e che hanno anche la passione per la pesca. Uniesse Marine è un cantiere dalle radici italiane ma dal cuore a stelle e strisce. Dalla matita di Fred Hudson (lo stesso Hudson che ha disegnato svariati modelli per Hatteras e Bertram) nascevano, a partire dalla fine degli anni ottanta, scafi dall’indole fisherman che non potevo lasciare nel dimenticatoio perché, di fatto, meritano molta considerazione per qualità realizzativa ed attualità dei progetti. Tanto più che oggi il mercato offre diversi esemplari di fisherman Uniesse Marine a prezzi molto, molto appetibili. Dopo mesi di ricerca, in regione e fuori, è accaduto che, durante uno dei miei caffè estivi in quel di Gallipoli scorgessi un bell’esemplare di Uniesse 54 Fly. Dopo aver visitato la barca ed averla “toccata con mano”, ho avuto un dejavu: ho rivissuto quella stessa sensazione di ammirazione per le linee pure, tirate con grazia a filo di bottazzo, che provavo durante le mie primissime visite d’infanzia al Salone Nautico di Genova, quando ero ancora guidato da mio padre, che mi ci portava per mano. L’Uniesse 54 è, a mio parere, ancora oggi un riferimento di come la classe italiana sia capace -quando ne abbiamo la volontà- di reinterpretare con stile e raffinatezza i dettami di un particolare oggetto, che sia un accessorio d’abbigliamento od una barca. La linea esterna è sobria ed elegante come un abito sartoriale. La finestratura fume’ coronata dalle feritoie brune…