La tecnologia avanza, permea ogni settore produttivo e, il più delle volte, genera prodotti e servizi più efficienti ed efficaci.
In talune circostanze, però, l’avanzamento tecnologico porta a guardarsi un po’ alle spalle. vedasi, ad esempio, nel campo automotive (per chi fosse interessato all’argomento, questo l’indirizzo di un mio piccolo blog sul tema… giusto un passatempo!), dove persino gli ultimi, strenui sforzi della ricerca sull’endotermica nel tentare di rendere i motori a ciclo diesel ecocompatibili, hanno avuto la peggio contro i “nasi elettronici” che rilevano, nei maggiori centri urbani d’Italia, il tasso d’inquinamento. Ci si è dovuti rivolgere ai vecchi motori a ciclo Otto, che avevano conosciuto quasi un ventennio di stallo tecnologico, per poterli adattare alle vigenti normative europee sulle emissioni, coadiuvati dall’alimentazione a gas naturale o a gpl.
Non mi addentro ulteriormente con le soluzioni ibride o full-electric per non andare troppo off-topic, ma rovescio la medesima riflessione nel settore delle imbarcazioni.
In questi ultimi anni stiamo vivendo una metamorfosi del fisherman, sia dal punto di vista delle motorizzazioni (leggi QUI) che delle soluzioni di ausilio e di “correzione” (leggi QUI) .
Il risultato della sempre più persistente presenza della tecnologia a bordo è che siamo in qualche modo costretti ad “addestrarci” al meglio al suo impiego, per poterne godere dei benefici.
E’ una gran “figata” sostare in rada… senza esserlo! Sì, perché con lo skyhook posso mantenermi sull’esatto punto senza pensare a calumi troppo corti, a marre che arano, ad allarmi gps, ecc…
E’ altresì stupendo (ed anche surreale, concedetemelo) restare praticamente immobili, senza il benché minimo accenno al rollio, anche con mare formato al traverso, al semplice tocco di un tasto in plancia.
Non è altrettanto affascinate ancorarsi contro mare, soprattutto quando il vento, il moto ondoso e la corrente hanno direzione differenti…
ma è istruttivo!
Immaginiamo se i dispositivi sopradetti sui quali il diporto moderno fa tanto affidamento, vadano in panne: non resterebbe, in tal caso, che affidarsi alle proprie skills di lupi di mare… se ne abbiamo!
I miei libri, soprattutto “Fisherman Americani” e “Le 11 Buone Ragioni per NON Comprare una Barca” sono intrisi di ciò che, a torto o a ragione, mi è stato insegnato riguardo il mare: principalmente, A TEMERLO. E, come ogni elemento che si teme, viene automatico di volerlo conoscere bene, nelle sue manifestazioni più impreviste, nel modo di affrontarlo e, soprattutto, A BORDO DI COSA AFFRONTARLO.
A volte guardo le barche di ieri e quelle di oggi, e mi viene automatico il parallelo tra le biciclette tradizionali e le moderne bici servoassistite.
Poi penso: le bici son fatte per pedalare, non per viaggiarci senza il benché minimo sforzo. Ma, d’altro canto, questi mezzi che oggi sono tanto di moda, consentono anche a persone con mobilità limitata di avere una certa autonomia nelle faccende quotidiane.
Ma la barca… la barca è stata concepita per navigare, ed all’occorrenza anche per… barcollare, per assecondare il mare, non per essere usata come una pista da ballo o come terrazza per colazioni ed apertivi chic. O meglio, non solo per questo.
Uno scafo che fa affidamento sulle sue caratteristiche progettuali (ed anche qualche ingenuità) , sulle sue linee d’acqua -e solo su quelle-, consente al suo armatore di confortarsi con un mezzo genuino, pur nei suoi immancabili difetti, di conoscerli appieno senza che siano edulcorati o celati da
diavolerie tecnologiche che, quando vengono meno, mettono a nudo tutt’altra barca, una barca che noi NON CONOSCEVAMO AFFATTO.
Va bene… si capisce che questo inizio di gennaio per me sia guidato da paturnie forse troppo nostalgiche, e mi riprometto di rimettermi “al passo” coi tempi che corrono, con i primi tepori primaverili, al più tardi!
Ma lasciatemi almeno dire quanto ami gli spruzzi di acqua sul parabrezza quando ho sotto i piedi una bella carena a V profonda, quando i marosi bagnano i suoi masconi caliciati come schiaffi vigorosi e paterni, quando la barca mi chiede di brandeggiare al meglio (a braccia!) per fare, insieme, un ottimo lavoro di squadra.
Questo è il rapporto che vorrei che ogni diportista avesse con la propria barca, piccola, grande, nuova o vecchia essa sia.
Perché la barca ha un’anima (cit. Le 11 Buone Ragioni).
Buon Mare.
Benedetto Rutigliano
Autore di Fisherman Americani
Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”
Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook
Scrittore per la rivista Pesca in Mare
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