boston whaler

(NON) basta che sia americana! Repetita iuvant.

Oggigiorno si assiste ad una sopravvalutazione del prodotto “barca” made in U.S.A. spesso ingiustificata. Parlo ovviamente del mercato italiano, ricco di barche spesso passate di mano più e più volte. Il che non è necessariamente un male, se i proprietari che vi si sono avvicendati erano accomunati dalla stessa passione per il mare e dal rispetto per la propria barca. Il punto, semmai, è che una barca che ha avuto tre o quattro proprietari necessita della ricostruzione di tre o quattro storie, il che spesso non è possibile, per irreperibilità degli stessi o per altri motivi. Il nostro mercato, tuttavia, a causa del tasso di cambio sempre più sfavorevole che rende antieconomiche le importazioni di barche di budget medio-basso, stenta ad arricchirsi di barche “fresche”, e va a finire che, sfogliando gli annunci dei portali di vendita, abbiamo davanti agli occhi sempre le solite offerte. Questo ha dato adito a molti proprietari in procinto di cambiar barca (ma evidentemente non così motivati a farlo…), di fare cartello sui prezzi, innalzandone l’asticella e rendendo le loro stesse barche praticamente inavvicinabili dai potenziali interessati. Sembra quasi che basti avere il logo di un cantiere americano sul giardinetto per sentirsi in diritto di chiedere cifre al di là della ragionevolezza. D’accordo, è vero che il blasone è un valore aggiunto al prodotto… AGGIUNTO, appunto! Questo significa che, se la barca versa in condizioni critiche o comunque di precaria conservazione e manutenzione, per quanto di buon nome possa essere il suo costruttore, il valore di partenza è irrimediabilmente al di sotto di ogni apprezzamento dato dal brand. Come più volte scritto nei miei articoli passati e come continuerò instancabilmente a ripetere sia per iscritto sia a voce nelle mie consulenze, il prezzo, nella nautica, non lo fa un listino Eurotax, ma la storia stessa della…


Piccoli fisherman usati: poca spesa, molta resa

“…quando sono sani”, aggiungerei come sottotitolo. La barca da pesca che, nell’immaginario collettivo, appare come la più “disimpegnata” in assoluto resta senza alcun dubbio il center console nella fascia tra i 17′ ed i 21′. Questi fisherman possono essere mossi da un solo motore (semplicità ed economia di gestione), non sono molto esigenti dal punto di vista della potenza impiegata (consumi generalmente contenuti) per cui consentono di potersi muovere con potenze che vanno tra i 90 ed i 150 cavalli con sufficiente disinvoltura. Molto spesso, questi scafi permettono anche il montaggio di un motore di rispetto, da usare sia per la traina, per chi non volesse caricare di ore di moto a lento moto il motore principale, sia come unità di emergenza. Com’è ovvio, queste barche sono nel 99% dei casi motorizzati fuoribordo, il che consente di portare a nuova vita anche barche molto datate con la sostituzione del propulsore e poco altro. Il problema della rimotorizzazione è stato già affrontato in passato (vedi link) e torna alla ribalta ogni qual volta subodoriamo l’affare in uno scafo con alle spalle molti anni motorizzate con un vecchio due tempi crepitante. Il problema principale, in questi casi, è proprio capire il peso economico di una rimotorizzazione sul valore residuo del solo scafo, nonché se sia sufficiente rimotorizzare senza doverci spendere un’altra “barca di soldi” per ripristini strutturali importanti! I modelli che più mi vengono in mente, a tal riguardo, sono: Mako dal 171 fino al 221; Robalo 1820 fino al 2120; Boston Whaler Montauk e Dauntless di pari misure; Alcuni (rari) Fishing Rover by Rover Marine; I pressoché introvabili Seacraft (noti per le storiche carene a deadrise variabile). Non è che il mercato non offra altro, semplicemente ho voluto enumerare modelli e cantieri che costruivano più che bene, garanzia già di per sé…


Fuoribordo e manovre rapide: alcune considerazioni

Quello che vediamo in foto è di grande suggestione, ma potenzialmente di grave pregiudizio per i motori. E non mi riferisco espressamente ai modelli in foto in evidenza, ma a tutti i fuoribordo in quanto tali. Un fuoribordo ha la caratteristica di racchiudere sotto un’unica calandra blocco motore, impianto di alimentazione, parte dei rinvii di trasmissione e, soprattutto, le condotte di ASPIRAZIONE. Sebbene qualsiasi fuoribordo sia progettato in modo tale da ridurre al minimo l’ingestione di acqua dall’esterno, tale rischio non può essere mai del tutto evitato, soprattutto quando effettuiamo delle manovre repentine in presenza di mare mosso. (Non a caso un noto marchio di fuoribordo ha avuto diversi problemi con un altrettanto arcinoto modello di suoi motori 4t, problemi relativi proprio all’ingestione di acqua salata nelle camere dei cilindri più bassi sull’acqua). Il peso gravante ad estrema poppa tipico delle imbarcazioni motorizzate con grossi fuoribordo ha l’effetto che, quando si accelera in retromarcia, la pressione della poppa sull’acqua tenderà a “tirare in basso” lo specchio stesso. Ovviamente tale effetto non è evidente così platealmente su ogni imbarcazione fuoribordo, ma stiamo parlando di tendenza , la quale resta. Al contrario, una barca entrobordo ha il fulcro posizionato nella zona della sala macchine, che quindi agirà da perno per le manovre a tutto gas marcia indietro. Gli effetti benefici sono di: Sollevare la poppa quel tanto che basta per agevolare il drenaggio fuoribordo delle acque imbarcate grazie ad ombrinali non “affogati”; Dare la possibilità di effettuare manovre a più alta velocità rispetto ad una imbarcazione fuoribordo, con la quale bisognerà procedere con i guanti bianchi se non si vorrà avere il timore di arrecare danni ai motori. Naturalmente, esistono barche fuoribordo che minimizzano tale endemico effetto e, viceversa, barche entrobordo che mal gestiscono tali manovre, nonostante la loro natura le vorrebbe ben…


L’evoluzione dei dettagli sulle imbarcazioni: il parabrezza

Alcuni elementi delle imbarcazioni sono uguali a se stessi da decenni, senza che il bisogno di cambiare sia mai stato pressante. Non che, per mare, le soluzioni semplici e super-collaudate facciano male, anzi… Ma poi arriva il momento di cambiare, vuoi per risparmiare nei tempi di installazione in sede di costruzione della barca, vuoi perché alcuni particolari escono dalla produzione (leggasi guarnizioni, profili estrusi, metodi di accoppiamento delle componenti, ecc..) Nel caso dei parabrezza, si sta assistendo ad una sana ed incipiente tendenza: i frame senza guarnizione. Le ragioni partono dall’economizzazione nei processi di assemblaggio e giungono ad una serie di reali vantaggi per l’utente finale. La verità è che, a bordo, l’assenza di canaline, profili metallici assemblati e guarnizioni gommate sono una manna dal Cielo. Profili lisci e solidi, con vetri temperati congiunti direttamente alla cornice parabrezza a depressione, sono una gioia per gli occhi che, tra l’altro, rende il tutto più semplice da pulire, oltreché meno vulnerabile agli agenti atmosferici ed alla corrosione. In più, gli attuali trattamenti in powder coating (verniciatura a polvere) rendono i metalli pressoché immuni per molti anni agli agenti atmosferici, e ciò si sostanzia in minor manutenzione a vantaggio dell’economia di gestione della barca e della sua piena godibilità. L’evoluzione a bordo sta modificando lentamente ma con costanza molte componenti delle barche di nuova concezione, alcune delle quali, come abbiamo avuto modo di appurare nel caso del parabrezza, a vantaggio del diportista e non solo delle casse dei produttori. Se vuoi approfondire le tematica dei fisherman consiglio vivamente di leggere il libro Fisherman Americani ed il nuovo ebook LA BARCA DA PESCA PERFETTA Buon Mare e buona lettura! Dr. Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta-…


Grady White 208 Adventure: Piece of my heart <3

C’era una volta un Grady-White 208 Adventure, il mio 208. Avevo trovato l’annuncio nella penultima pagina della rivista Nautica , a nome di un grande importatore del marchio Grady White che aveva da poco cessato l’attività. – La barca era sotto cellophane, senza elettronica né motore. Era ben accessoriata però, dato che aveva l’hard top con le chiusure perimetrali, anch’esse imballate e riposte in cabina. Dopo una breve ma proficua trattativa, accordammo il prezzo e la facemmo consegnare presso il cantiere di zona che avrebbe installato il motore, un ruggente Evinrude 225cv Ficht-Ram D.I. nuovo, giusto 5cv meno della massima potenza applicabile su quello scafo . Installato il motore e testata la barca, notammo l’esuberanza del package, tant’è che mai abbiamo provato a darvi tutta manetta. L’erogazione di quei due tempi ad iniezione diretta non era nemmeno lontanamente paragonabile a quella dei moderni quattro tempi, al paragone moscia e piatta. Ricordo la cura per i dettagli che Grady White riservò a questo suo walkaround entry level, paragonabile a quella delle sue ammiraglie. Notai in particolare, il foro di scolo del vano chiuso porta-strumenti, provvisto di boccola smussata e di cucchiaio per evitare anche il minimo ristagno di acqua! Nel pozzetto , nel suo piccolo, non mancava nulla: vasca del vivo con ricircolo, vasche del pescato coibentate, imbottiture perimetrali dei trincarini, persino il supporto porta-palla da affondatore (!), portacanne ad incasso e sull’hard-top, plancetta di poppa . Insomma, avevo tutto ciò che mi potesse permettere di ambire a grandi avventure di pesca , ed ora avevo acquistato il mio primo fisherman americano nuovo! Tutto ciò che toccavo era ricoperto di quel brillante e pastoso gelcoat color crema tipico di GW, il bottazzo era pieno e solido, perfettamente raccordato agli spigoli e le curvature in prossimità degli angoli conservavano la loro linearità e…


Scelta per voi dal 58° Salone Nautico di Genova: BOSTON WHALER 350 OUTRAGE

La solita qualità indiscussa di Boston Whaler: materiali di ottima fattura, spessori generosi, scricchiolii inesistenti, rivestimenti robusti, posizionamento ottimale degli accessori, con alcune innovazioni. In primis la side door: su barche dove l’intero specchio di poppa, o quasi, è ingombrato dalle calandre dei fuoribordo, la zona sgombra che risulta più logico utilizzare per l’imbarco e per il tag delle prede è il giardinetto. È qui che il cantiere ha posizionato un portello indicato, tra l’altro, anche per chi fa diving, dato che agevola non di poco l’issaggio delle bombole o di altra attrezzatura attraverso una soglia senza gradini, alta giusto un paio di palmi sopra la linea di galleggiamento. Altro dettaglio degno di nota è la quasi sconfinata vasca del vivo principale (sì, perché su questa barca ne abbiamo due), accorpata alla leaning post che precede immediatamente le sedute della zona guida: coperchio in policarbonato trasparente di spessore quasi imbarazzante (per quanto pesa), bordi armonizzati, ossigenatore ad alta capacità ed illuminazione diurna e notturna. Non si può davvero chiedere altro ad una vasca del vivo. Una seconda vasca è disposta all’angolo sinistro di poppa, posizione ideale per esche “imbrattanti” come i cefalopodi. Sebbene quest’ultima sia di supporto alla prima, è stata concepita con gli stessi crismi di fruibilità ed efficienza di ogni altro elemento a bordo di questa barca studiata nel minimo dettaglio. Per quanto concerne lo stivaggio del pescato, non si è fatta davvero economia nemmeno da questo punto di vista: il pagliolo del pozzetto fin quasi a mezza barca prevede vasche ad incasso coibentate e perfettamente gelcoattate per una pulizia immediata es una perfetta ermeticità rispetto a possibili insinuazioni di umidità nelle sezioni interne dello scafo che, ricordiamo, come da tradizione Boston Whaler, è interamente riempito di schiuma di poliuretano espanso a cellula chiusa, a garanzia di un…


Le migliori barche da pesca americane… in Italia: brevi cenni.

Quando si parla in termini assoluti si rischia di incorrere facilmente in errore. E si sa, quando parliamo di nautica, vige il detto secondo il quale “la barca è sempre una coperta troppo corta”; se all’enunciato edittale, però, si accosta l’esperienza che ne dimostra la fondatezza, si può con buona approssimazione definire il campo di scelte ed orientarlo a nostro favore, eliminando se non altro le fonti di distrazione dal nostro obiettivo: INDIVIDUARE LA BARCA DA PESCA GIUSTA PER NOI. In questo articolo parlerò più specificamente della qualità di taluni fisherman, che il pongono a buon diritto ai vertici della categoria per cura costruttiva e durata nel tempo. Il mercato dell’usato nazionale vede tra i “best seller” i noti marchi Boston Whaler, Grady White, Mako, Pursuit, Tiara e non più di altre 4 o 5 aziende leader, alcune ancora oggi attive, altre solo fino a qualche anno fa, nella produzione su scala industriale di fisherman di medio-piccole dimensioni. In questo articolo mi soffermerò sui primi due nomi, rimandando alle prossime scritture, le digressioni sugli altri marchi citati. Tutti marchi citati nel libro Fisherman Americani, che puoi acquistare CLICCANDO QUI. Boston Whaler ha preso piede in Italia a partire dalla fine degli anni ’60 sia come tender d’élite per grandi yacht (si pensi ai diffusissimi 13′ e 15′ Super Sport, onnipresenti e in bella mostra con le loro consolle in mogano, sui vecchi Baglietto e yacht d’altri tempi di pari rango) sia come barca per la pesca costiera e non (fine per il quale oltreoceano questi indistruttibili scafi sono nati). Tali barche sono tuttora apprezzate sul mercato e perfettamente efficienti, principalmente per la grande qualità costruttiva, e per la tecnologia che li rendeva gli unici scafi da diporto realmente inaffondabili, anche se tagliati in più tronconi o gettati dal X piano di…