tuna tower

Quanti e quali portacanna servono davvero in barca? Facciamo due conti…

Mi capita sempre più spesso di incontrare falchette-gruviera, con sfilze di portacanne incassati a distanza non funzionale, perché magari troppo ravvicinati, o dove sarebbe troppo scomodo riporre le nostre canne. Oppure, coppie di portacanne sulla stesso trincarino con la medesima inclinazione. La sovrabbondanza di questi accessori a bordo pare faccia alzare l’asticella della considerazione del potenziale acquirente, quasi a voler urlare: “più ne ha, più è fisherman!” In fin dei conti, servono davvero così tanti fori su una coperta stratificata con cura dal costruttore? Quante canne utilizzate durante una battuta di pesca? 10? Può essere un numero anche maggiore, e sulla base di ciò facciamo i conti della serva, insieme, escludendo dalla lista i portacanne “posticci” di tipo regolabile od estraibili. Portacanne in pesca: A falchetta – 2 frontali diritti sullo specchio di poppa – 1 centrale se il baglio della barca lo permette, eventualmente asservibile al center rigger; – 4 sulle murate, di cui: due inclinati di 15° rispetto all’asse longitudinale; due inclinati di 30°. – ulteriori 2 sulle murate, se la lunghezza del pozzetto lo consente, inclinati di 45° ed asserviti agli eventuali divergenti. Portacanne a riposo: Rocket-launchers – 3-4 per lato sulle strutture dell’hard-top utilizzabili a riposo o per le canne collegate ai divergenti, se di lunghezza adeguata a supportare più di una lenza; – fino a 6-8, in base al baglio della barca ed alla struttura dell’hard-top, sulla sommità dello stesso; oltre ad altri verticali installabili in corrispondenza di mobili o sedute. a rastrelliera orizzontale lungo le murate, per 3-4 canne per murata. Ed aggiungerei anche una coppia di portacanne doppi da traina, tipo questi, però: CLICCA QUI Direi che ne abbiamo in abbondanza, vero? Ciò che mi lascia perplesso, in taluni casi di “isteria da portacanne”, è il posizionamento degli stessi ad altezze più che…


Cabo Yachts: storia di un gioiello della nautica

Si fa presto a dire “fisherman”. Basta un pozzetto decente, qualche portacanne qua e là, una vasca per il pescato e possiamo andare a pesca. MAGARI… …Ed in America sanno bene che non è affatto così. Siamo ormai abituati a prodotti altamente specialistici e generalmente molto ben equipaggiati, anche nelle fasce medio-basse della produzione statunitense, ed è per tale motivo che, quando ci accingiamo ad acquistare una barca da pesca, quasi istintivamente siamo spinti verso prodotti d’oltreoceano. Tuttavia, nella pur super-indottrinata produzione americana di fisherman, vi sono esempi che estremizzano il concetto di “specializzazione” e di “ben fatto”. Vi sono casi in cui persino le viti sono allineate sullo stesso asse in un ordine per certi versi inquietante. Sto parlando di Cabo Yachts: un cantiere nato nelle aride vastità dell’entroterra californiano, diventata incubatrice (già, la produzione si è fermata, purtroppo, quattro anni fa) di creazioni che hanno pochi eguali nella produzione mondiale. Fisherman express e convertible di rara purezza estetica, di inarrivata cura nell’impiantistica e di robustezza monolitica. Dicevo del dettaglio in foto: le cerniere erano costruite in cantiere e non reperite, quindi, sul mercato adattandole successivamente al proprio stampo. Esse nascevano per essere incassate perfettamente a filo con il manufatto, imbullonate con bulloni a testa piatta, orientati esattamente sullo stesso asse. Il dettaglio estetico di sicuro impatto, diventato negli anni il biglietto da visita di Cabo per esaltare la qualità delle rifiniture delle sue barche, aveva però un fondamento tecnico: ogni bullone veniva avvitato esattamente alla stessa coppia di serraggio e, dunque, avendo identico passo del filetto, con lo stesso numero di giri in ogni foro. Il risultato era una uniforme tensione meccanica dei punti di serraggio e, dunque, la stessa identica tenuta alle vibrazioni. Sostanzialmente, la tuna door di un Cabo non si mollerà, né si scardinerà mai….


Hard-Top: accessorio indispensabile?

Un accessorio che delinea la completezza estetica e funzionale di una barca da pesca è senza dubbio l’hard-top. Questo elemento ha una valenza essenziale per coloro i quali vogliano una protezione “stabile” contro le intemperie ed il sole cocente estivo, ma anche per chi pratica tecniche di pesca “ingombranti” come la traina d’altura. L’hard-top, infatti, diviene un supporto importante per canne e divergenti, oltre che una piattaforma sopraelevata sulla quale posizionare le antenne dell’elettronica di bordo ma anche, in alcuni casi, una postazione di guida aggiuntiva (leggasi Marlin Tower o Tuna Tower). Diversi hard-top nascono con una struttura tubolare progettata in modo tale da agevolare l’arrampicata sul tetto, ed anche con la predisposizione per la replica dei comandi su una seconda guida superiore, con cablaggi meccanici ed elettrici di solito nascosti nella falchetta o in un quadro ausiliario in zona guida. In tali casi, la parte superiore del tetto diviene calpestabile e, per tale ragione, il gelcoat viene trattato con finitura antisdrucciolo, non fosse altro perché, seppur senza seconda guida, lassù ci finiscono le antenne gps, radar, vhf, fari di profondità ed ogni altro accessorio indispensabile alla navigazione che non si limiti all’immediato sottocosta. L’hard-top influisce spesso sull’assetto di navigazione, migliorandola o peggiorandola rispetto a quella dello stesso scafo privo di tetto rigido. Un hard-top ben progettato ha un’altezza tale che agevoli la vivibilità del ponte comandi ma che, allo stesso tempo, non innalzi il baricentro dello scafo in maniera deleteria per la tenuta di mare (rollio in primis). In secondo luogo, la struttura tubolare deve essere realizzata con leghe metalliche leggere. Su molte imbarcazioni da pesca sportiva spesso si vedono strutture in acciaio inox che sicuramente donano un aspetto lucente e rifinito all’intera realizzazione e durata nel tempo, ma, di contro, costringono ad impiegare sezioni ridotte dei tubi perché l’hard-top…


“Un vero fisherman non è se la torre non c’è” -Quanto è bella.. ma quanto ti costa?

Uno dei segni distintivi del fisherman americano nell’immaginario di qualunque diportista pescasportivo è senza ombra di dubbio quella svettante struttura a traliccio metallico chiamata tuna tower o marlin tower, in base a quanti livelli di sopraelevazione essa preveda (differenze analizzate nel libro “Fisherman Americani”, acquistabile cliccando QUI). Nata originariamente sulle barche per la pesca professionale ai grandi rostrati e pelagici, come struttura che permettesse di supportare una postazione di avvistamento sopraelevata e consentisse all’equipaggio di raggiungerla, è stata negli anni ristilizzata ed adattata alle barche da diporto, costituendone un’inconfondibile icona estetica e funzionale. Oggigiorno, sulle barche per la pesca sportiva, si sceglie l’opzione della “torre” per lo più per vezzo estetico ed a mo’ di status symbol, facendone un reale utilizzo nelle uscite in altura con la stessa frequenza con la quale indossiamo l’orologio a cipolla… In verità, come è vero che alcune carene oceaniche mal si adattano al moto ondoso tipico di alcuni dei mari che bagnano la nostra nella penisola, è altresì opportuno specificare che una tuna tower, soprattutto su una barca dal baglio limitato e dal peso modesto, può rendere problematico l’utilizzo della barca stessa in determinate condizioni di moto ondoso. A tal riguardo occorre osservare quanto segue: la struttura di una torre, per quanto leggere siano le leghe metalliche impiegate per la sua costruzione , ha un peso non trascurabile; conseguenza diretta ne è l’innalzamento del baricentro, che innesca inevitabilmente reazioni più accentuate con moto ondoso al traverso; non tutte le barche, peraltro, “sopportano” la presenza della torre a. per via dell’angolo di inclinazione degli assi di trasmissione; b. per via della posizione avanzata della zona guida, che porta la torre stessa a gravare in maniera tale da modificare l’assetto idrodinamico delle eliche in rotazione; i consumi ne risentiranno nell’ordine di un incremento di circa il…


Lo yacht da pesca d’altura: Convertible Fisherman

Se il desiderio di cimentarsi con canne e mulinelli è irrefrenabile, ma questo si combina con ben più mondane esigenze di ospitare amici a bordo per cena, come quella di avere uno yacht esclusivo e fuori dalle mode, il convertible è la barca che meglio saprà conciliarle. È il fisherman americano che più di ogni altro trae le proprie origini dalle prime ancestrali realizzazioni in fatto di nautica da pesca sportiva. Spesso allestito con tuna tower e lunghi divergenti a crociera, è lo yacht da pesca d’altura tipicamente oceanico, che consente grandi autonomie e velocità considerevoli, per poter sfruttare appieno la giornata di pesca battendo più hot spot distanti spesso molte miglia tra loro. La torre consente di avvistare i predatori da lunga distanza ( e, dato che si è molto in alto…mal di mare permettendo…). Il rollio può essere accentuato su queste barche, che generalmente hanno importanti sezioni di carena, con V molto profonde soprattutto sulle carene Carolina style o Hunt (affronterò presto le differenze tra le varie filosofie di linee d’acqua dei fisherman in un articolo dedicato). Queste imbarcazioni non difettano di spazi sottocoperta, in quanto una parte importante della lunghezza è destinata alla zona conviviale, sul ponte principale, in diretto collegamento con il pozzetto, con zona cucina e dinette pranzo e, più raramente, con zona guida interna. Non vi meraviglierà di trovare, infatti, su convertible di 60 piedi e più, un solo ponte di comando sul flybridge, magari climatizzato e riscaldato, ma protetto da semplici quanto costosissimi “vetri avvolgibili” di materiale molto particolare (generalmente EZ2CY o Strataglass), che li rendono di fatto invulnerabili alle intemperie e trasparenti quanto un vero e proprio vetro. Un’altra postazione di guida potrà essere posizionata in cima alla spesso “vertiginosa” tuna tower, più essenziale della principale ed appositamente prevista per lo skipper che avrà…