pesca dalla barca

A tutta bitta!

La bitta, elemento della ferramenta di bordo sempre dato per scontato, è il termometro della dovizia progettuale di una barca. Quante volte vi capita di dover sostituire le cime di ormeggio perché usurate anzitempo? La ragione principe il più delle volte è proprio l’errata disposizione di passacavi (quando presenti) e di un posizionamento e profilazione errati della bitta stessa! La presenza dei passacavi è auspicabile ovunque le bitte di poppa siano disposte all’interno delle murate. Essi devono avere profili interni smussati e spessore tale da non strozzare le cime di ormeggio in trazione. Una bitta ben costruita ha profili morbidi, che consentono alle cime volte a raggio non troppo stretto. Allo stesso tempo la bitta deve avere un’altezza sufficiente ad accogliere almeno due volte di cime adeguatamente dimensionate al peso della barca. Spesso capita di vedere, su barche indirizzate ad “arti” pragmatiche come la pesca sportiva, soluzioni stilistiche che mal conciliano la praticità e la durata. Per esempio le bitte a scomparsa mal posizionate o mal profilate. Le colonne mobili di una bitta a scomparsa, sottoposte a particolari stress di tensione causate da forti risacche all’ormeggio, ad esempio, possono subire deformazioni che le bloccano o le fanno ruotare in modo tale da impedirne il collassamento in posizione di riposo. Tali danni possono pregiudicare anche la tenuta della bitta stessa. Ragion per cui, invece di una bitta a scomparsa di bassa qualità è preferibile una meno costosa e più robusta bitta tradizionale, ben posizionata in modo da sopportare qualsiasi tipo di stress tensionale e strutturale. Prima di acquistare una barca, soffermati anche su dettagli apparentemente trascurabili. Se vorrai un consulto professionale su questo ed altri particolari che fanno di una barca un progetto duraturo o inaffidabile, scrivimi compilando il FORM CONTATTI. Non dimenticare, infine, di leggere l’ebook La Barca da Pesca Perfetta ed…


Quanti e quali portacanna servono davvero in barca? Facciamo due conti…

Mi capita sempre più spesso di incontrare falchette-gruviera, con sfilze di portacanne incassati a distanza non funzionale, perché magari troppo ravvicinati, o dove sarebbe troppo scomodo riporre le nostre canne. Oppure, coppie di portacanne sulla stesso trincarino con la medesima inclinazione. La sovrabbondanza di questi accessori a bordo pare faccia alzare l’asticella della considerazione del potenziale acquirente, quasi a voler urlare: “più ne ha, più è fisherman!” In fin dei conti, servono davvero così tanti fori su una coperta stratificata con cura dal costruttore? Quante canne utilizzate durante una battuta di pesca? 10? Può essere un numero anche maggiore, e sulla base di ciò facciamo i conti della serva, insieme, escludendo dalla lista i portacanne “posticci” di tipo regolabile od estraibili. Portacanne in pesca: A falchetta – 2 frontali diritti sullo specchio di poppa – 1 centrale se il baglio della barca lo permette, eventualmente asservibile al center rigger; – 4 sulle murate, di cui: due inclinati di 15° rispetto all’asse longitudinale; due inclinati di 30°. – ulteriori 2 sulle murate, se la lunghezza del pozzetto lo consente, inclinati di 45° ed asserviti agli eventuali divergenti. Portacanne a riposo: Rocket-launchers – 3-4 per lato sulle strutture dell’hard-top utilizzabili a riposo o per le canne collegate ai divergenti, se di lunghezza adeguata a supportare più di una lenza; – fino a 6-8, in base al baglio della barca ed alla struttura dell’hard-top, sulla sommità dello stesso; oltre ad altri verticali installabili in corrispondenza di mobili o sedute. a rastrelliera orizzontale lungo le murate, per 3-4 canne per murata. Ed aggiungerei anche una coppia di portacanne doppi da traina, tipo questi, però: CLICCA QUI Direi che ne abbiamo in abbondanza, vero? Ciò che mi lascia perplesso, in taluni casi di “isteria da portacanne”, è il posizionamento degli stessi ad altezze più che…


Pescare nel caos: inammissibile su un vero fisherman! Dove riporre cosa?

Compriamo compulsivamente artificiali, attrezzature, cassette porta-attrezzature, cassette porta-cassette.. ed alla fine, tra un sussulto e l’altro, ci ritroviamo spesso con qualche amo tra i piedi quando peschiamo con la nostra barca. Questo succede perché la barca è un mezzo dalla stabilità per lo più precaria ed a bordo, quindi, l’organizzazione è tutto ciò su cui possiamo contare per tutelare la nostra incolumità e quella dei nostri eventuali ospiti. + Oltretutto, nell’ordine è molto più facile trovare un coltello al volo che debba servire per salvarci da situazioni di pericolo (pensate a lenze o cime incastrate o aggrovigliate accidentalmente nelle eliche), + ma anche trovare il guadino od il raffio al volo per imbarcare la preda all’amo! Posto che un vero fisherman non dovrebbe aver bisogno di stravolgimenti a bordo poiché già auspicabilmente dotato di vani dedicati allo stivaggio dell’attrezzatura da pesca, resta pur vero che l’ordine richiede impegno anche quando la barca offre possibilità di organizzazione… Quando, invece, il progetto pecca di completezza da questo punto di vista, dovremo attivarci affinché la vita in barca non diventi un pericolo latente ogni qual volta il mare non sia piatto. Se in pozzetto, infatti, non troviamo vani all’uopo progettati, dovremo pensare di ricavare noi stessi delle cassettiere a murata, magari sotto le falchette, dove collocare rastrelliere per appendervi gli artificiali da utilizzare durante la battuta di pesca, dei portacoltelli e portapinze facilmente raggiungibili estendendo il braccio, e magari persino raddoppiati (sia in murata destra che su quella sinistra). Customizzazioni non troppo “pedestri” possono essere realizzate collocando spesse bande di neoprene ad alta densità nei punti strategici della barca, nelle quali “infilzare” gli ancorotti e gli ami che si intenderanno utilizzare durante la battuta di pesca, i quali, altrimenti, sarebbero destinati a vagare in balia del rollio, tra piedi e stinchi scoperti. Oppure, acquistare sui…


Flaps & Co.: i correttori di assetto

Correttori di assetto, flaps, trim tabs: tutti termini che indicano un dispositivo utile in tutte le barche, ma addirittura INDISPENSABILI in molte. Vi capiterà sicuramente, un giorno, di dover caricare più peso del dovuto a bordo e, soprattutto, di non sapere come distribuire questo peso, per via di un equipaggio più numeroso del solito, o perché magari deciderete di installare un motore ausiliario. Ancora, può capitarvi di incontrare condizioni di mare particolari che rendono difficile la governabilità della barca con l’ausilio del solo trim. I flaps sono piastre metalliche incernierate allo specchio di poppa, inclinabili attraverso appositi pistoni idraulici od elettro-attuati, utilizzando una pulsantiera in plancia. L’utilità dei flaps influenza diverse sfere della navigazione: migliora l’impatto della carena con l’onda, a tutto vantaggio del comfort di bordo; conseguentemente  risparmia  sollecitazioni ed urti altrimenti inevitabili alle strutture dello scafo; incrementa l’efficienza propulsiva, influendo positivamente sui consumi di carburante. consente di mantenere velocità di planata inferiori soprattutto in particolari condizioni di moto ondoso, riducendo gli spruzzi in coperta grazie al migliorato assetto. I flaps sono una manna, ereditata dall’ingegneria aeronautica che vi permetterà di correggere l’assetto di navigazione evitando di rientrare con la barca “sbandata” da un lato o cabrata (eccessivamente appoppata). Ma non solo. Spesso, quando si naviga con mari formati di prua o al mascone, la ruota di prua tenderà a perdere il contatto con l’acqua regalandovi fior di botte ai reni, ma anche sollecitazioni problematiche alle strutture dello scafo. Per ovviare a tale evenienza sarà opportuno navigare con flaps “negativi”, cioè abbassati di tanti gradi quanto sarà necessario a far mantenere alla carena un assetto quanto più possibile neutro rispetto alla superficie del mare. Purtroppo spesso agire sul solo power trim dei motori non basterà a far abbassare il “naso” della vostra barca e, se ci mettiamo una cattiva…


Fisherman: ogni carena al suo mare

Grave errore pensare che tutte le barche da pesca siano adatte al tuo mare. Personalmente ho avuto modo di testare le mie barche in adriatico e in alto ionio, e quasi stentavo a riconoscerle. Questo perché il moto ondoso, ma soprattutto la forza delle correnti e la frequenza dell’onda cambiano di molto da mare a mare. Le coste della nostra piccola Italia presenta una varietà di situazioni meteomarine tali per cui una carena oceanica possa addirittura navigare molto peggio di una carena di un costruttore locale di barche per il sottocosta, in certe condizioni… Non pensare che grandi pesi e carene profondissime siano sempre la scelta migliore!  PIÙ UNO SCAFO E’ PESANTE, PIÙ DIFFICILE SARÀ FERMARNE IL ROLLIO CON MARE AL TRAVERSO. Questo ovviamente è un concetto che qui esprimo in maniera grossolana e anche lacunosa, ma che TI INVITO AD APPROFONDIRE NEL FISHERMAN’S REPORT di quella che pensi possa essere la tua prossima barca da pesca. Ho fatto riferimento al mare corto perché, ad esempio, il mio mare (basso Adriatico), è tipicamente dominato da correnti nord-nordorientali che provocano appunto questa configurazione ondosa. Uno dei fisherman americani a cui sono stato più legato per svariati motivi, un Topaz 32 Express, barca performante e molto pesante, solcava qualsiasi mare ad onda medio-lunga (greco-levante in primis) ma necessitava di “trottare” ad andature elevate con mari corti. Ricordo in particolare un pomeriggio passato in altura ad alalunghe, in cui fummo colti di sorpresa da un levante di oltre 20 nodi, e fui costretto, (con piacere ed orgoglio, per la verità..) a rientrare a 27 nodi, velocità alla quale la ruota di prua era ben piantata in acqua e fendeva i marosi come una lama… Se riducevo la velocità anche solo di 2-3 nodi, si batteva. Questo perché le carene dei fisherman americani “vecchio…


Walk Around: flessibilità per pesca e famiglia

Una tipologia  di fisherman americano divenuto ormai un’icona della produzione U.S.A. è a mio parere la soluzione di miglior compromesso tra abitabilità interna e fruibilità degli spazi esterni per il pescasportivo che, tuttavia, non voglia rinunciare alla possibilità di un rifugio in caso di cattivo tempo, quando non di un vero e proprio pernottamento a bordo con la famiglia. (d’altronde, chi ha già letto il libro Fisherman Americani, già conosce la mia personale predilezione per questo layout) L’elemento caratterizzante, che conferisce anche la denominazione a questo tipico fisherman americano è il passavanti, che consente di percorrere agevolmente e senza intralci tutto il perimetro interno della barca, dall’inizio della sovrastruttura della tuga fino ad estrema prua, virtù che diviene fondamentale in fase di pesca; per giunta tale caratteristica è particolarmente apprezzata anche da una fascia di diportisti per i quali la pesca sportiva non è d’interesse preminente quando prendono il largo, ma cercano sicurezza a bordo ed indipendenza nelle operazioni di governo e di ormeggio. Per la verità, il mercato attuale non offre molte barche con il passavanti tipico del walkaround, poiché penalizza l’abitabilità del sottocoperta, requisito sempre più richiesto dai diportisti. E’ riscontrabile, infatti, la tendenza ad “incassare” meno il passavanti, per ottenere un passaggio a prua dalla profondità poco più che accennata, a metà strada tra un walkaround puro ed un express: Tornando alla ragione per la quale siete capitati sul mio sito web, la ricerca della barca per la pesca sportiva, l’eventuale sedia da combattimento o il trespolo saranno disposti preferibilmente sulla tuga prodiera, quest’ultima rialzata rispetto alla linea di falchetta, per aumentare l’altezza sottocoperta. Questo perché la stragrande maggioranza dei moderni W.A. sono motorizzati fuoribordo e, pertanto, talmente ingombrati sullo specchio di poppa da non permettervi la gestione di lenze sotto tensione. Tali delicate operazioni, quindi, andranno…