Il mercato nautico ci ascolta ancora?

L’orientamento della produzione di sportfisherman è ormai appurata da anni, verso il center console ed il dual console.

Le considerazioni di primo pelo su questa tendenza potrebbero sembrare ovvie: il mercato più proficuo per i cantieri produttori di barche da pesca è quello statunitense, per cui si sacrificano le richieste degli altri mercati, proporzionalmente residuali, riguardo layout di coperta più… ognitempo.

Questo assunto ci metterebbe in pace con noi stessi se non valutassimo che il 95% delle imbarcazioni naviganti negli States ha lunghezza inferiore ai 26 piedi.

Ciò significa che:

  1. Una minima parte dei diportisti proprietari di queste imbarcazioni al di sotto dei 26 piedi pratica la pesca sportiva;

OPPURE

      2. Tutti coloro che hanno barche fino ai 26 piedi, le usano solo nei mesi caldi e non fanno diporto ricreativo.

OPPURE

      3. Il mercato fa quel che vuole per fini prettamente tecnici, veicolando di fatto le scelte degli utenti.

 

Quando acquistai la mia prima barca da pesca americana, nel 1999, ricordo che Grady White mi spediva con cadenza semestrale dei questionari cartacei (all’epoca internet non era di dominio pubblico come oggi) via posta prioritaria, nei quali si chiedevano (a me come presumo ad ogni cliente Grady White) le abitudini di diporto, le tipologie di pesca praticate, le zone di mare frequentate.

Alla fine del questionario, era scritto qualcosa del tipo:

“Grazie al tuo contributo potremo sviluppare modelli più aderenti alle esigenze dei nostri clienti”.

Questa interazione sinergica tra cantiere e cliente, ti faceva sentire parte della squadra, in qualche modo, ma soprattutto ti faceva sentire ASCOLTATO.

Siamo proprio sicuri che oggi il mercato funzioni così, o segua logiche del tutto meccanicistiche, quasi algoritmiche?

Considerazione nella considerazione: se la maggior parte dei proprietari di barche al di sotto dei 26 piedi utilizza la barca solo d’estate, solo per pescare, solo per attività diurne che non comportano l’esigenza di un ricovero o di una area di stivaggio (cabina), lo stesso ragionamento andrebbe esteso a chi ha barche più grandi di questa soglia dimensionale. Ma vi pare possibile?

Non sarà che il mercato sta spingendo la sua attenzione verso una nicchia ancor più elitaria di quanto il diporto nautico già non sia? Cioè verso una clientela ad alto budget, che acquista grandi barche “aperte” (CC o DC) come seconde barche, avendo già un convertible o un motoryacht come barca per permanenze prolungate a bordo e che presumibilmente non si fa molti problemi nel pagare un barcone con consolle ingrassata 100.000 USD in più o in meno?

Se così fosse -e non ho ragione di pensare altrimenti- si spiegherebbe l’impennata di prezzo dei fisherman dai 28 piedi in su.

UN MOMENTO: MA IL FUORIBORDO NON DOVEVA ABBATTERE I COSTI PRODUTTIVI A VANTAGGIO DEL DIPORTISTA?

Effettivamente quando i primi fuoribordo dai 250hp in su vennero alla ribalta, i buoni propositi erano questi, ma di fatto ciò è rimasto un mero manifesto pubblicitario.

Ma questo è un altro tema, torniamo a noi, ossia all’estinzione di walkaround, cuddy cabin ed express di medio-piccole dimensioni dalla produzione dei brand leader di mercato.

Di fatto, il cliente non viene più interpellato dal cantiere, salvo rarissime eccezioni. Questa mancanza di comunicazione non crea danni al mercato, perché le logiche che oggi lo regolano (e non parlo del solo mercato nautico, ma del mercato inteso come scambio di beni e servizi in qualsiasi settore in cambio di una somma di denaro) sono anti-etiche.

L’etica del mercato si è sempre fondata sul fine nobile dello stesso di soddisfare i bisogni dell’utente. Da quando l’utente è diventato “consumatore”, cioè ha cominciato ad essere considerato come una macchina e non come un individuo, è il mercato a imporre i prodotti e, grazie ad una progressiva azione di plagio chiamata pubblicità, a far sì che il cliente interiorizzi la convinzione che quello sia il prodotto che faccia per lui.

Ma la nautica non è un settore che usa la pubblicità in maniera tale da giustificare tale azione di influenza delle decisioni di scelta della clientela, almeno in Europa,

dunque il mercato nautico moderno opera per imposizione:

la scelta (obbligata nella maggioranza dei casi) diventa ovvia perché, vedendo la progressiva diffusione di una determinata tipologia di imbarcazioni, nel cliente si forma il convincimento che quella sia la barca giusta… perché lo dice il mercato! Perché rivenderla sarebbe più facile visto che tutti fanno quella scelta!

In poche parole, il mercato oggi determina le scelte degli utenti, mentre prima offriva prodotti che andassero incontro alle richieste, ai bisogni di questi. Non meravigliamoci, quindi, se continueremo a vedere barche aperte fino a 65 piedi, con 5-6 fuoribordo a poppa, e non meravigliamoci che ci siano sempre coloro che le acquisteranno!

La nautica è rivolta verso una utenza elitaria, che trascura completamente le richieste legittime di un padre di famiglia che voglia godersi pesca e piccola crociera costiera con i propri cari.

Ed alla fine, saremo noi, medio-borghesi diportisti ed accaniti pescasportivi, a ripetere a noi stessi il mantra che il mercato ha ragione, che la barca giusta per noi è il CC o il DC, anche se poi usciamo a gennaio a traina con salopette da sci e casco integrale, dopo aver speso
100.000 Euro o anche molto più per un… fisherman americano!

Benedetto Rutigliano
Autore di Fisherman Americani (anche eBook)
Autore di “Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”
Autore di “La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook
Scrittore per la rivista Pesca in Mare
FISHERMANAMERICANI Podcast

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