Distribuzione dei pesi e baricentro di una barca: alcune considerazioni

Nel campo dei fisherman americani vi sono moltissimi esempi di barche molto pesanti in rapporto alle dimensioni, ma pochissimi esempi di barche “light” o, per lo meno, esempi di scafi leggeri validi e con doti marine degne di nota.

Sia in un senso che nell’altro,

quella della distribuzione dei pesi è un’arte sottile, le cui radici affondano nell’empirica.

Non esiste teoria che, trasposta in mare, offra risultati reali identici a quelli ottenuti su carta, anzi… 

Che la vostra sia una barca catalogabile come “leggera”, piuttosto che “pesante”, ciò che influisce sulla tenuta di mare, sulla sensibilità al rollio e beccheggio è la distribuzione dei pesi.

Ricordo quando, leggendo gli articoli delle prove in mare delle testate nautiche mensili, notavo la divisione in paragrafi tra “opera viva” ed “opera morta”.

Il più delle volte l’opera morta era costruita in “sandwich di balsa”. Non sapevo cosa fosse, ero ragazzino, mi documentai e capii che doveva esserci un motivo, perché i cantieri dovessero complicarsi la vita in quel modo.

La ragione era il voler ottenere il più possibile l’abbassamento del baricentro. Lo si otteneva (e lo si ottiene ancora oggi) ANCHE per differenza di pesi tra scafo e coperta. Lo scrivo a caratteri cubitali perché non si pensi che il comportamento statico di uno scafo in acqua dipenda solo dalla ripartizione dei pesi, che rappresenta solo una -sebbene importante- componente.

In alcuni casi, ciò che restava sotto la linea di galleggiamento (l’opera viva, appunto) era costruito in laminato pieno di vetroresina, con molti più strati del resto della costruzione.

Ciò che emergeva (l’opera morta, ivi incluse, quindi, le murate dello scafo) era costruito con più materiali: due-tre strati di vetroresina esterni e due-tre interni, che costituivano il “panino” del sandwich, il cui ripieno era appunto il legno di balsa.  Ovviamente con il tempo i materiali da utilizzati per il cosiddetto core si sono affinati, giungendo a composizioni totalmente sintetiche, il che allunga la vita dello scafo, lo rende molto meno soggetto a delaminazione e marcescenze varie dovute all’umidità, talvolta più rigido e meglio isolato.

Laddove, invece, lo scafo presenta una costruzione in laminato pieno integrale, il controllo dei pesi e del baricentro avviene per differenza di stratificazioni. Ad esempio, il Madeira II, un Topaz 32 Express, presenta undici strati di fibra di vetro biassiale per lo scafo e sette strati per la coperta.

Il risultato è un peso massimo -il solo scafo, appena uscito dallo stampo, pesa 9.299kg- il cui rollio è però molto, molto limitato. Però nel caso di questo modello di barca, parte del merito va attribuito ad un accorgimento adottato in chiglia. Una sorta di pinna o controchiglia molto pronunciata sporge per circa 15 cm sotto lo spigolo, attutendo il movimento oscillatorio.

In ogni caso, che la vostra sia una barca pesante o leggera, lo studio della distribuzione dei pesi a bordo, quando ben eseguito, dipende molto anche dalla distribuzione dei pesi dello scafo nudo, assemblato alla coperta.

Ossia: i progettisti potranno scervellarsi in ogni modo nel posizionare impianti ed equipaggiamenti nel modo più intelligente ed idoneo ad abbassare il baricentro, ma se “il guscio” è sbilanciato, il corretto posizionamento del “ripieno” non basterà a conferire alla barca finita un comportamento statico corretto.

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A presto e Buon Mare,

Benedetto Rutigliano
Autore di Fisherman Americani (anche eBook)
Autore di “Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)”
Autore di “La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook
Scrittore per la rivista Pesca in Mare
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