Vasca del vivo: come, dove e perché

La vasca del vivo è accessorio imprescindibile a bordo di ogni fisherman che si rispetti.
La sua progettazione e la realizzazione  sono, tuttavia,  spesso alla mercé dell’interpretazione più o meno “creativa” dei cantieri nautici, soprattutto di quelli non specializzati in imbarcazioni per la pesca sportiva.

Mi capita spesso di vedere soluzioni improvvisate su scafi allestiti per la pesca, ma nati come barche da diporto ricreativo.

Al fine di ottenere un prodotto completo (sulla carta) e ben equipaggiato per la pesca sportiva, alcuni costruttori sperimentano soluzioni che vanno dal poco funzionale fino all’inutilizzabile. 

In particolare, vasche con angoli interni a spigolo vivo o poco raccordato, oppure vere e proprie botole profonde dal diametro esiguo; piuttosto che con sistemi di ricircolo dell’acqua di mare insufficiente.

Questa vasca del vivo è affetta da due vizi essenziali e riconoscibili a prima vista: ha profili interni ad angolo vivo e le pareti sono in vetroresina senza coibentazione termica. Non a caso il cantiere la offre come accessorio aggiuntivo e non nasce come elemento strutturale e solidale alla coperta stessa.

Vedo, altresì, vasche dislocate nei punti più disparati di coperta, che nulla c’entrano con le aree dove l’azione di pesca si svolge: immaginate di innescare una seppia viva a ridosso del divano copilota e dover attraversare cuscinerie e pozzetto per calare in mare l’innesco… Lascio a voi trarre le logiche conclusioni.
È degli ultimi anni, per giunta, la tendenza ad utilizzare gelcoat bicolore per scafo e coperta. Mi è capitato di vedere vasche esposte alla luce del sole, con pareti esterne in gelcoat blu scuro o nero. Se ci aggiungiamo che, come spesso accade, queste vasche non hanno la benché minima coibentazione termica, è facile credere che, più che una vasca per l’esca viva, questo vano possa facilmente diventare un boiler per l’acqua calda nelle afose giornate di piena estate. Con il risultato che, invece di innescare esce ben vitali, avrete la possibilità di mangiarvi un’appetitosa catalana di pesce bollito.
Ricapitolando ed accantonando le battutacce: una vasca per il vivo ben progettata dev’essere:
  1. Adeguatamente capiente per consentire ad un congruo numero di pesci esca di convivere senza asfissiare o attaccarsi tra loro;

  2. Dotata di un efficiente sistema di ricircolo dell’acqua di mare, con scarichi di troppo-pieno posizionati ad un livello corretto, in modo da non creare traboccamenti in navigazione ed inondazioni del pozzetto;

  3. Di volumetrie tali da consentire il facile prelievo delle esche da parte del pescatore, senza doversi calare di testa in un pozzo buio e profondo;

  4. Con profili interni quanto più possibile armonizzati (ellittica o quadrangolare stondata sarebbero l’optimum);

  5. Ben coibentata: la prova della durata di una sacca di ghiaccio tritato al suo interno, in questo senso, è la prova del nove;

  6. Se possibile, con illuminazione interna ed area tagliere immediatamente adiacente.

Se la barca è ben progettata all’origine essa sarà fruibile e godibile per tutto il tempo che sarà vostra. Se necessiterà di adattamenti e modifiche, potreste andare incontro a problematiche collaterali, anche serie se le modifiche saranno improvvisate e non eseguite a regola d’arte.
Per mare, più che per terra, apporre cambiamenti ad un progetto può essere pericoloso, se tali varianti prevedono fori allo scafo e se questi fori vengono realizzati “ad orecchio” e senza nozione.

A.A.A.: Personalmente considero ogni foro su uno scafo al pari di una potenziale falla… Meno buchi lo scafo presenta, più esso sarà “stagno” e minori saranno i rischi di imbarco accidentale d’acqua.

Di questo e di molto altro si parla nel libro Fisherman Americani, l’unico libro interamente dedicato alle barche per la pesca sportiva. Vi invito a leggerlo cliccando qui per acquistarne la Vostra copia.

Buon mare… ed occhi aperti!
Benedetto Rutigliano