Dicembre 2018

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI: The Boat Loop

A partire da oggi, l’articolo del sabato sarà dedicato ad oggetti e strumenti che ritengo utili a bordo. Cominciamo con qualcosa che, a primo colpo d’occhio, per alcuni può sembrare indecifrabile, per altri perfino banale. Questo, appunto, solo a prima vista… Si tratta del Boat Loop Questo ibrido tra un cappio ed un mezzo marinaio è un accessorio tanto ovvio quanto funzionale. Se i vostri pontili hanno bitte o il vostro ormeggio di prua è collegato ad un gavitello, The Boat Loop sarà la manna che vi permetterà di uscire in solitaria con la vostra barca e di rientrare con la stessa facilità, senza il rischio di intraversarsi ed urtare il musoni di prua della barca adiacente o scalfire con il piede del motore la fiancata dell’altra. Ad un prezzo non proprio economico potrete però risparmiare danni a terzi ed avere a bordo qualcosa in più di un mezzo marinaio… The Boat Loop è tre quarti di marinaio! Per acquistare The Boat Loop CLICCA QUI   Buon Mare! Dr. Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare


Jarrett Bay: gli Stradivari dell’oceano

Cosa c’entra un abete con i marosi dell’Atlantico? Perché, a dispetto della tendenza di pensiero statunitense che vorrebbe le barche da pesca quanto più pesanti possibile, qualcuno pensa che sia più salubre per la barca, giusto, confortevole il contrario? In me affiora una sorta di composto entusiasmo quando sono chiamato a scrivere di taluni cantieri statunitensi, e quasi mi sento partecipe della loro gloria, se non altro perché (me misero, che mi accontento di così poco…) mi faccio portavoce italiano dei segreti nascosti dietro queste opere d’arte. Tanto è l’entusiasmo, da aver inserito questo cantiere nel mio libro Fisherman Americani! Jarrett Bay è un costruttore di barche custom che ha all’attivo quasi un centinaio di realizzazioni, tutte contraddistinte da uno studio progettuale customizzato anch’esso sulle specifiche esigenze e richieste del cliente. In poche parole, per Jarrett Bay ogni nuova barca commissionata è un laboratorio navigante, deputato ad affinare  senza soluzione di continuità le già superlative tecniche costruttive di questo cantiere. Se di tradizione ci è imposto parlare nel caso di Jarrett Bay, lo stesso vale per il termine “SCIENZA”. Un Jarrett Bay vede l’utilizzo di diverse essenze di legno per le carene: si va dall’abete stratificato all’ okoume per i tre layer più esterni. L’okoume di cui abbiamo parlato poco sopra non è una scelta casuale, ma il risultato dello studio del comportamento delle fibre di questo legno, che ne hanno rivelato l’alta predisposizione alla curvatura ed alla super-finitura che conferiscono al manufatto un aspetto privo della minima imperfezione. Per tale motivo, la “pelle” di un Jarrett Bay è costituita di questa essenza di legno. Tale strato esterno viene a sua volta resinato con epossidica di formula proprietaria e, in casi come Jaruco, con interposizione di strati di kevlar e carbonio. La sagomatura della carena vede il suo baglio massimo…


Indietro tutta!

Quando si pesca in altura, può capitarci di dover effettuare manovre repentine per non perdere il pesce in canna, soprattutto se peschiamo con attrezzature a basso libbraggio e temiamo l’ overtest della lenza. In tali casi, può essere necessario accompagnare il pesce durante le sue fughe, ed il più delle volte tali manovre vengono effettuate a marcia indietro. Se, da un lato, i nostri mari non sono popolati da rostrati superveloci come pesci vela o wahoo, dall’altro l’attitudine della nostra barca a gestire le manovre in retromarcia è fondamentale in condizioni di mare mosso. Alle volte, anche procedere a 2-3 nodi macchine indietro, con mare di poppa, può voler dire allagare il pozzetto. Questo, pertanto, dovrà avere un impianto di auto-vuotamento efficace ed in grado di sgomberare il calpestio dall’acqua imbarcata in pochissimi secondi. Proprio perché la barca da pesca è, per sua missione, soggetta a situazioni di tale fatta, gli impianti ed i cablaggi che la attraversano dovranno essere ermetici il più possibile, pena beghe elettriche ed elettroniche a bordo nei tempi a venire. Per esempio, un accorgimento adottato dai cantieri più “scafati” è quello di non creare giunzioni di cablaggi nella parte sottostante il calpestio del pozzetto e nei pressi di altre zone soggette a potenziale infiltrazione. In poche parole, dove è possibile il passaggio seppur occasionale di acqua salata, è bene che i cablaggi siano interi, posizionando le eventuali giunzioni e connessioni in aree protette in zona guida o in cabina, o comunque ALL’ASCIUTTO. Questo metodo di realizzazione degli impianti conferisce due fondamentali vantaggi: Tutti i contatti saranno raccolti in una zona ben determinata, a vantaggio della rapidità di intervento; Essi saranno al riparo da infiltrazioni d’acqua di mare e dall’umidità. Per tale motivo rimarco continuamente la raccomandazione di evidenziare eventuali applicazioni od installazioni posticce, quando si va…


Perché la potenza, in mare, non è mai troppa?

In mare, si sa, la potenza non è mai troppa (cit. Fisherman Americani) Non certamente perché abbiamo talmente tanto spazio a disposizione da permetterci di smanettare alla velocità più alta che il nostro mezzo ci permetta, quando ci paia e piaccia. Chi naviga da anni sa, infatti, che la velocità di punta è un valore nel 99% delle nostre uscite di diportisti/pescasportivi SUPERFLUO, perché le occasioni in cui potremo toccarla si conteranno sulle dita di una mano. Ciò che conta, invece, è saper mantenere velocità di crociera medie o medio-basse senza doversi misurare continuamente in entrate in planata e perdite della stessa per colpa di coppia carente dei motori. È importante, quindi, che la barca raggiunga la planata a velocità molto basse e che riesca a mantenersi in planata a velocità ancora inferiori alla prima. Perché? Nel primo caso (velocità di entrata in planata) avrà importanza predominante il valore di POTENZA, nel secondo (velocità minima di tenuta della planata) quello di COPPIA e, conseguentemente, il dimensionamento delle eliche. Le eliche, in mare, svolgono lo stesso ruolo del battistrada degli pneumatici sulle autovetture: quello di trasmettere il moto.  Un’elica di grande diametro e passo importante è come un pneumatico di sezione generosa su un’auto: essa conferisce alla barca grande capacità propulsiva, ma se non è mossa da un motore adeguatamente potente e “robusto”, non farà altro che fare soffrire quest’ultimo e regalarvi andature da gondola. Un po’ come pensare di montare pneumatici 285/45-18 sotto una Fiat 500… Purtroppo o per fortuna, eliche importanti richiedono potenza e coppia per essere mosse, ma garantiscono costanza di avanzamento in termini di velocità, soprattutto con barca carica e mare avverso. Un mare con molta corrente e moto ondoso potente assorbe una quantità di potenza inimmaginabile, ed uno scafo non adeguatamente motorizzato potrebbe addirittura non riuscire…


Phoenix 29 SFX: il fisherman americano tuttofare

Oggi parlo di un’altra icona tra gli sportfisherman americani: il Phoenix 29 SFX. Mutuando la soluzione del flybridge basso dall’arcinoto Bertram 31, questa barca si presenta come il SUV del mare, flessibile sia per chi voglia godersi le vacanze a bordo con famiglia al seguito, sia per chi intende dare sfogo ai propri impeti venatori con canne e mulinelli. Attrezzata di tutto punto, come la tradizione dei Fisherman Americani impone, questa barca ha anche delle particolarità che le hanno permesso di scrivere una paginetta indelebile nel libro degli scafi da non dimenticare: il bottazzo di Phoenix Yachts è un vero e proprio paraurti, di spessore più che doppio rispetto ai bottazzi rinvenibili sulle migliori barche concorrenti. I motivi di una scelta del genere? 1️⃣la linea di giunzione scafo/coperta su questa barca è piuttosto bassa ed intercetta con facilità le fiancate di barche adiacenti. 2️⃣ Enfatizzare il cavallino neutro, diventato nel tempo un vero e proprio trade-mark del cantiere. Il bottazzo è un pezzo unico in PVC ad alta densità le cui viti di fissaggio sono coperte internamente con una banda in PVC, il tutto fazzolettato allo scafo. Insomma, il bottazzo fa di un Phoenix un MONOLITE. Senza contare che le tecniche costruttive prevedono ridondanza di materiali che rendono lo scafo solido come pochi, anche a distanza di molti anni di servizio. Il flybridge è una postazione di guida completa (anche perché è l’unica) e protetta da un Bimini-Top o da un Hard-Top, in base a come l’esemplare specifico sia configurato. Il tutto è richiudibile con tendalini perimetrali per isolarla dalle intemperie. L’accesso allo stesso è agevole grazie ad una scala a pioli poco inclinata e dai gradini ampi. Come detto all’inizio dell’articolo, il flybridge ribassato è una prerogativa di questo piccolo convertible, per cui, anche in condizioni di mare mosso, la praticabilità…


Nuovo articolo su Pesca in Mare di dicembre: Leggilo!

Come ormai consueto, anche nel numero di dicembre/2018 c’è il mio contributo a questa storica rivista cartacea di pesca. Questo mese parlo di un argomento scomodo: I MOTORI ENTROFUORIBORDO con considerazioni che riguardano l’impiego più squisitamente orientato alla pesca, com’è giusto che sia. Commenti a riguardo saranno ben accetti, qui sul sito web come sulla nostra Pagina Facebook PER SCARICARE E LEGGERE L’ARTICOLO CLICCA QUI A presto  e Buona Lettura! Dr. Benedetto Rutigliano Autore di Fisherman Americani Autore di“Le 11 buone ragioni per NON comprare una barca (ed una per farlo)” Autore di“La Barca da Pesca Perfetta- Guida sintetica” eBook Scrittore per la rivista Pesca in Mare


“Una nave in porto è al sicuro, ma non è per questo che le navi sono state costruite” -Cit.

La citazione di Bhutto sembra quasi scritta per noi, amanti del mare aperto ed esposti ai voleri degli elementi di Madre Natura. Per noi che, più di ogni altra categoria di diportisti, necessitiamo di una barca affidabile, che non tema il mare avverso, che non ci dia il patema che, alla prima onda presa male, ci lasci con la strumentazione in blackout o con chissà quale altra avaria. Chi usa la barca per la pesca sportiva deve rinunciare a qualche accessorio velleitario a favore della semplicità. Sopratutto, è necessario che quanto presente sia fatto con l’obiettivo di durare e di RESISTERE.  QUELLO CHE NON C’È, NON SI ROMPE. Perché è la sobrietà è ciò che rende BELLO un vero fisherman! Ma come riconosco un VERO FISHERMAN? Me lo sono chiesto per 30 anni. Dopo batoste, delusioni, belle esperienze e fregature, avevo il personale bisogno di raccogliere i miei tanti frammenti di vita passati a bordo di barche mie, di amici, di conoscenti che mi chiedevano supporto. L’ho fatto in un libro che si chiama FISHERMAN AMERICANI. Un libro che non è la tesi di laurea di un laureando in ingegneria navale. E’ semplicemente il raccoglitore di ciò che qualsiasi pescatore sportivo come me si chiederebbe nel momento in cui decidesse di cercare e comprare la sua barca da pesca ideale. A cosa servono mancorrenti tubolari dal diametro esagerato ma in avional, anziché di sezione ridotta ma in acciaio inox? A cosa servono tendalini spessi quasi quanto il battistrada di un pneumatico? L’ho capito solo con il tempo e SBAGLIANDO. Ti serve tempo per apprezzare ciò che dai per scontato sia condannato alla rovina nel giro di pochi anni. Questo libro ha la funzione di risparmiarti errori che ho già compiuto io. Se vuoi evitare di spendere tempo e denaro su…


Carburante sporco e lunghe soste: come evitare danni ai motori?

Pur mettendoci tutta la buona volontà e la costanza nell’utilizzo della nostra barca, l’inverno spesso ci costringe a soste forzate all’ormeggio, protratte per settimane. Gli sbalzi termici sono i nemici dei sistemi di alimentazione, in primis dei serbatoi. L’escursione termica dalla notte al giorno può, infatti, generare condensa all’interno dei serbatoi, soprattutto se non pieni.   E’ buona norma, infatti, lasciarli sempre con almeno 3/4 di pieno o più, se si prevede di non usare la barca per lungo tempo. Le barche a gasolio sono particolarmente vulnerabili da questo punto di vista poiché gli ugelli super-fini degli iniettori dei moderni motori diesel common rail sono molto sensibili a depositi calcarei, morchia ed acqua. Ci sono soluzioni che risolvono il problema a monte, però. 1) A partire dai più tradizionali prefiltri separatori di tipo Racor a cartuccia. Sfruttando il differente peso specifico dell’acqua rispetto a quello del gasolio, l’acqua verrà raccolta sul fondo di appositi “bicchieri” in vetro trasparente. Al di sotto del bicchiere vi è un ugello di drenaggio dell’acqua separata dai prefiltri, che quindi periodicamente andrà aperto per verificarne la presenza.La trasparenza serve proprio ad evidenziare la presenza di acqua o di sporco, indice del fatto che i serbatoi potrebbero essere contaminati da morchia od alghe. Ebbene sì, nel gasolio proliferano addirittura piante! 2) Per evitarlo, sarà opportuno e necessario immettere nei serbatoi additivi specifici battericidi che impediscano, quindi, la proliferazione di alghe o altre forme vegetative che possano intasare filtri ed impianti di alimentazione dei motori.Eccone un esempio di comprovata efficacia, che riduce la fumosità dei motori grazie all’effetto epurante sul gasolio: CLICCA QUI. 3) Per di più, a monte dei pre-filtri di tipo Racor già citati possono essere installati dei gruppi centrifughi magnetici di comprovata efficacia (li ho montati e testati con successo sulle mie barche diesel)…


MADEIRA: storia di un Grady White sfortunato

Questo articolo è scritto senza giochi di colore, quasi per rispetto verso le sorti del “soggetto” di questa storia. Il materiale fotografico è di qualità precaria poiché ottenuto con le prime fotocamere digitali in commercio, dalla risoluzione risibile rispetto agli standard attuali. Ma stiamo pur parlando di “storia”! La ricerca costante di argomenti tecnici da affrontare in modo oggettivo ed esaustivo, mi costringe spesso alla condizione di “rifiatare” un po’, dedicando la mia attenzione a temi (o a barche) nei quali posso concedermi di essere leggermente più “autobiografico” e sentimentale del solito. Nella vita di un diportista pescasportivo, determinate barche rimangono nel cuore per svariati motivi. Il mio amore “irrisolto” è stato un vecchio Grady White 257 Trophy Pro, comprato per 27,5 milioni di lire da un signore in pensione che, per problemi di salute, non ebbe più modo di usarla per anni. La barca era in condizioni tanto pietose da non poter navigare, per le incrostazioni in carena e sulle eliche. Giaceva all’ormeggio di un pontile di Foce Varano, chissà da quanti anni ferma. Quando andai con mio padre a vederla fu subito amore. Le linee tradivano una gran voglia di prendere il largo- dopo una sana e profonda toelettatura, s’intende- le finestrature trapezoidali definivano tratti decisi e scolpiti, le falchette erano larghe e marmoree nonostante anni di sole e sale. I due vecchi OMC da 205cv partivano al primo colpo, e questo era già un buon punto di partenza. Quella barca ci chiedeva aiuto e nuova gloria ed in qualche modo la reverenziale suggestione di un vecchio campione un po’ acciaccato e dimenticato si fece strada in noi. In quel pozzetto sgombro e incorniciato da quelle modanature di teak screpolato dagli elementi vedevo imbarcare le mie prime alalunghe, magari una bella aguglia imperiale, e tanti dentici. Doveva essere lei….


Ricambi introvabili e come cercarli

Se possedete una barca di diversi anni or sono, probabilmente vi sarà capitato di avere la necessità di sostituire ricambi o particolari che sembra impossibile reperire sul mercato. Le alternative sono tre: Riprodurli su campione; Sostituirli con pezzi che svolgano le stesse funzioni, modificando la sede di montaggio degli stessi a bordo; Affidarsi a chi ha esperienza in questo. Ma la prima opzione è percorribile solo se: il campione è integro e/o in condizioni di essere smontato dalla barca senza andare in frantumi; Il costo di produzione non esuberi il costo di rimpiazzo con un pezzo compatibile, apportando le opportune modifiche alla barca. Ovviamente, l’opzione di sostituzione con un pezzo non originale è l’ultima da percorrere, per ovvie ragioni di rispetto dell’originalità della barca stessa. Per esempio, l’ultimo cliente che ho aiutato necessitava di una particolare guarnizione del parabrezza della sua barca americana, componente non reperibile fra i cataloghi degli shop nautici di tutta Europa. Si è rivolto a me perché potessi rintracciare, attraverso una ricostruzione a ritroso, il produttore originario di quel particolare profilo di gomma. Pur trattandosi di una semplice guarnizione, è necessario che questa sia dello stesso identico profilo di quella vecchia, per avere la giusta tenuta e per non causare intrusione di acqua nei profili. Interpellando la casa madre, entrando negli archivi di produzione dell’esemplare specifico e scartabellando le varie commesse di componenti all’epoca acquistate per costruirla, sono riuscito a risalire ad un’azienda di estrusione semi-artigianale del North Carolina che produceva tale guarnizione. Siccome il lavoro investigativo non poteva essere così semplice… ho poi scoperto che questa guarnizione è stata dismessa dalla produzione da circa un decennio! Il motivo è che i parabrezza attuali di questo cantiere sono carenati esternamente, escludendo la necessità di copri-feritoie, che oggi sono incapsulate! Dunque, per riavviare una produzione su richiesta…