Maggio 2018

Cosa faccio e cosa sono. Le consulenze di Fisherman Americani

❗❗AVVISO: questo sarà un articolo noioso per tutti coloro i quali sanno scegliere da sé una barca, analizzarla in ogni sua parte e portarsela a casa senza preoccupazione di aver acquistato una “sola”. Per tutti gli altri, è vivamente consigliato leggere quanto segue. È bene chiarire ciò che mi è capitato di aver visto travisato o mal interpretato, talvolta, tra i miei clienti. Se avete interpellato FISHERMAN AMERICANI è perché non vi basta scegliere un annuncio di vendita in base alle foto pubblicate dal venditore: avete, dunque, il fondato timore di acquistare un pezzo di plastica inservibile. È facile dire “mi compro la barca”. Ed è altrettanto facile sceglierne una su questo o quel portale di annunci.  Certo, non vi è richiesto di conoscere punto per punto la serie di analisi, di strategie e di filtri di selezione che Fisherman Americani applica per arrivare a quella scelta, perché voi vorrete da me il risultato di tutta questa serie di attività, cioè  LA RISPOSTA al vostro problema: QUALE BARCA COMPRARE Fisherman Americani vi darà il supporto necessario ad evitare di comprare barche problematiche e sceglierne una sana ed adeguata all’utilizzo che vorrete farne. Ciò altro non è che il risultato di quella serie di attività di mia specifica competenza, che sfocerà in ciò per cui mi avete interpellato: portarvi a casa una barca della quale godere nella bella e nella cattiva stagione, che sia con la famiglia, in solitaria piuttosto che con amici. La verità profonda è che, se venite a bussare alle porte di FISHERMAN AMERICANI, probabilmente non vi sentite sicuri di intraprendere una spesa di molte migliaia di euro; le ragioni di questa insicurezza potrebbero essere: la scarsa conoscenza di come e dove uno scafo usato necessiti di essere controllato per essere considerato un buon acquisto; la mancata o…


“Un vero fisherman non è se la torre non c’è” -Quanto è bella.. ma quanto ti costa?

Uno dei segni distintivi del fisherman americano nell’immaginario di qualunque diportista pescasportivo è senza ombra di dubbio quella svettante struttura a traliccio metallico chiamata tuna tower o marlin tower, in base a quanti livelli di sopraelevazione essa preveda (differenze analizzate nel libro “Fisherman Americani”, acquistabile cliccando QUI). Nata originariamente sulle barche per la pesca professionale ai grandi rostrati e pelagici, come struttura che permettesse di supportare una postazione di avvistamento sopraelevata e consentisse all’equipaggio di raggiungerla, è stata negli anni ristilizzata ed adattata alle barche da diporto, costituendone un’inconfondibile icona estetica e funzionale. Oggigiorno, sulle barche per la pesca sportiva, si sceglie l’opzione della “torre” per lo più per vezzo estetico ed a mo’ di status symbol, facendone un reale utilizzo nelle uscite in altura con la stessa frequenza con la quale indossiamo l’orologio a cipolla… In verità, come è vero che alcune carene oceaniche mal si adattano al moto ondoso tipico di alcuni dei mari che bagnano la nostra nella penisola, è altresì opportuno specificare che una tuna tower, soprattutto su una barca dal baglio limitato e dal peso modesto, può rendere problematico l’utilizzo della barca stessa in determinate condizioni di moto ondoso. A tal riguardo occorre osservare quanto segue: la struttura di una torre, per quanto leggere siano le leghe metalliche impiegate per la sua costruzione , ha un peso non trascurabile; conseguenza diretta ne è l’innalzamento del baricentro, che innesca inevitabilmente reazioni più accentuate con moto ondoso al traverso; non tutte le barche, peraltro, “sopportano” la presenza della torre a. per via dell’angolo di inclinazione degli assi di trasmissione; b. per via della posizione avanzata della zona guida, che porta la torre stessa a gravare in maniera tale da modificare l’assetto idrodinamico delle eliche in rotazione; i consumi ne risentiranno nell’ordine di un incremento di circa il…


Fuoribordo Quattro Tempi: il ritorno alla Semplicità di Mercury Verado

RIFLESSIONI DI PRIMO PELO Nel corso delle mie letture di aggiornamento ho avuto modo di approfondire la questione della -per me- più che auspicata “marcia indietro” di Mercury verso una unità aspirata, più semplice e virtualmente affidabile della pur sofisticata ma complessa unità sovralimentata 6L che la Casa Madre ha spinto fino alla soglia dei 400Cv. La serie Verado ha portato, di fatto, per prima alla ribalta il concetto di downsizing nelle motorizzazioni fuoribordo, con un design a sei cilindri in linea e cubatura molto contenuta -troppo, per i miei canoni di valutazione in campo nautico- di appena 2600cc. Tale blocco viene “spremuto” fino alla straordinaria potenza di 400cv (153cv/litro di potenza specifica). A questo punto, dov’è il vantaggio di una cubatura contenuta, per il diportista? – Manutenzione ridotta? NO, a causa della presenza della sovralimentazione e dell’impianto di raffreddamento dei gas di scarico. Manutenzione, in definitiva, sovrapponibile a quella di un turbodiesel, con molti condotti attraversati da acqua salata e una moltitudine di anodi sacrificali in posti più o meno angusti da sostituire periodicamente. – Peso ridotto rispetto ad un aspirato di pari potenza?: NO, considerando che siamo a 303 Kg – Consumi ridotti? In linea teorica sì, ma nella realtà varie schede di test dimostrano il contrario, a parità di scafo. Allora, a cosa serviva una motorizzazione così raffinata, ma anche articolata e COMPLESSA? A bocce ferme, vedendo l’evoluzione della gamma Verado verso una più paciosa e, magari, ben più affidabile unità ASPIRATA V8 di grande cubatura, direi per una sorta di BRANDING LABEL: l’idea del fuoribordo TURBO garantiva molte cose assieme, almeno sulla carta: coppia elevata a un basso regime, peso ridotto, ridotte emissioni, manutenzione dal costo contenuto… dopotutto si trattava di un “semplice” sei cilindri in linea!   COSA PROMETTE LA NUOVA SERIE VERADO V8? –…


Barche da pesca usate: il marchio serve, ma non basta!

Quando si è alla ricerca della barca, soprattutto se usata, si tende a restringere il campo di ricerca alla serie di nomi che hanno acquisito una certa fama nella tipologia che cerchiamo. Nulla di errato fin qui, a patto che questo non sia l’unica discriminante o filtro per la nostra ricerca! Non è sufficiente acquistare la barca di un marchio blasonato per esser certi di aver investito bene, per quanto possa essere considerato “investimento” la spesa per l’acquisto di una barca (a tal proposito vi invito a leggere il mio libro  Le 11 Buone ragioni per NON Comprare una Barca che vi darà utili spunti a riguardo…). Non è difficile lasciarsi sedurre dal brand conosciuto, soprattutto se trattasi di un fisherman americano, senza opporre “resistenza” alcuna alla suggestione di possederlo e, soprattutto, senza che ci rendiamo conto delle reali condizioni di conservazione del mezzo che stiamo guardando con occhi imbambolati, anziché strabuzzarli per la precaria quanto trascurata manutenzione che il venditore gli abbia riservato negli anni.   LE BARCHE VANNO OSSERVATE E NON SOLAMENTE GUARDATE!! Le componenti in gioco nella dura arte di acquistare la barca usata giusta sono molteplici, e tutte attribuibili a due “centri di responsabilità”: IL CANTIERE COSTRUTTORE ed IL PROPRIETARIO. Da un lato, infatti, occorre analizzare: a ritroso la storia del modello di barca che stiamo esaminando; le vicissitudini del cantiere costruttore (passaggi società, fallimenti, fusioni, ecc…); Eventuali caratteristiche costruttive che possano generare problemi con il tempo (per esempio serbatoi carburante in alluminio, particolari costruzioni in sandwich per l’opera viva, ecc) Questo perché determinati eventi societari o periodi di crisi o, ancora, la necessità del raggiungimento di particolari obiettivi di bilancio in taluni esercizi, possono aver comportato economie nella scelta delle componenti e dei materiali di costruzione dello scafo. Tutti fattori che, in complesso, possono dar vita ad una barca foriera di problemi di ricorrente inaffidabilità. Dall’altro, occorre accertare: Le EFFETTIVE OPERAZIONI DI MANUTENZIONE effettuate a bordo e…


Importazione di una barca americana: i costi vivi e quelli accessori

Il tema dell’ importazione di una barca dall’ America è molto attuale e reputo essenziale dedicarvi un po’ di tempo per scriverne a riguardo, specialmente in vista della bella stagione, che richiama pescatori e diportisti verso l’elemento “mare”. Personalmente mi è capitato di importare imbarcazioni dagli Stati Uniti d’ America diverse volte, soprattutto quando il tasso di cambio euro/dollaro favorevole rendeva estremamente conveniente attingere dal mercato U.S.A. piuttosto che da quello locale. In più, chi usava la barca per la pesca sportiva era quasi “obbligato” per lo meno a rivolgere  l’attenzione agli annunci di vendita di fisherman d’oltreoceano. Oggi la scelta non è più così scontata, ma è opportuno analizzare insieme ogni singolo caso. A tal proposito, Vi invito a visionare il PROSPETTO COSTI DI IMPORTAZIONE (clicca qui) che ho preparato appositamente per rendere più trasparente e comprensibile possibile la serie di costi annessi e connessi all’importazione di una barca dall’ America. Il prospetto fa riferimento ad una barca da me importata, ma ho adeguato il tasso di cambio a quello odierno, quindi all’epoca in cui effettuai l’operazione, l’affare fu certamente più appetibile (il cambio euro/dollaro era all’epoca  1.349)   La necessità di valutare ogni singolo caso deriva dal fatto che i costi di trasporto (sia su gomma che su nave) e di sdoganamento incidono in quota variabile sia in base al costo, ma soprattutto, più che proporzionalmente in base alle dimensioni della barca! Infatti vi sono diverse dimensioni e tipologie di container, chiusi, semichiusi, aperti (cosiddetti “flat rack”) i cui costi variano consistentemente. Per esempio, la barca di cui al prospetto che vi sottopongo entrava in un container da venti piedi chiuso (tra i più economici) per cui l’incidenza del nolo marittimo è risultata solo relativa rispetto al totale dei costi. Viceversa, può accadere che su una barca datata di trentadue piedi,…


A cosa serve la barca BELLA, se questa è INGOVERNABILE?

L’onda lunga dello scirocco di un lembo scorcio di Mare Ionio (nel momento in cui scrivo questo articolo sono a Marina di Ugento) mi suggerisce una riflessione di cui voglio rendervi partecipi. Stavolta, infatti, pongo l’attenzione su una caratteristica spesso non rilevabile, nelle fasi precedenti l’acquisto di una barca. Un fattore del tutto TRASCURATO da alcuni diportisti che non vedono l’ora di portarsi a casa la nuova barca per godersi la bella stagione ormai alle porte. Indipendentemente da quanto siete pratici di navigazione e gestione della guida della barca, quest’ultima può essere, quanto a manovrabilità, virtuosa o lacunosa. Il mercato è pieno zeppo di barche con ❌ ripartizione dei pesi ORRIBILE, ❌ posizionamento e interasse delle eliche ERRATI, ❌ timoni SOTTODIMENSIONATI, ❌ vendute con ELICHE INADEGUATE rispetto alla coppia motrice e al regime nominale di funzionamento dei motori, scelte dal cantiere o dal venditore che motorizza la barca solo per dimostrarvi che essa raggiunge la velocità promessa. Tutti gli errori commessi negli ambiti di cui sopra si sostanziano in una problematica governabilità  dell’imbarcazione. Non è mistero che alcuni modelli nascano con pecche congenite di manovrabilità più o meno gravi, soprattutto in spazi ristretti o in condizioni di emergenza (si pensi alla necessità di rientrare in porto con un solo motore funzionante). E poi ci sono, all’opposto, fenomeni di barche nate con assetto e bilanciamento dinamico tanto impeccabile da rendere possibile la correzione della rotta, a velocità di crociera, tenendo addirittura la barra del timone dritta e agendo semplicemente sui flaps. Tra questi FENOMENI DI EQUILIBRIO DINAMICO cito, ad esempio, l’ Albemarle 305 Express. Tengo a precisare, tuttavia, che l’equilibrio dinamico non va di pari passo con l’equilibrio statico, infatti il modello citato, se da un lato rappresenta il benchmark di riferimento per la manovrabilità, non lo è per tenuta di mare da fermo…